Fino al 1493, un anno dopo il decreto della regina di Spagna che stabilì l’espulsione degli ebrei, Bivona è stata sede di una grande comunità giudaica (300 persone,un ventesimo della popolazione di allora), e i segni sono ben leggibili tuttora, a partire dall’antica sinagoga, individuabile nella pianta ottagonale di un edificio del centro storico, oggi suddiviso in proprietà immobiliari private, di fronte al convento dei Gesuiti e alla chiesa di Santa Maria Maddalena (Madrice). La sinagoga bivonese, ad aula unica, corrisponde a un piccolo cortile, nel quale sono ancora visibili alcuni elementi architettonici della “meschita”: il basamento di una colonna, un capitello e mensole in pietra della scala esterna (che oggi non c’è più) per accedere al matroneo, il loggiato superiore riservato alle donne. Doveva anche esserci un miqveh, il bagno ebraico, dato che a breve distanza scorreva uno degli affluenti del vicino fiume Magazzolo e che, proprio la prossimità di un corso d’acqua corrente, era la condizione necessaria per i riti purificatori. Segni che nel paese agrigentino, uno dei maggiori centri feudali in Sicilia tra il XV e il XVI secolo, dimostrano come la comunità giudaica e quella cristiano-cattolica convissero pacificamente. Nel 1554, quando Bivona fu il primo paese siciliano a essere elevato a ducato per volontà di Carlo V, le stratificazioni della pianta urbana includevano anche il quartiere arabo-normanno nella porzione meridionale dell’abitato. Accanto, è sorto nel 2019 il Nuovo Teatro Comunale, struttura all’aperto, restituzione ai bivonesi di un luogo identitario. La gradinata ad arco e la cavea sono stati infatti vicino alla chiesa di San Paolo (a pochi metri dalla zona in cui funzionò l’antico bagno rituale ebraico) e in particolare proprio sull’area che fu a lungo occupata dall’antico teatro del paese, andato in rovina e poi demolito negli anni ’60 del secolo scorso.
La memoria della Giudecca e la riqualificazione urbana