Rinasce Palazzo ex Ministeri, al via il restauro dopo 32 anni

L'edificio, oggi in abbandono, diventerà la biblioteca dell'Ars. All'interno si trova una scala progettata da Giachery, gioiello d'architettura

di Giulio Giallombardo

16 Dicembre 2019

Si affaccia silenzioso sul Cassaro, tra il Palazzo Arcivescovile e la caserma dei carabinieri. Un tempo fu centro nevralgico del potere borbonico a Palermo, adesso si prepara a rinascere dopo un lungo abbandono. Ci sono voluti 32 anni per dare il via ai lavori di restauro del Palazzo ex Ministeri, acquistato dall’Assemblea regionale siciliana nel 1987 dall’amministrazione provinciale per 2 miliardi e 300 milioni di lire. Oggi, dopo un’attesa interminabile, il presidente dell’Ars Gianfranco Micciché ha annunciato l’inizio del primo lotto di interventi di messa in sicurezza sull’edificio, che si candida a ospitare la biblioteca dell’Assemblea regionale. Questi primi lavori avranno un costo che si aggira intorno a 900mila euro provenienti da risorse stanziate dall’Ars.

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Palazzo ex Ministeri

Attualmente è un edificio spettrale. Solai venuti giù, stanze trasformate in depositi fatiscenti, infissi distrutti o inesistenti, pareti e soffitti sul punto di crollare da un momento all’altro. Un abbandono toccato con mano questa mattina, quando il palazzo ha aperto eccezionalmente le sue porte ai giornalisti, in occasione della presentazione dei lavori, illustrati dallo stesso Micciché, insieme al segretario generale dell’Ars Fabrizio Scimè e al responsabile unico del procedimento, Pasquale Riggio. L’appalto della progettazione è stato affidato alla società d’ingegneria “R. Costanza”; l’impresa aggiudicataria è un’Ati, costituita dalle società “Cinquemani Gianpeppino” e “Aleonero impianti srl” di Favara che si sono aggiudicate il bando pubblico. Direttore dei lavori è Stefano Biondo, alla guida del Centro regionale per la Progettazione e il Restauro.
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La cupola sopra la scala di Carlo Giachery

“Stiamo cercando di recuperare tutti gli elementi di pregio che si trovano all’interno, con la speranza di fare un’esposizione pubblica di tutto quello che il palazzo custodisce”, ha detto Micciché, annunciando che l’edificio, una volta terminato il restauro, diventerà sede della biblioteca dell’Assemblea regionale siciliana. “Abbiamo tantissimi volumi e un’emeroteca straordinaria, forse la più grande che esiste in Italia – ha aggiunto il presidente dell’Ars – ma in questo momento non la vede nessuno perché sta tutto chiuso negli armadi, spero che un giorno il nostro patrimonio librario possa trovare sede stabile in questo palazzo, anche se forse quando il restauro sarà terminato, non sarò più presidente dell’Ars. L’obiettivo è anche di fare rete con le altre biblioteche cittadine”. Gioiello nascosto del palazzo è, poi, la scala progettata da Carlo Giachery, architetto che si occupò nel 1850 di ingrandire e modificare l’edificio. Pur avendo una funzione secondaria, perché metteva in collegamento il palazzo con l’adiacente ospedale di San Giocomo, la scala è un capolavoro dalle forme sinuose e morbide, dal gusto squisitamente liberty. Si snoda concentricamente all’interno di un alto tamburo su cui è poggiata una cupola sferica in conci di tufo, incastrati uno sull’altro, che si conclude con un occhio circolare coperto da un lucernario in ferro e vetro. Un piccolo tesoro d’architettura unico in città, in cui risalta ancora la firma dell’architetto sulla sommità della rampa.
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La scala progettata da Carlo Giachery

I lavori, però, si preannunciano lunghi, visto il complessivo stato di degrado in cui versa il palazzo. Secondo il cronoprogramma, entro un anno, dovrebbero concludersi i primi interventi di messa in sicurezza, così da aprire al pubblico almeno una parte del palazzo. Il primo lotto comprende il restauro e rifacimento delle coperture, la sostituzione dei solai, il restauro dei due prospetti, sia il principale che quello sul retro, e l’apertura dei portoni attualmente chiusi, che si affacciano su via Vittorio Emanuele. Ancora da definire, invece, il secondo progetto, che porterà al completo restauro dell’edificio.
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La scalinata che porta al primo piano

Il palazzo fu sede dei ministeri borbonici e del luogotenente generale del Regno, poi nel 1885 ospitò la Prefettura e, durante il regime fascista, dal 1931 gli uffici del Provveditorato, dell’Opera nazionale maternità e infanzia, dell’Opera nazionale Balilla, gli alloggi del questore e del provveditore. Dopo la fine della guerra, il palazzo fu destinato alla sola sede del Provveditorato agli Studi, che lì rimase fino al 1968, quando fu sgombrato dopo il terremoto del Belice. Nel 1987 fu acquistato dall’Ars e nel 1993 furono realizzati lavori di consolidamento delle fondazioni, durante i quali saggi archeologici portarono alla luce tracce di pozzi risalenti all’epoca medievale e altre relative all’impianto seicentesco dell’edificio. Da allora, un lunga storia di abbandono che adesso, forse, sta per finire.