Pedalando tra borghi e trazzere, la Sicilia nuova frontiera del cicloturismo

Sono sempre di più nell’Isola quelli che scelgono di viaggiare in bici. A dimostrarlo il progetto Sicily Divide, un itinerario di 458 chilometri da Trapani a Catania, diviso in 7 tappe tra colline, boschi, corsi d’acqua e sentieri

di Antonio Schembri

4 Novembre 2022

Bici e turismo. Connubio storico diventato anche sinonimo di viaggio vero e proprio, di cui il Belpaese è antesignano (sin dalla fondazione, 128 anni fa, del Touring Club, proprio per diffondere il movimento degli appassionati del veicolo a propulsione umana più diffuso e amato al mondo) e la Sicilia una nuova frontiera a livello europeo.A differenza del cicloamatore, che punta essenzialmente alla performance e al turista che sceglie occasionalmente la bicicletta per muoversi in un determinato segmento del suo viaggio, il cicloturista intraprende una vera e propria avventura, con il precipuo scopo di ammirare i luoghi che attraversa. E che può raggiungere a bordo di una bicicletta sufficientemente robusta per trasportare borse laterali.

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Pista ciclo-pedonale sulla ex Palermo-San Carlo (foto Ramas7, Wikipedia)

Ormai da 20 anni le amministrazioni locali italiane puntano a investire su progetti di piste ciclabili, in non pochi casi rivelatisi poco strategici. Altro tema sono le ciclovie, tragitti sui quali il traffico veicolare è molto diradato e che potrebbero sviluppare un turismo idoneo a avvantaggiare i centri minori che ne vengono attraversati. Citando Franklin Delano Roosevelt, meglio fare quello che si può, con quello che si ha, nel luogo in cui ci si trova.Sul piano dei progetti realizzati, però, Nord e Sud della penisola sono ancora lontani dall’incontrarsi sui pedali. Lo dimostrano, per esempio, gli oltre 400 chilometri di piste ciclabili nel solo Trentino-Alto Adige o la Ciclovia Aida (Alta Italia da Attraversare), l’itinerario promosso dalla Fiab (Federazione italiana ambiente e bicicletta), che taglia in due l’Italia settentrionale, snodandosi da Trieste fino alla Val di Susa, in Piemonte, su un totale di 932 chilometri.
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Paesaggio siciliano

Numeri che sembrano stratosferici nel confronto con quelli del Mezzogiorno. Ma che la sola Sicilia potrebbe fare impallidire. Sull’isola più grande del Mediterraneo la rete di strade provinciali, dove il concetto di folla è inesistente e il traffico veicolare scade anno dopo anno a pochi automezzi al giorno a causa del manto stradale ammalorato, supera i 15mila chilometri. A questa si aggiunge una fitta gamma di “vie lente” percorribili su due ruote, composta da sedimi di ferrovie abbandonate, regie trazzere e strade interpoderali, per almeno altri 3mila chilometri. Un insieme di tracciati, alcuni antichissimi nel mezzo di paesaggi estremamente affascinanti che, tra strisce costiere e entroterra, forma la rete di vie minori più estesa d’Italia.A rendere però impervio l’iter per fare di questa dote l’infrastruttura di un cicloturismo generatore di ricchezza da trattenere nei territori, sono l’insufficienza della programmazione regionale degli investimenti nello sviluppo di ciclovie attrezzate, dove le strutture d’accoglienza dedicate a soste e pernottamenti potrebbero moltiplicarsi; e i ritardi nell’avviare interventi per la manutenzione dei tracciati già fruibili.
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Bici in sosta (foto Pixabay)

Come la ciclabile tra Menfi e Portopalo, percorso di strepitosa bellezza tra i vigneti a fianco del litorale agrigentino, andata a aggiungersi ai tanti emblemi siciliani dell’incuria, in questo caso rappresentata da crepe e erbacce sulla pavimentazione al punto da renderla inagibile. In molti continuano comunque a pedalarvi e, intanto, si continua a attendere l’utilizzo di un mutuo settennale di oltre 80mila euro destinato alla manutenzione e l’efficientamento energetico di questa “greenway”. In questo scenario, il movimento cicloturistico, che a livello europeo si traduce in un giro d’affari di oltre 50 miliardi di euro all’anno, di cui 4,6 in Italia (stando alle analisi di Banca Ifis), in Sicilia si è comunque già innescato. E va crescendo.
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Ciclisti durante la Sicily Divide

