◉ INTERVISTA

Innamorato di Gratteri, trasforma il borgo in una piccola capitale della cultura

Designer esperienziale e curatore d'arte indipendente di origini russo-venete, Misha Capnist da bambino trascorreva le vacanze con la famiglia nel paesino delle Madonie. Da cinque anni ha deciso di trasferirsi lì e adesso ha fondato un’associazione e organizzato un calendario di eventi estivi fino a settembre

di Carola Arrivas Bajardi

9 Luglio 2024

Non passa inosservato Misha Capnist, il designer esperienziale e curatore d’arte indipendente di origini russo-venete che ha deciso di andare, anzi di tornare, a vivere a Gratteri. Quest’anno, insieme a degli amici americani, Misha ha aperto un’associazione culturale e ha contribuito a stilare il ricco calendario estivo di questo piccolo paese immerso nel verde, nel cuore delle Madonie. Capnist è la rappresentazione fisica, la prova vivente, del forte potere attrattivo e culturale degli scorci, dei borghi e dei paesaggi delle Madonie. La storia della sua famiglia rassomiglia ad una fiaba.

Partiamo dal suo nome, Misha.

“Sì, mi chiamo Misha. Mannaggia, no. Mi chiamo Michele, come da secoli ci chiamiamo noi in famiglia: Michele e Piero. Così dovrei chiamare mio figlio. E lui Michele, e suo figlio Piero e via continuando. Siccome la mia famiglia è di origine russa il mio soprannome è Misha. Se sento chiamare ‘Michele’ per strada, non mi giro neanche. Ironia della sorte, il mio innamorato si chiama proprio Michele”.

Misha Capnist

Come è finito a Gratteri, in un piccolo paese delle Madonie?

“Mi sono trasferito a Gratteri nel 2019, dopo anni che avevo il desiderio di tornarci (da bambino trascorrevo le vacanze qui con la mia famiglia) grazie al mio lavoro da remoto con una fiera d’arte contemporanea e indipendente di cui sono stato curatore. Passavo 6 mesi all’anno a New York e 6 mesi a Gratteri: un equilibrio perfetto, quando considero che le mie figure genitoriali sono come Paris Hilton (mio padre) e Buddha (mia madre)”.

Secondo Gibran “le cose che il bambino ama rimangono nel regno del cuore”, probabilmente è per questo che ha scelto di tornare, ma come è arrivata a Gratteri la sua famiglia?

“La storia risale a mio nonno Arduino Nardini che conobbe ad un ricevimento il napoletano Massimo Krogh. Le loro mogli in particolare si legarono di intima amicizia, e fu deciso di incontrarsi in Sicilia, dove la moglie di Krogh, Delia Lanza, discendente di Damiani Almeyda, aveva ‘terra et castella’. Un’amicizia che è andata oltre la morte dei miei nonni, un legame indissolubile fra le due famiglie. Per vent’anni i miei nonni e i Krogh-Lanza con le rispettive famiglie trascorsero periodi estivi nella proprietà di Pianetti (descritta ne ‘La casa sulla montagna’, di Angelina Lanza), di cui custodisco i ricordi di mia madre e i miei personali”.

Da chi è abitata adesso e come è cambiata “la casa sulla montagna”?

“La casa è rimasta una casa di villeggiatura, abitata solo in certi periodi dell’anno, ed è proprietà sempre dell’amica di nonna. La proprietà è estesissima, e annovera querce secolari frondosissime, specie protette, abbeveratoi… ha degli scorci incantevoli sia sulle montagne che sui boschi e il mare. Un luogo veramente incantevole, immerso nel misticismo del santuario di Gibilmanna. Sono molto legato a quella casa”.

Uno scorcio di Gratteri

Ma ancora non mi ha raccontato come è arrivato suo nonno a Gratteri.

“Mio nonno amava cacciare sulle Madonie, dove si recava accompagnato da questi amici palermitani che possedevano case di villeggiatura a Gibilmanna. Un giorno, quando un guardiacaccia lo portò a Gratteri a cacciare l’istrice -– siamo nella seconda metà degli anni 70 – subì il fascino di questo paese, e comprò una casa sotto la Matrice Vecchia. Dopo di lui altri loro amici da Milano, Roma, Palermo e Genova comprarono piccole case. Gratteri conobbe un periodo di mondanità estiva insospettabile che coinvolgeva artisti, prefetti, principesse, generali, avvocati, possidenti, architetti, giornalisti e pastori. Un mix generazionale e socialmente trasversale che si è protratto per anni e ha caratterizzato la mia formazione”.

