L’Ucciardone che non ti aspetti

Era l'emblema della Palermo degli anni bui, oggi invece è al centro di diverse attività di riscatto. Con il Festival Le vie dei tesori si potrà visitare e racconterà storie entrate nella leggenda, grazie anche a delle scoperte inedite

di Antonella Lombardi

14 Settembre 2018

La storia – buia – di Palermo passa anche dall’Ucciardone, carcere – fortezza borbonica costruito su un un terreno incolto, pieno di cardi spinosi, particolare che sembra aver dato origine a quel nome curioso (dal francese chardon, cardo), noto anche oltreconfine. Un sito che riserva alcune sorprese che a Palermo potranno scoprire in anteprima i visitatori del Festival Le Vie dei Tesori.Scoperte fatte per caso, nate dal pragmatismo della direttrice, Rita Barbera: “Da tanti anni non si faceva ordine e pulizia nei magazzini – racconta – e così sono venute fuori diverse cose che stiamo ancora finendo di sistemare, dalle vecchie uniformi delle guardie a libri antichi e raccolte di leggi, ma anche indumenti degli anni ’30 e le classiche divise a righe dei detenuti, poi abolite con la riforma penitenziaria del 1975”.Fu quella legge a iniziare a puntare all’umanizzazione della pena e al reinserimento sociale del detenuto, con una serie di attività lavorative e ricreative che oggi all’Ucciardone sono realtà: “Abbiamo avviato un pastificio, curato dall’imprenditore Giglio, che consente di fare la pasta con grano antico, tra poco attiveremo una sartoria curata da maestri e artigiani, tra i vari progetti i detenuti hanno anche imparato a recuperare e decorare con lo stile dei carretti siciliani degli sgabelli che ora arredano le loro celle con alcuni esemplari donati al Papa e monsignor Lorefice. Facciamo diverse attività, come il giardinaggio nell’orto, e a breve contiamo di aprire al pubblico la vendita un giorno alla settimana dei prodotti coltivati per incrementare le attività dei laboratori”. width=Qui, nello stesso posto dove fu ingiustamente recluso Pio La Torre, nel 1950, con l’accusa rivelatasi poi totalmente falsa, di aver aggredito un tenente, mentre lottava a Bisacquino per l’attribuzione delle terre ai contadini, i detenuti hanno fatto uno spettacolo in suo nome, “Perché il teatro è anche orientato alla legalità e ha un compito pedagogico”, spiega la direttrice Barbera.Palermo ne ha memoria come “Grand hotel Ucciardone”: qui erano reclusi pezzi da 90 della mafia siciliana, boss che potevano permettersi di brindare e imbandire banchetti a base di aragoste, o di celebrare matrimoni nella cappella del penitenziario, come concesso a Buscetta, in tenuta elegante per le nozze della figlia, prima che si pentisse.“L’Ucciardone ha un nome e una storia famosa nel mondo – ricorda Barbera – per questo durante il Festival saranno esposte le divise anni ’50 del personale e ci sarà un racconto itinerante all’esterno delle sezioni con la compagnia di teatro di Lollo Franco in veste di cantastorie. Saranno narrati alcuni episodi celebri, tra leggenda e realtà del carcere. “Come l’omicidio di Gaspare Pisciotta, avvelenato da un caffè, o l’esecuzione di Vincenzo Puccio, killer del capitano Emanuele Basile, fino alla messa celebrata dal cardinale Pappalardo e andata deserta per protesta dei detenuti”.Una storia che ha attraversato la città, contribuendo al suo cambiamento, e che ora diventerà memoria condivisa nei giorni del Festival.