A dimostrarlo è il progetto della Sicily Divide, l’itinerario cicloturistico da Trapani, o da Palermo, passando per diversi i luoghi del Belice e dei Monti Sicani, fino a Catania, concepito dall’associazione Ciclabili Siciliane per bici gravel e mountain bike. Le strade attraversate sono infatti in prevalenza sterrate. “Un totale di 458 chilometri, diviso in 7 tappe, con un dislivello complessivo di almeno 9mila metri, tra colline, pianure coltivate, boschi, corsi d’acqua, sentieri sotto creste montane mozzafiato e ingressi in affascinanti borghi, alcuni dominati da castelli, con genti diverse da incontrare”, illustra il suo ideatore Giovanni Guarneri, presidente dell’associazione non profit Ciclabili Siciliane.
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Campagne tra Enna e Caltanissetta

Presentato nella primavera del 2020, la Sicily Divide, il cui nome richiama la grande faglia nordamericana ma che vuole indicare l’attraversamento trasversale dell’isola, ha cominciato dallo scorso anno a esprimere il suo effettivo potenziale in termini di “inseminazione” culturale a vantaggio delle zone interne e delle comunità montane della regione, i territori più falcidiati dall’emigrazione. “Scopo centrale del progetto è favorire un processo di conoscenza capace di avviare iniziative economiche nei borghi, specificamente a servizio del cicloturismo – precisa Guarneri. – In questo modo si può stimolare la gente che li abita a restarvi e a evitare che si spopolino del tutto”.
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Le tappe della Sicily Divide

Tappe impegnative, quelle della “Divide”: la media giornaliera supera i 70 chilometri, con ascese per almeno 1.000 metri. Salite spesso ripide, rese faticose dai tanti chilometri già percorsi prima di affrontarle e dal peso di un bagaglio in genere non inferiore a 10 chili. Tre fra queste sono considerate i “mostri sacri” di questo viaggio siciliano a forza di gambe: la salita di Savochello, tra Santo Stefano di Quisquina e San Giovanni Gemini-Cammarata, 19 chilometri con un pendio medio del 4,5 per cento e un’ascesa di 800 metri; quella di Mussomeli, lunga 5 chilometri e mezzo con un pendio del 6,8 per cento e un guadagno di 400 metri; e infine la salita verso Enna, che si snoda per poco meno di 20 chilometri con un pendio medio del 4,5 per cento.Sforzi ripagati dalle atmosfere offerte dai borghi attraversati o solo lambiti. Iconici sono Gibellina, Sambuca di Sicilia, Santo Stefano di Quisquina. E poi paesi come Mussomeli, Serradifalco, Bompensiere, così come Montedoro e Regalbuto, dove fino a pochi anni fa il passaggio di ciclisti era molto raro e dove adesso il movimento cicloturistico comincia a far attecchire almeno la possibilità di uno sviluppo da non disperdere.Proprio a Regalbuto, nella provincia di Enna, davanti al b&b convenzionato con il progetto Divide Sicily, è sorto un gazebo per le riparazioni delle bici ed è in corso la realizzazione di un ostello da 20 posti concepito sulle esigenze dei cicloturisti.
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Bici in sosta durante la Sicily Divide

Questo tragitto è un trail a tutti gli effetti: nulla a che vedere con le piste ciclabili di comune accezione. Al momento è off limits per le bici da strada e neanche per idea affrontabile con le cosiddette fixie, cioè le bici senza cambio né alcun meccanismo di ruota libera. “Le scalate e le discese della Sicily Divide costituiscono una sfida a sé stessi, al territorio e alle stesse capacità tecniche della bici – specifica Guarneri – . Indispensabile, perciò, un allenamento che consenta di pedalare per più giorni consecutivi su sterrati e strade asfaltate disastrate per almeno 50 chilometri e con un dislivello di 1.000 metri, su biciclette gravel e mountain bike o anche da trekking, purché equipaggiate con un ammortizzatore anteriore dall’escursione minima di 70 millimetri e ruote da almeno 38 millimetri di sezione”.
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Il Divider’s Pass

