La doppia vita dello “Schifazzo”

Il termine pittoresco descrive un'imbarcazione oggi praticamente estinta. In Sicilia un esemplare superstite sta per solcare di nuovo le onde. Diventando ambasciatore delle bellezze del Trapanese

di Amministratore

31 Luglio 2018

Schifazzo. Ovvero “grande barca”, “grande schifo”. Termine pittoresco, decisamente poco alato – variante siciliana discendente dal germanico “schiff” – molto usato per indicare battelli di servizio di navi maggiori e poi unità autonome, 13 metri in tutto di lunghezza ma molto versatili, a vela latina triangolare e scafo arrotondato. Schifazzo che sa di antico, che evoca viaggi lenti, che si declina nelle varianti lessicali spagnola, francese, turca, egiziana, marocchina. Lo schifazzo come una benevola epifania “panmediterranea”, ma caratteristica delle acque trapanesi, oggi praticamente estinta se non per due esemplari superstiti, di cui solo uno è rimasto in Sicilia.E poi c’è lo schifazzeddu “Gesù, Giuseppe e Maria”, lungo 8 metri, costruito verso la fine degli anni ’20, forse dal cantiere Stabile, per una commessa che prevedeva la realizzazione di due imbarcazioni, impiegato fino alla metà degli anni ’60 per portare la posta dalla terraferma a Favignana e poi a Levanzo, fino all’avvento, nel ’65, di “Pinturicchio”, il primo aliscafo della Rodriguez.Oggi la barca temeraria che più di cinquant’anni fa sfidava le onde per raggiungere gli avamposti dell’arcipelago delle Egadi – ma che ancora prima serviva a trasportare merce e operai, come imbarcazione di servizio per i proprietari delle saline – è ormeggiata nella darsena di Trapani, unico esemplare di schifazzeddu rimasto. In attesa di iniziare una nuova vita. La terza. Il progetto di restauro è della lega navale di Trapani, attuale proprietaria della barca, donata due anni fa dall’associazione “Amici dello schifazzo” dopo un valzer di passaggi e alterne vicende che aveva scaraventato il piccolo battello in un angolo di campagna, prima che un appassionato lo salvasse dall’oblio e lo restituisse al mare.“Adesso – spiega Roberto Perricone, consigliere della lega responsabile per le attività sportive – il primo passo è trovare uno sponsor privato, che ci aiuti a portare avanti il recupero. Ci vogliono circa 30mila euro e sei mesi di lavoro per rimetterlo in sesto. Per questo lanciamo un appello a tutti gli amanti del mare. E per l’inizio dell’anno prossimo speriamo di completare gli interventi”.Così una discreta ma instancabile presenza della storia minuta della navigazione siciliana si prepara a mettere la livrea e diventare simbolo dei commerci di una volta, in tempi di navi gigantesche e traversate super veloci.“Una volta riportata la barca ai piani di coperta originali, togliendo la voluminosa struttura cubica costruita per esigenze diportistiche – aggiunge Perricone – l’idea è quella di utilizzarla come imbarcazione istituzionale, per visite e occasioni speciali ma anche per regate storiche”. E non solo. “Lo schifazzeddu verrà impiegato anche come ambasciatore delle bellezze del Trapanese, per mostrare a turisti e appassionati, con una breve navigazione costiera, i monumenti e i luoghi più suggestivi della città, come Colombaia, Torre Ligny, Porta Ossuna. Da una visuale privilegiata, il mare”.