Il mistero della tomba di Antonello da Messina
L’artista aveva disposto che la sua salma fosse tumulata nella chiesa di Santa Maria di Gesù, ma di conventi con quel nome ce n'erano due. Gli studiosi hanno provato a sciogliere il rebus, ma non è facile. Il bene, inserito nel festival Le Vie dei Tesori, sarà visitabile nei weekend dal 14 al 30 settembre
di Federica Certa
31 Agosto 2018
Un sepolcro negato, discusso, per secoli confutato dalla versione del più grande degli storici dell’arte, Giorgio Vasari, che nel 1568, nelle sue Vite eccellenti, aveva individuato una sola tomba, a Venezia.Non è facile pensare ad Antonello da Messina – l’artista siciliano che aveva esordito a bottega come apprendista conciatore e aveva regalato al mondo l’Annunciazione esposta a Siracusa, la Crocifissione in mostra alla National Gallery di Londra e l’Annunciata di Palazzo Abatellis, a Palermo – come un’anima raminga orfana di una paludata sepoltura. Eppure tutta la vita dell’artista è avvolta da un alone di mistero, enigmatica e umbratile come il Ritratto dell’ignoto marinaio, il suo quadro forse più famoso e rivoluzionario, una tela che è un baratro spalancato sul genio, l’intuizione, il non detto.Così, su una tomba illustre ma controversa, si sono arrovellati storici e studiosi. Fino a prospettare una soluzione probabile, ormai ampiamente condivisa, adombrata per la prima volta nel 1903, quando il gesuita Gioacchino Di Gesù e lo storico Gaetano La Corte Cailler, quasi contemporaneamente, avevano ritrovato, tra le carte dell’Archivio di Stato, il testamento di Antonello, con le ultime volontà per la sepoltura.Alla luce di quella scoperta e delle successive conferme, le spoglie del pittore riposerebbero dunque sotto gli attuali ruderi del convento Santa Maria di Gesù di sopra (de susu), detto anche Ritiro, in via della Giostra, a Messina. Il complesso fu edificato su un torrente dai frati carmelitani già nel 1166, primo monastero dell’Ordine in Europa, poi rifondato nel 1418 ad opera del beato Matteo – vescovo di Agrigento, compagno di San Bernardino da Siena – che lo aveva acquistato dalle suore circestensi: la compravendita prevedeva che i frati versassero alle religiose, come pagamento annuale perenne, 20 libbre di cera (circa 9 chili) e un carro di agrumi.Così, agli albori del 15esimo secolo, il convento divenne sede dei Minori Osservanti; ci furono terremoti e alluvioni, nel 1854 la chiesa rifondata nel 19esimo secolo sui resti di quella carmelitana, a sua volta edificata sulle rovine di antiche terme romane, fu spazzata via e traslata nei locali del refettorio. Poi se ne persero le tracce fino al 1989, quando, in seguito a lavori di scavo in via della Giostra, riemersero i ruderi. Ma, di conventi di Santa Maria del Gesù, ai tempi di Antonello, ce n’erano due: l’altro, quello inferiore (de iusu), in via Palermo, era più grande e più ricco, e per questo denominato anche convento maggiore.Quale dei due, dunque, è la tomba di Antonello? Non è questione di lana caprina. L’artista aveva disposto, con il testamento, che la sua salma fosse tumulata nella chiesa Santa Maria di Gesù, senza ulteriori dettagli. E per il viaggio più lungo chiedeva di indossare solo il saio dei frati Minori Osservanti. Sicuramente la formula lasciava spazio a fraintendimenti, tanto più che l’anonima sepoltura e la conseguente assenza di epigrafi o monumenti funerari confondevano l’accertamento della verità.