Per quanto riguarda la trasmissione, il rapporto consigliato dagli esperti è quello da 30 denti per la corona anteriore e 34-36 sul pignone posteriore. Sul modello del Camino de Santiago, molto frequentato anche dai ciclisti, il progetto Sicily Divide prevede l’utilizzo di un attestato di partecipazione e soprattutto di una “credenziale”, ribattezzata “divider’s pass”, che consente l’accesso alle 17 strutture ricettive ubicate lungo il percorso e al momento convenzionate.Si tratta di b&b, piccoli alberghi e case vacanza, dotate di spazi per la pulizia delle bici e, in alcuni casi, di ciclo-officine per le riparazioni, che ospitano al prezzo calmierato di 25 euro a persona inclusivo di colazione. Il pass si può attualmente ritirare a Palermo nel negozio di articoli sportivi Genchi Extreme, all’Angelo Apartment, una delle strutture ricettive convenzionate a Trapani, alla ciclo-officina di Gabriella Alessi a Catania e anche a Milano, presso l’Up Cycle, noto punto di ritrovo dei ciclisti lombardi, dove spesso si svolgono workshop e serate a tema.
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Timbri sul Divider’s Pass

Un prodotto costruito dai ciclisti per i ciclisti, la “Divide”, che, puntualizzano gli organizzatori, non si avvale di sovvenzioni pubbliche e viene finanziato solo dalle donazioni di appassionati del pedale. “La convenzione con gli alberghi ruota sull’accordo di renderli identificabili attraverso il portale web, che oggi totalizza 1 milione e 700mila contatti all’anno; e sul loro obbligo di fornire un’ospitalità idonea, con ricoveri sicuri per le biciclette”, dice Guarneri.Stando alle credenziali rilasciate, la prima annata di attività ha censito 1.800 cicloturisti, quasi tutti siciliani; un numero che nel 2021 è salito a 3.200 presenze distribuito su tutti i mesi dell’anno, con una buona metà di pedalatori stranieri in arrivo a Trapani, Palermo o Catania da Svezia, Polonia, Austria, Germania, Belgio e Francia. “I riscontri sono in costante aumento e ci aspettiamo che, dopo queste settimane d’autunno, molto indicate per praticare questa branca dell’escursionismo in Sicilia, il 2022 si chiuda con almeno 5mila cicloturisti”.Le informazioni, le mappe e le comunicazioni di contenuti veicolati per mezzo della app scaricabile dal sito, sta comunque attirando anche pedalatori senza pass, il cui numero non è individuabile ma è altrettanto in espansione. Alcuni in grado di completare il viaggio in tempi più brevi, addirittura malgrado il caldo asfissiante della scorsa estate.
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Salvatore Bartoli a Catania, ultima tappa del viaggio

È il caso del palermitano Salvatore Bartoli, 57 anni, atleta dilettante di lungo corso in discipline di endurance, protagonista soprattutto di imprese in kayak in diverse aree del Mediterraneo così come davanti alle coste di Cile, Argentina e Messico, ma grande appassionato anche di ciclismo. “Con altri due amici, esperti pedalatori in mountain bike, siamo riusciti a concludere la Sicily Divide ad agosto in 4 giorni e mezzo e in sole 5 tappe da circa 100 chilometri, con un dislivello giornaliero di 2mila metri”, racconta.
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Il Cretto di Gibellina

Esperienza faticosa ma gratificante, che Bartoli ha portato a termine con una semplice mtb in alluminio, ma con un bagaglio di 25 chili comprensivo di borsa attrezzi e una tenda, visto che, a differenza dei suoi compagni, ha preferito riposare campeggiando sotto le stelle al termine di giornate con temperature terrificanti, vicine ai 50 gradi. “Al di là del clima, è un’esperienza molto valida sotto il profilo turistico-culturale in ogni periodo dell’anno perché consente di penetrare in una Sicilia rurale affascinante, sebbene marginalizzata se non dimenticata, esaltata da una luce solare unica”, dice Bartoli. Una carrellata di scenari agricoli pieni di vita, ma che, “in alcune pianure come quelle ennesi, sono ormai malinconicamente fermi”.Per il 2023 l’associazione Ciclabili Siciliane sta studiando un percorso della Sicily Divide per le bici da strada. Nei prossimi giorni presenterà nuove varianti che alleggeriranno un po’ alcune attraversamenti in salita. Progetto parallelo, già partito con la stessa ratio della “Divide”, è il periplo di Sicilia: circa 1.200 chilometri lineari, tutti vista mare.