Tanti dubbi sul mega parco eolico al largo delle Egadi

Critiche dal mondo della pesca, ma anche dai sindaci e alcune associazioni ambientaliste. Si teme per un tratto di mare ad altissima biodiversità

di Maria Laura Crescimanno

11 Marzo 2021

Non è difficile pensare come si sarebbe espresso Sebastiano Tusa, archeologo di fama e primo soprintendente del Mare della Regione Siciliana, scomparso il 10 marzo di due anni fa, a proposito del mega impianto di pale eoliche off-shore che potrebbe sorgere sulle acque marine comprese tra la costa marsalese, le isole Egadi, a largo dell’Area marina protetta. Un tratto di mare ad altissima biodiversità naturale, l’area dei cosiddetti banchi dello Stretto di Sicilia, di sicuro uno scrigno di reperti e relitti tutti ancora da scoprire e da tutelare.

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Parco eolico nel Mare del Nord

Già dieci anni fa Tusa, racconta l’ecologo Franco Andaloro, aveva scongiurato la posa di pali eolici fissi sui fondali dello Stretto – il progetto Four Winds – sollevando il pericolo in una mozione firmata da esperti ed ambientalisti che al contrario, chiedevano un vincolo di tutela per quella che sarebbe potuta diventare una riserva della biosfera Unesco. Il progetto di scempio ambientale venne valutato negativamente e quindi fermato.
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Uno scorcio di Trapani

Oggi lo spettro delle gigantesche pale galleggianti, comunque ancorate sui fondali, ritorna più grande di allora. Il progetto di dimensioni faraoniche, forse tra i più grandi al mondo, presentato dall’azienda Renexia Spa, è stato pubblicato sul sito del comune di Trapani per settimane, ed è adesso in attesa di concessione demaniale marittima trentennale, nonché dello studio di impatto ambientale e di relativa valutazione Via da parte del ministero dell’Ambiente. Nella prima fase di febbraio, aperta alle osservazioni degli stakeholders del territorio, il parco eolico della Rexenia, che prevede investimenti nel settore per 9 miliardi, ha accolto pareri negativi da parecchi fronti, inclusi i sindaci di Trapani e delle Egadi, dello stesso assessorato regionale, nonché il parere non vincolante della consulta regionale della Pesca. Ma dati gli altissimi interessi in gioco, non è affatto scontato prevedere come la vicenda andrà a finire.
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Favignana

Le associazioni ambientaliste locali, sulle prime si sono dette favorevoli alla transizione ecologica ed alla produzione di energie alternative come unico metodo per uscire dalla catastrofe ambientale prodotta dalla dipendenza verso gli idrocarburi. Alcune adesso, come la sezione trapanese di Italia Nostra, esprimono forti perplessità e chiedono che si realizzino studi puntuali sulle ricadute ambientali e sociali degli interventi previsti tra mare e costa. Mentre si attendono ulteriori chiarimenti e studi ambientali sulla fauna marina e sulle specie migratorie che come è noto volano dall’Africa verso il continente, la Soprintendenza del Mare diretta da Valeria Li Vigni dovrebbe esprimersi per la parte archeologica e paesaggistica.
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I tonnaroti di Favignana

Apertamente contrario ad oggi il mondo della pesca siciliana, con Agci Pesca, e con Giovanni Basciano che mette in guardia sulle grave situazione del comparto, e sui danni che ne deriverebbero di sicuro per la pregiatissima pesca del gambero rosso, del tonno e del pesce spada. L’impianto – sottolinea Basciano – prevede 190 torri di 150 metri ciascuna su un’area marina grande quanto tutta la provincia di Trapani, che è vitale per la biodiversità e per la pesca siciliana: troppo grave sarebbe l’impatto sulla filiera socio-economica siciliana che non avrebbe come riconvertirsi.