◉ STORIE
Dentro l’ex carcere borbonico di Siracusa, un “occhio” che si sta chiudendo per sempre
È da tempo in abbandono la storica prigione dalla particolare architettura ispirata al “panopticon”, che permetteva ad un unico sorvegliante di osservare tutti i prigionieri da una torre posta al centro. Sequestrata e messa all’asta, la struttura è stata al centro di un recente sopralluogo di Ascosi Lasciti
di Marco Russo
8 Gennaio 2024
Un’austera prigione “tutta occhi”, considerata un tempo tra le più evolute d’Europa. Oggi l’ex carcere borbonico di Siracusa, davanti al porto piccolo di Ortigia, è un gigante in agonia, da anni abbandonato e vandalizzato. Di proprietà del Libero Consorzio di Siracusa, sequestrato nel 2021 per mancata messa in sicurezza e rischio di crolli, l’ex carcere è un edificio vuoto dal 1991, quando, dopo il terremoto di Santa Lucia, fu costruita la nuova casa circondariale di Cavadonna. Più volte messo all’asta, è ancora in attesa di capire quale sarà il suo futuro dopo che gli ultimi detenuti lasciarono le celle oltre trent’anni fa.
I siracusani lo conoscono anche come “a casa cu n’occhiu”, per via di quell’occhio in rilievo scolpito sopra l’arco d’ingresso e il cui significato si presta a più interpretazioni. L’allusione potrebbe essere all’occhio della giustizia, anche se una suggestione arriva anche dalla sua particolare architettura che risente delle influenze del “panopticon” dei Borbone. Si tratta del carcere ideale progettato nel 1791 dal filosofo e giurista Jeremy Bentham: una struttura semicircolare che permetteva ad un unico sorvegliante di osservare tutti i prigionieri da una torre posta al centro.
L’ex carcere siracusano, infatti, se è rettangolare all’esterno, all’interno ha una particolare struttura ottagonale che permettere di abbracciare simultaneamente la vista di tutto il complesso. Poteva ospitare 250 detenuti che varcarono le soglie della prigione nel 1856. C’erano due cappelle (una per gli uomini e l’altra per le donne), locali adibiti per il lavoro dei detenuti, aule scolastiche, lavanderie, docce e bagni.
La sua struttura era talmente all’avanguardia che, un anno fa, è stata al centro degli studi del ricercatore statunitense Alexander Anthony, antropologo specializzato in studi sulle riforme carcerarie della fine del Settecento. “Vorrei creare un avanzato modello 3d del carcere Borbonico di Siracusa, utilizzando moderni scanner laser, per studiare come la sorveglianza panottica influenzava le azioni dei prigionieri e delle guardie, nel passato”, ha dichiarato Anthony in un articolo del giornale online Siracusa Oggi. “La mia intenzione – ha proseguito il ricercatore – è quella di condividere anche con i siracusani gli esiti di questi studi approfonditi. Un modello 3d così dettagliato, ad esempio, potrebbe essere utilizzato per eliminare situazioni di pericolo o di crollo imminente. In più, permetterà la progettazione di futuri interventi senza la necessità di dover entrare ed uscire continuamente dall’edificio”.
La sicurezza del carcere era affidata a 15 guardie e, tranne che per qualche eccezione, i detenuti che vi furono rinchiusi non dovevano scontare lunghe pene detentive. La giornata tipo dei detenuti è descritta nel volumetto “Il carcere borbonico di Siracusa” di Salvatore Santuccio: “Ore 5 sveglia, ore 5,30 appello, ore 5,45 movimento mattinale, ore 8,30 messa, ore 9 visita medica e subito dopo iniziava la distribuzione del pane, del vitto venale e alle 11,30 della minestra. Intorno alle 13 si riprendevano i lavori iniziati dopo la visita medica del mattino e alle 18 venivano ritirati i ferri, verso le 19,15 l’appello e l’allestimento dei letti, alle 19,30 veniva suonata la ritirata e alle 23 il silenzio”.
“Il corredo affidato ad ogni detenuto – prosegue Santuccio – era composto da un berretto di lana ed uno di cotone, da due giubbe da fatica, da due camicioni di tela e da un cappotto; mentre alle detenute venivano forniti calze, cuffie, due camicie, grembiuli e due vestiti, uno di lana e uno di traliccio di cotone. Ogni detenuto aveva diritto – se giudicato, ad una visita la domenica — se non ancora giudicato, a due visite, una il giovedì e l’altra la domenica. Inoltre era loro vietato il giuoco ed in particolare ‘quello detto della dama e del nove, fatto incidendone le figure sulle tavole dei letti e formando i dadi con la mollica di pane’”. Inoltre, al terzo piano dell’edificio fu realizzato un sifilicomio.
L’ex carcere è stato recentemente al centro di un sopralluogo di Ascosi Lasciti, associazione culturale che da anni si dedica all’urbex, esplorazione urbana di luoghi abbandonati. “L’edificio ha un fascino spettrale – afferma Cristiano La Mantia, presidente di Ascosi Lasciti – . Ci aggiriamo tra i corridoi, visitiamo le piccole celle e scattiamo le nostre fotografie: centinaia vista la grandezza del luogo. Dalle finestre sbarrate si scorge il mare, tutti gli ambienti sembrano uguali e, non fosse per la scalinata principale, si rischia di perdere il senso dell’orientamento. Un pezzo di storia che piano piano va sgretolandosi davanti agli occhi di tutti”.
(Foto Ascosi Lasciti-Liotrum)