
Costruita agli inizi del 1500, subito dopo il convento che è del 1490, fu soprannominata la chiesa venne indicata come “Gancìa” (ospizio) perché sorgeva nell’area dei possedimenti dei Frati Minori Osservanti, ricovero per malati e forestieri. Divenne il rifugio dei patrioti dopo il fallimento della rivolta del 1860: in due,Filippo Patti e Gaspare Bivona si nascosero dentro la cripta, mimetizzandosi tra i cadaveri e poi riuscirono a scappare. La chiesa mostra ancora il suo carattere originario, con il soffitto ligneo a cassettoni del XVI secolo, il grande organo sul coro all’ingresso, preziose opere d’arte come il “Monachello” di stucco serpottiano e i dipinti di Pietro Novelli. Dopo dieci anni di oblio è stata recuperata anche la cappella di Nostra Signora di Guadalupe, trionfo di marmi mischi, candidi puttini del Serpotta, due tele del Bongiovanni. Ospita le tombe, a pavimento, dei quattro inquisitori del Sant’Uffizio e, tra loro, la sepoltura di don Juan Lopez de Cisneros, ucciso nelle segrete dello Steri “dall’eretico” fra’ Diego La Matina nel 1657, come narra Sciascia nel celebre “Morte dell’Inquisitore”. Il restauro è stato finanziato dalla corona spagnola perché, caso unico, la cappella appartiene al clero madrileno, con Sant’ Eulalia dei Catalani e Nostra Signora della Soledad.