Davide Enia porta in scena il dramma dei migranti
Arriva al Teatro Biondo “L'abisso”, scritto e interpretato dall'attore, regista e scrittore palermitano, con le musiche di Giulio Barocchieri eseguite dal vivo. Lo spettacolo è un racconto dei tragici sbarchi sulle coste di Lampedusa. Repliche dal 16 al 30 novembre
di Marco Russo
15 Novembre 2018
Il naufragio come metafora di un dramma personale e collettivo. Davide Enia porta in scena la sofferta odissea dei migranti, con il suo carico di dolore e rabbia. Lampedusa è l’estremo palcoscenico dove tristemente si ripete un rito traumatico che lascia ferite aperte. Questo il racconto de “L’abisso”, scritto e interpretato dall’attore, regista e scrittore palermitano, con le musiche di Giulio Barocchieri eseguite dal vivo, che andrà in scena al Teatro Biondo di Palermo, dal 16 al 30 novembre, dopo i successi a Roma.Lo spettacolo, prodotto dal Biondo insieme al Teatro di Roma e ad Accademia Perduta Romagna Teatri, debutterà il 16 alle 21 e replicherà in Sala Grande fino al 25 novembre. Dal 27 al 30 si sposterà in Sala Strehler dove ha già registrato il tutto esaurito. Davide Enia attinge ai suoi “Appunti per un naufragio”, vincitore del Premio Mondello 2018 (ve ne abbiamo parlato anche qui), per raccontare lo spaesamento, il dolore e la rabbia che affiorano dinanzi alla grande tragedia contemporanea degli sbarchi sulle coste del Mediterraneo.Per trovare le parole più efficaci, Enia è andato a Lampedusa, ha assistito agli sbarchi dei profughi, ha raccolto per mesi le testimonianze dei sopravvissuti e dei testimoni, ma non bastava: “Non riuscivo davvero a trovare le parole e i concetti per nominare la vastità dell’evento che ci era arrivato addosso”, spiega. Allora, seguendo una traccia suggerita dal padre, rintraccia “un naufragio personale, intimo, privato”, per “sviscerarlo, comprendere in che modo siamo sopravvissuti a esso, stabilire una relazione con quanto accade in mare aperto. Così, nel tentativo di elaborare quanto scoprivo, relazionandomi con i primi attori della storia, mi sono trovato a raccontare anche ciò che succedeva nella mia vita personale in quei mesi”. Ed ecco che il testo prende forma, diventando allo stesso tempo testimonianza storica e percorso esistenziale universale.Enia e Barocchieri hanno lavorato su più registri, includendo nella loro ricerca gli antichi canti dei pescatori, intonati lungo le rotte tra Sicilia e Africa, e il cunto palermitano, spostando l’elemento epico dallo scontro tra i paladini a un nuovo campo di battaglia: il mare aperto. Infine, hanno lavorato sull’interpretazione, quando le parole dei testimoni si fanno carne e consentono l’epifania del personaggio.“Sono andato a Lampedusa per anni – scrive Enia nelle note di regia – . Ci incontravo gli isolani, i residenti, i pescatori, il personale medico, gli uomini della Guardia costiera, gli operatori. Il nostro dialogo avveniva quasi sempre in dialetto siciliano. Ascoltavo le loro storie, i tentativi di nominare il trauma. Continuavo – continuo ancora – a chiedermi: come raccontare il tempo presente nel momento della crisi e come evitare di spettacolarizzare una tragedia? Una prima risposta: dare direttamente voce ai protagonisti, a chi vive e lavora in quella frontiera che viene chiamata Lampedusa e che, in realtà, si estende ben oltre l’orizzonte del mare- Oggi l’abisso non è un vuoto. È uno specchio. C’è riflessa l’immagine di chi abbiamo deciso di essere”.