Immagino che avrà dei meravigliosi ricordi, può raccontarci qualche aneddoto in particolare?

“Ricordo le feste danzanti estive e i capodanni gioiosi a Villa Oddo, la cui padrona di casa, ospitalissima, profumata, ingioiellata, modernissima donna che è una pittrice palermitana, ho tanto amato, ma anche le scorribande notturne allo Spaccio Colombo, luogo di ritrovo dei villeggianti, quando coi motorini filavamo come schegge per vedere l’alba, in quell’età in cui è più importante fare tardi che divertirsi per davvero. Ricordo i profumi di pino ed eucalipto e liquirizia che caratterizzano Gratteri. I pastori sui muli che incontravo per le strade, il gregge di capre che passava tutte le mattine di fronte a casa nostra, la ricotta appena fatta ‘cavuda cavuda’ in campagna… erano realtà molto esotiche per un bambino veneto degli anni ’90. Ne ho sempre parlato e ho sempre fortemente voluto mostrare queste realtà ai miei amici ‘polentoni’, che da vent’anni sono ospiti fissi in estate qui da me. I miei ricordi sono molto legati ai cinque sensi, in generale. Ricordo Aldo Pecoraino, affascinantissimo uomo dall’aspetto burbero ma che aveva un modo di dedicarsi a noi bambini di rara purezza e libertà, le storie bellissime che raccontava, e che non ho mai voluto verificare, perché ogni tanto nella vita decidi di credere, no?”.

La Matrice vecchia di Gratteri

E poi?

“E poi le donne di Gratteri, vestite di nero, che uscivano velate di casa per andare a messa la mattina presto o all’imbrunire, ma la sera sedevano fuori dalle loro porte a lavorare all’uncinetto chiacchierando con le vicine, parlando una lingua che per me era incomprensibile, ma che oggi capisco. Questa vita antica, lontanissima dalla nostra realtà, esercitava proprio una malìa che mi spingeva a guardare, chiedere, annusare, ascoltare. In generale, siccome non capivamo la lingua, i paesani erano convinti che fossimo una famiglia di scemi. E questo mi fa sempre molto ridere”.

Misha nelle campagne di Gratteri

Con l’esperienza del Covid, il south-working si è rivelato uno strumento utile per ridurre i divari del nostro Paese, una leva strategica che, se sfruttata bene, può favorire il ripopolamento dei territori dell’entroterra, in particolare nel Mezzogiorno. Come vede la Gratteri contemporanea, nota un ripopolamento?

“Per anni Gratteri si è richiusa in sé stessa a causa sia di un preoccupante spopolamento che di un tessuto sociale liso, litigioso e imparentato. Ultimamente il paese conosce una nuova rinascita immobiliare per l’interessamento di famiglie straniere (per lo più americani, tedeschi e polacchi – privi di ascendenze siciliane, come lo sono d’altronde anche io) che è mia cura e piacere coinvolgere nelle attività paesane. Purtroppo non possiamo parlare di ripopolamento, per ora. Abbiamo bisogno di iniettare energia nuova nel circuito, e per questo è necessario che le persone scelgano di stabilirsi qua, almeno per qualche mese. Gratteri non ha servizi, ci sono poche attività commerciali, non è connessa in modo adeguato e questo, se senza dubbio contribuisce al fascino della sua pace e tranquillità, non è esattamente un punto a suo favore. Ma capisco che l’evoluzione sia un processo lento. L’evoluzione non si innesca da sola. Ma ci stiamo lavorando”.

Come pensa di cavalcare l’onda lunga di questa rinascita?

“Con degli amici americani abbiamo aperto una associazione culturale volta ad amalgamare questa nuova società, e a promuovere quel che resta delle tradizioni, che purtroppo vengono ancora custodite con miope e fatale tendenza al segreto”.

Estate 2024 a Gratteri

Cosa avete organizzato?

“Sebbene ormai da quarant’anni quasi io frequenti questi luoghi in cui, ribadisco, sono comunque e sempre un forestiero, quest’anno sono riuscito, con qualche mente più rivolta al futuro, a raggruppare le associazioni presenti e a stilare un fitto calendario di eventi da giugno a settembre: Estate a Gratteri 2024“.

Inutile chiedere perché lo ha fatto.

“Per amore di Gratteri. Puro amore”.