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Il candido bimbo di Jago disteso nel cuore del Palazzo Reale: “Palermo città dei miracoli”

Dopo essere apparsa in piazza Plebiscito a Napoli, in piena pandemia, la scultura è spuntata nel deserto degli Emirati Arabi, e poi a Roma, davanti al Colosseo. Adesso l'opera Look Down è adagiata sul selciato del Cortile Maqueda e sarà in mostra fino al 3 giugno

di Guido Fiorito

16 Febbraio 2024

Jago è un artista. Jago è un logo con un triangolo e un cerchio perfetti e chiusi e due triangoli aperti. Jago è un raffinato scultore figurativo. Jago sa che l’arte oggi è comunicazione. Jago si commuove quando due ballerine alzano con grazia un grande lenzuolo bianco e svelano la sua opera al centro del cortile Maqueda, nel cuore del Palazzo Reale di Palermo. Lacrime autentiche, sorprendono. “Sono emozionato, sono spettatore di una mia opera e la vedo di nuovo come se non la conoscessi”.

Jago con la sua scultura

Quel bambino nudo e appena nato ha fatto una lunga strada per arrivare fin qui. Nasce durante la pandemia. In tempo di lock down, il nome dell’opera è Look Down. Ovvero guarda in basso. Verso le persone fragili, vulnerabili. Spunta a Napoli, in piazza Plebiscito, all’alba del 5 novembre 2020. Rannicchiato e in posizione fetale. Attaccato a una catena, alla povertà, alla sofferenza. Un simbolo di chi è indifeso. Dal simbolo alla realtà: qualche vandalo lo prende a calci. L’anno seguente riappare nel deserto di Fujairah, negli Emirati Arabi. Nome: Look Here. Viene assalito e ferito. Realmente indifeso. Il marmo bianco Danby, proveniente da cave del Vermont, United States, resiste alla pioggia e al maltempo ma non agli uomini mal disposti. Poi la statua viene è collocata a Roma, di fronte al Colosseo. Ed eccola qua nel palazzo dei re normanni, abbandonata sul selciato, senza la catena che si è persa nelle passate vicende. L’orecchio porta ancora le ferite dei colpi.

Jago è un giovane affermato artista italiano di 36 anni che da Anagni ha conquistato il mondo. Si chiama Jacopo Cardillo. Il suo talento si è rivelato nel 2006 con un ritratto iperrealista di papa Ratzinger, dove ogni ruga è disegnata e scolpita sulla pelle. Ed eccolo a Palermo per volontà della Fondazione Federico II. “Siamo contenti di portare l’attualità nella storia di Palazzo Reale – dice Patrizia Monterosso, direttore generale della Fondazione -, l’opera imprime ulteriore umanità a questo luogo. Da questa statua viene fuori un urlo, un desiderio di cura contro ogni forma di indifferenza”.

Look Down a Palazzo Reale

Jago si presenta nella loggia della Cappella Palatina. Avvolto in un cappottone nero, sotto c’è la statua bianca, alle spalle i mosaici e gli affreschi d’oro e azzurri di lapislazzuli. Rigore contro magnificenza. “È la seconda volta che vengo a Palermo – racconta – ma ero distratto da pensieri diversi. Adesso recupero la memoria di questi luoghi meravigliosi e sono venuto a imparare. Si è studenti per tutta la vita e Palermo è un’ottima scuola. Una città bellissima, sono spaventato come accade di quei luoghi di cui è facile innamorarsi. E come un innamorato c’è un sentimento di sana sofferenza, a parlarne un po’ mi vergogno, farfuglio e balbetto. A Palermo sarà difficile parcheggiare un’auto ma comprendi che se un miracolo deve accadere è tra queste strade”.

L’opera illuminata

A Palermo chiamano già la statua “Il Picciriddu”. “Il senso di un’opera – dice Jago – si arricchisce delle suggestioni delle persone che la osservano. Il bambino riguarda tutti, ci attrae, è un’immagine più potente di altre. La mia opera si riempie delle emozioni di chi la guarda e di questo palazzo carico di storia. L’opera è qui per arricchirsi e saprò il suo valore alla fine del percorso. Sto imparando nel tempo a sbilanciarmi sempre meno su quelli che sono i miei significati. La ricchezza e poter dare all’altro, attraverso la mia opera, uno spazio d’intervento”.

Un’opera che arriva qui con la sua storia. “Lasciata in una piazza, sulla sabbia o un cortile, partecipa alla vita degli altri. Con reazioni anche negative. Per il beduino che l’ha colpita era un oggetto alieno. Lui si orienta con le stelle, io con il gps ma non è detto che sia meglio. Nel marmo ci sono delle tracce rosse della polvere del deserto che è filtrata quando l’abbiamo riparato. Sono rimasti segni dei colpi. È la storia di questa opera e non voglio modificarla perché il tempo restituisce valore”.

Lo svelamento dell’opera

Jago è un’artista ispirato dalla scultura classica. La sua Pietà (2021) deriva da quella di Michelangelo, Aiace e Cassandra (2022) riverbera il Ratto di Proserpina di Bernini, ha realizzato in bozzetto un David al femminile. Il suo stile alterna le forme appena accennate al disegno minuzioso dei particolari. Dispersione ed esaltazione dei segni per riscrivere l’arte classica. “Per me – conclude Jago – l’arte è figurativa. Da piccolo i miei genitori mi portavano per i musei, senza far lezioni o dare spiegazioni, solo osservare e questo mi è rimasto dentro. Non esiste un’arte contemporanea. La Venere di Botticelli non ha esaurito tutti gli argomenti e comunica con noi. La mia scelta è di utilizzare il corpo umano come un vocabolario o i colori sulla tela per condividere le mie cose”. Look Down rimarrà a Palazzo Reale fino al 3 giugno.