Si vende Palazzo Galati, la casa-studio di Guttuso nel cuore di Palermo
Il pittore bagherese aveva acquistato il piano nobile dell’edificio costruito da Venanzio Marvuglia. Oggi il prezzo richiesto è di 1,6 milioni di euro
di Guido Fiorito
27 Febbraio 2021
Palazzo Galati, a due passi dal Teatro Massimo, via Ruggero Settimo all’angolo con via Cavour, nel cuore pulsante della vecchia Palermo. Fuori il traffico e la confusione, dentro, attraversando una lunga galleria, si rivive l’atmosfera che era abituale ai De Spuches, principi di Galati e duchi di Caccamo, tra cui, nell’Ottocento, si distinse Giuseppe, letterato e marito della poetessa Giuseppina Turrisi Colonna, che morì meno di un anno dopo le nozze. Fu anche archeologo e deputato. I De Spuches o Spucches sono un’antica famiglia, in Sicilia dalla fine del Duecento, con numerosi incarichi di rilievo nella pubblica amministrazione.
Fu costruito nel 1791 da Venanzio Marvuglia, architetto palermitano eclettico che, tra l’altro, ha realizzato la casina cinese alla Favorita. Il committente era il principe di Villadorata. L’edificio appartiene alla seconda metà della produzione di Marvuglia, che dal tardo barocco approda al neoclassicismo, con due colonne imponenti di grigiastra pietra di Billiemi a difendere il portone d’ingresso. Da qui un’ampia galleria, di linee semplici, con un pavimento di grandi basole, portava le carrozze fino al cortile interno. All’inizio dell’Ottocento, il palazzo passa ai De Spuches che lo scelgono come residenza e lo ampliano con una grande terrazza (350 metri quadrati) circondata da statue con busti grotteschi innalzate su colonne. Bellissimo il salone con una volta reale che raggiunge una altezza di sei metri. I soffitti delle stanze hanno preziosi soffitti a grandi cassettoni decorati con stucchi dorati.Nel terrazzo, dal 1975 fino alla morte dodici anni dopo, vivrà dolci giorni un grande artista. La storia di Palazzo Galati, infatti, torna d’attualità perché è in vendita l’appartamento al piano nobile appartenuto a Renato Guttuso. Il prezzo richiesto è di 1,6 milioni di euro. Guttuso, residente a Roma, viene a Palermo circa tre mesi ogni anno, in particolare a Natale e a Pasqua. Qui riceve i suoi amici, i Carapezza, Buttitta, Carpinello e Pasqualino. Gioca lunghe partite di scopone. Nella terrazza inondata di luce, dipinge la serie dedicata alle Ginestre e alla Piscina mediterranea.Sulla casa veglia il custode factotum Isidoro, uno capace di pescare un polpo se il maestro lo chiede per dipingerlo. Per incontrare Marta Marzotto, Guttuso ricorre alla casa messa a disposizione da una amica. I De Spuches possedevano una collezione di armature antiche, oggi non più esistenti, e nell’immenso salone di cento metri quadri, l’archeologo Giuseppe aveva portato un bellissimo mosaico del III secolo dopo Cristo, da lui ritrovato e salvato dai picconi a Carini, in contrada San Nicolò. Lo descrive come “un gran pavimento vermiculato in stile romano, composto di piccoli pezzi cubici di marmo, terracotta e smalto”.La leggenda vuole che la moglie di Guttuso, Mimise, avesse rifiutato il mosaico perché i pavoni raffigurati portavano sfortuna. Diversa la versione di Marco Carapezza, erede di Guttuso, che, afferma che fu il prezzo aggiuntivo a scoraggiare l’artista. Il pavimento, testimonianza dell’antica Hikkara, smontato, portato via e conservato in settanta casse, dopo molte vicissitudini, è stato acquistato dalla Regione e restaurato.Quante storie può raccontare questo appartamento. Nel terrazzo, Letizia Battaglia ritrasse Guttuso e Leonardo Sciascia, sorridenti, con la sigaretta in bocca. “Erano entrambi molto felici in quel momento”, ha ricordato la fotografa. Dopo qualche tempo, l’amicizia viene definitivamente rotta da una furiosa lite per ragioni politiche. Sciascia, dopo la fuoriuscita dal partito comunista, afferma che Berlinguer gli aveva parlato di rapporti tra il terrorismo italiano e la Cecoslovacchia. Il segretario del Pci querela Sciascia per diffamazione e chiama a testimoniare Guttuso che si schiera dalla sua parte.A Palazzo Galati bussa anche un giovane Giuseppe Tornatore, filmaker alle prime armi, anche lui, come Guttuso, bagherese. Presentato da amici comuni, ottiene di poter mostrare un suo documentario all’artista. Tornatore carica sulla Cinquecento il proiettore super 8 e va con il padre a casa Guttuso. Il pittore si entusiasma del lavoro di Tornatore che ricorda: “Rispose secco che me ne dovevo andare, che restando lì non avrei mai potuto incontrare il cinema che volevo fare io. Lo confesso: alcune delle frasi che Alfredo dice a Totò in Nuovo Cinema Paradiso, nelle sequenze in cui il ragazzo sta lasciando la Sicilia, sono ispirate a quelle esortazioni di Guttuso”. Tornatore chiede solo a Guttuso di scrivergli le sue impressioni positive. In seguito, torna ogni tanto a trovarlo e nel 1982 lo intervista a lungo per un film per la Rai regionale. “Dipingeva mentre parlavamo, oppure semplicemente si stava in silenzio e io lo studiavo mentre, avvolto da una eterna nuvola di nicotina, stringeva gli occhi quasi a penetrare gli oggetti”. Oggi tutto questo non è più e l’appartamento, custode di tante memorie, aspetta di ritornare alla vita.