Capitale della cultura 2021, Scicli punta sui siti Unesco
La cittadina ragusana sta lavorando a un dossier che coinvolgerà anche altri comuni. Un'occasione per migliorare i servizi a turisti e cittadini
di Guido Fiorito
18 Marzo 2020
L’abbiamo appena rivista in televisione splendente dal cielo nella sigla e per le strade nei nuovi episodi del commissario Montalbano: per Scicli si tratta ora di andare oltre e affermarsi con i valori culturali che esprime la sua storia. Come altri tre centri siciliani – Trapani (qui l’articolo), la vicina Modica (qui l’articolo) e Palma di Montechiaro – Scicli ambisce a diventare capitale italiana della cultura del 2021. L’emergenza sanitaria ha prorogato i termini per presentare la candidatura (fissati in precedenza al 2 marzo) fino al 30 giugno. In corsa una quarantina di città in tutta Italia. Intanto Parma, la capitale di quest’anno, per lo stesso motivo, è stata costretta a sospendere ogni manifestazione e chiede il prolungamento al 2021, per cui la corsa per le città siciliane potrebbe essere posticipata al 2022.
“Il nostro dossier – dice Caterina Riccotti, vicesindaco e assessore alla cultura di Scicli – è già pronto, mancano da definire gli ultimi atti di alcune collaborazioni che sono rimasti sospesi dall’emergenza che stiamo vivendo. Se ci fosse un rinvio di un anno, inizieremo lo stesso appena possibile con gli eventi preparati. Ne abbiamo pronti anche per quest’anno se la situazione cambiasse in meglio come tutti speriamo”. Se i particolari del dossier sono tenuti top segret, qual è la filosofia della candidatura? “Fare un dono alla città di Scicli, puntare su tutti i siti Unesco dell’itinerario città tardo barocche della Val di Noto e quindi coinvolgere i comuni di tre province, Ragusa, Siracusa e Catania, e l’aeroporto di Comiso. Saranno protagoniste le università e importanti centri culturali anche fuori dalla Sicilia. Certamente mettiamo in primo piano Piero Guccione con la scuola pittorica di Scicli”.Scicli come il luogo dello sguardo che raggiunge orizzonti lontani, come scriveva il comisano Gesualdo Bufalino: “Nato nell’estrema propaggine della Sicilia (da un’altura, nei giorni chiari, chi ha vista acuta può scorgere Malta; e, se soffia un certo scirocco, piombano sulle soglie a morire le locuste del Faraone)”. Scicli come parte di un tutto, nato da un disastro, il terremoto del 1693 per trasformare, come scrisse Vincenzo Consolo, “la distruzione in costruzione, l’orrore in bellezza, l’irrazionale in fantasia creatrice”. Un tutto dove le chiese (da San Matteo a San Giovanni Evangelista fino a San Bartolomeo) oppure Palazzo Beneventano, sono legati non solo nello stile a quelle di Noto, Modica, Ragusa fino a Catania. Sono accomunati da una stessa storia, di una ricostruzione che ha puntato sulla bellezza di monumenti e opere d’arte e che coinvolse gli stessi architetti, ingegneri e artigiani. Pur con variazioni come l’uso della pietra lavica scura a Catania.Ma cosa significa questa candidatura per Scicli? “Innanzitutto – continua Riccotti – fare una programmazione culturale. Siamo partiti dalla base coinvolgendo le associazioni, ovvero il nostro humus culturale. Questo percorso è in ogni caso per Scicli una vittoria. Il fenomeno Montalbano è una vetrina importante e dura ormai dal 1999 ma adesso bisogna governare questo interesse per Scicli e indirizzarlo verso i processi culturali. Sarà un’occasione per migliorare i servizi ai turisti ma anche quelli destinati ai cittadini. Grande attenzione sarà data alla sostenibilità di ogni iniziativa e alla terza età. Ma per ora non posso dire di più”.