“Ma i documenti notarili e i registri delle principali chiese della città – illustra Giuseppe Previti, volontario per la rinascita del sito e rappresentante della fondazione ‘Antonello da Messina’, che di sepolture quattrocentesche ne ha spulciate oltre 250, per verificare le formule di rito utilizzate nei certificati di morte – portano a puntare sul convento superiore, che all’epoca veniva indicato semplicemente come ecclesia Sanctae Mariae di Jesus, lasciando intendere che fosse quello principale, dove veniva predicato il ritorno alla regola della povertà e aperte le porte a devoti eccellenti, infervorati dalla parola del beato Matteo”.Nel 2013 due campagne di indagini georadar condotte dal Cnr di Messina a nove metri di profondità hanno confermato ciò che era stato già ricostruito attraverso le testimonianze dell’epoca: “Si è visto chiaramente – prosegue Previti – che sotto la chiesa ottocentesca sopravvivono parti della chiesa medioevale. Ma per individuare i resti di Antonello bisognerebbe scavare e raggiungere i 15 metri di profondità”.E qui le indagini si fermano. Indolenza, distrazione, miopia degli amministratori, che hanno promesso tanto e mantenuto quasi nulla. Di fatto un luogo che potrebbe richiamare centinaia di migliaia di visitatori – la tomba di Dante, a Ravenna, per esempio, raggiunge ogni anno quota 800mila ingressi paganti – è abbandonato e interdetto.“Da anni lanciamo appelli a enti e privati – lamenta Previti – ma senza alcun riscontro. Abbiamo un progetto di risanamento e recupero del sito da un milione e mezzo di euro, già approvato dalla Curia e dalla Soprintendenza, ma per procedere con gli scavi archeologici ne basterebbero appena 20mila, utili a coprire con un sistema di capriate e mettere in sicurezza i ruderi, che con i loro tremila metri quadri di superficie sono lo spazio storico aperto più esteso della città”.È stata coinvolta l’associazione culturale “SiciliAntica”, gli esperti dei Ris di Messina, il ricercatore “cacciatore di ossa” Silvano Vinceti, che ha portato avanti un’operazione molto simile per le spoglie di Caravaggio, trasferite a Porto Ercole. Tutti pronti a dare una mano per trasformare la probabile tomba di Antonello in un luogo di scoperta, identità e memoria. “Per finanziare le ricerche per identificare i resti – prosegue Previti – servirebbero 150mila euro. Ma il ritorno di immagine e di denaro, sul piano internazionale, sarebbe di gran lunga superiore”.Solo 20mila euro per iniziare. E sciogliere definitivamente un rebus vecchio di sei secoli. Penetrando nel terreno, prelevando campioni ossei, facendo varie scremature in base al sesso, alla data di morte e al Dna. Infine, confrontando i risultati con il patrimonio genetico delle famiglie D’Antoni di Messina, eredi del pittore. Un lavoro di precisione, tecniche moderne per decifrare il passato, che tuttavia – rassicura Previti – potrebbe concludersi in sei mesi.“Qualche settimana fa – aggiunge – abbiamo effettuato con l’Università di Messina una tomografia computerizzata, che ha permesso di definire la distribuzione dei vani sotto i nove metri. Ma non basta”. Custodire e proteggere il sito, però, è diventato un affare pericoloso: “Abbiamo ricevuto minacce – spiega Previti – e ci hanno persino fatto trovare un gatto morto. Abbiamo reagito senza timore, inoltrando tre denunce contro i barbari che usano lo spazio come discarica di frutta e materiale di risulta. Oltre il danno, la beffa”.Intanto si apre un varco nella cortina di indifferenza che da troppo tempo incombe su Santa Maria di Gesù: per il ciclo di appuntamenti delle Vie dei tesori il sito sarà aperto nei week-end tra il 14 e il 30 settembre. I volontari accompagneranno il pubblico in una visita guidata tra le rovine e l’antico orto, dove i frati recitavano le loro giaculatorie girando intorno al pozzo, mentre la biografia appassionante di Antonello si sgrana in un vortice di incontri, aneddoti, personaggi.Per partecipare basta scaricare i coupon a breve disponibili su leviedeitesori.it. Sullo stesso sito verranno pubblicati il carnet dei luoghi del festival e i dettagli della manifestazione.