I dinosauri invadono le sale del Museo Gemmellaro
Inaugurato un allestimento dedicato ai grandi animali preistorici. In mostra calchi in resina che replicano fedelmente l'ossatura di alcuni esemplari
di Antonio Schembri
14 Dicembre 2019
Un tuffo nel Giurassico. Un breve ma emozionante viaggio nella preistoria davanti agli scheletri di alcuni tra i più terrificanti dinosauri che scorrazzavano o volavano nel periodo compreso tra i 200 e i 70 milioni di anni fa, ovvero nel cuore dell’Era Mesozoica. È l’esperienza che d’ora in avanti è possibile vivere al Museo Gemmellaro, il prestigioso spazio espositivo dedicato alla geologia e alla paleontologia, oggi incluso nel Sistema museale dell’Università di Palermo. Non scheletri originali, va specificato. Bensì calchi in resina, attraversati da un’anima metallica che collega e tiene fermi i blocchi. Un percorso tematico alla scoperta di significati anche attuali sulla vita del nostro pianeta attraverso l’osservazione dei grandi rettili predatori. Che, va sottolineato anche questo, in Sicilia non vissero mai.
“Nel Mesozoico, la nostra regione era sommersa dal mare, come testimoniano i tanti fossili marini qui esposti – spiega Carolina Di Patti, conservatrice dello spazio espositivo – . In linea con la funzione di divulgazione che caratterizza da sempre il museo Gemmellaro abbiamo acquisito da un museo privato olandese le strutture che replicano l’ossatura di alcuni tra i più famosi esemplari di questo gruppo di animali preistorici”.Il percorso, articolato dentro spazi non proprio ampi, rende comunque l’idea delle dimensioni reali di questi animali estintisi 65milioni di anni fa. Non sono grandi quelle dello scheletro del Thecodontosaurus, quadrupede vissuto circa 200 milioni di anni addietro e scoperto in una grotta nell’odierno territorio della Gran Bretagna: prima specie di dinosauro onnivoro come, secondo gli scienziati, dimostra la sua dentatura che proverebbe il passaggio dalla fase carnivora a quella erbivora. Sono invece immense le proporzioni del Carnotauro, rettile vissuto in Sud America (l’unico scheletro è stato trovato in Argentina) 70 milioni di anni fa. Chi ha visto al cinema Jurassic World può riconoscere nelle scene con questo enorme predatore, la cui parabola dura 5 milioni di anni, chiamato così anche per le temibili corna sulla testa, spaventoso al pari del T-Rex. Alzando lo sguardo, mentre nelle sale si diffondono suoni di ruggiti e stridii selvaggi, ecco l’Anhanguera, rettile volante (pterosauro) vissuto nel Cretaceo inferiore (circa 110 milioni di anni fa) in Sudamerica e, forse, in Europa. L’esemplare qui riprodotto è stato rinvenuto in Brasile.Ma c’è anche un reperto di dinosauro vero, esteticamente meno rilevante ma importante dal punto di vista scientifico. “È il minuscolo frammento di omero probabilmente appartenuto a un Abelisauro, altra specie di dinosauro carnivoro, che è stato ritrovato proprio tra i reperti del museo”, dice Pietro Di Stefano, ordinario di geologia e attuale direttore del Gemmellaro. “Anche se la Sicilia non fu terra di dinosauri – spiega – il senso della loro presenza in una struttura museale come questa si allinea alla storia dei tanti fossili di animali sottomarini qui conservati, che vissero proprio nella loro stessa era geologica”. Il riferimento riguarda anzitutto le Ammoniti, molluschi marini protetti da grossa conchiglia, ma anche, tra tanto altro, microfossili di Foraminiferi (esseri unicellulari caratterizzati da un guscio) e spugne calcaree. Tutte specie di cui il Museo Gemmellaro custodisce ben un migliaio di preziosi olotipi, cioè gli esemplari su cui si basa la descrizione originale.“Questo museo – continua Di Stefano – ha nella paleontologia la sua anima più rilevante. Ma è ancora più importante per la geologia, scibile che ingloba la paleontologia perché sono le rocce a datare i fossili, non il contrario. I fossili non possono dare informazioni sufficienti se studiati fuori dal sedimento che li contiene. Ciò è importante anche in tema di dinosauri”. Soprattutto quando si indagano le cause, ancora piene di mistero, del come e del perché si siano estinti. Le ricostruzioni ufficiali parlano del famoso asteroide che colpi l’area caraibica dello Yucatan, lasciando un cratere dal raggio superiore a 100 chilometri, tra terra emersa e fondale sottomarino. “Ma molti scienziati – continua Di Stefano – vanno oggi oltre la teoria secondo la quale a determinare l’estinzione di questi super rettili fu solo quel cataclisma. Nelle ere geologiche estinzioni di massa furono legate a grandi incrementi di anidride carbonica. Questi, nel Mesozoico raggiunsero picchi paurosi a causa di eruzioni vulcaniche. E sono proprio le rocce a fornire le testimonianze di questi picchi”.Suggestivi scenari evocati da un museo dalla lunga e complicata storia. Il paleontologo Gaetano Giorgio Gemmellaro, che fu anche senatore del Regno d’Italia lo istituì nel 1861, allestendolo nei locali del convento dei Teatini di via Maqueda (oggi sede della facoltà di Giurisprudenza). All’inizio del 1900 il Museo Gemmellaro era uno dei più prestigiosi spazi espositivi d’Europa, secondo molti studiosi secondo solo al Museo di Storia Naturale di Londra. A causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale i suoi allora mezzo milione di reperti finirono richiusi in casse, conservate in un angusto deposito fino alla fine degli anni ’70 quando il paleontologo Enzo Burgio ne rilancia l’allestimento espositivo nei locali di corso Tukory, diventati poi Dipartimento di Geologia e Geodesia.Oggi il Museo Gemmellaro annovera ben 600mila reperti. Nel 2005, i suoi spazi sono stati allargati al secondo e al terzo piano del medesimo edificio. “Ma si tratta di un involucro che non valorizza affatto un gioiello come il Museo Gemmellaro, – dice Paolo Inglese, direttore del Sistema museale d’Ateneo – . Questa istituzione merita molta più attenzione per il suo ruolo culturale, centrale soprattutto sul fronte dell’educazione ambientale a partire dai più giovani”.