Acquedolci e il suo castello, storia di un tesoro in attesa di rinascere

Affacciata sul Tirreno, oggi resta ben poco della quattrocentesca fortezza del borgo messinese. Un gioiello che fu feudo operoso sotto i nobili catalani Larcan, lussuosa dimora con il principe di Palagonia e residenza baronale dei Cupane

di Ornella Reitano

8 Novembre 2021

Nella Marina Vecchia di Acquedolci, in provincia di Messina, si trovava un piccolo borgo nato attorno all’antica torre di avvistamento di epoca medievale. Sviluppo che fu incentivato dalla nobile famiglia catalana Larcan de Soto, che arrivò in questi luoghi nel 1391 al seguito di re Martino I. Augerot Larcan ottenne dal re la baronia di San Fratello e fece costruire la torre nei primissimi anni del 1400. Ma fu ad opera del nipote Antonio Giacomo Larcan la riedificazione e fortificazione della torre già esistente grazie alla licenza avuta nel 1498 e successivamente, ottenne anche il permesso di costruire il baglio, applicare i merli a coronamento delle mura e l’apertura di una tonnara.

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Castello di Acquedolci

Ma non finirono qui le concessioni che gli furono date, nel 1499 nella marina del suo feudo ebbe concesso di attivare un nuovo caricatore di frumento che contribuì allo sviluppo del commercio di quello che fu poi il comune di Acquedolci. Nel 1555 il figlio Vincenzo Larcan fece costruire un nuovo trappeto di cannamele dando impulso alla coltivazione della canna da zucchero considerando che poteva essere garantita sia la presenza di acqua necessaria all’irrigazione che il legname occorrente per la cottura. Nello stesso periodo venne costruito anche il fondaco al di fuori del trappeto. La baronia dei Larcan continuò con Giulia fino al 1622 ed alla sua morte passò alla casa Lucchesi dei Marchesi di Delia. Nel 1698 la baronia di San Fratello passò a Ferdinando Francesco Gravina e Cruyllas, principe di Palagonia, insignito dell’onorificenza del Toson d’oro a seguito del matrimonio con Anna Maria Lucchesi e Filangeri. 
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La chiesa di San Giuseppe

Fu sotto il Principe di Palagonia che si abbandonò la coltivazione della canna da zucchero e il baglio venne trasformato in una lussuosa dimora feudale con stucchi, dipinti, tele e mobili pregiati. Fa parte dell’intero complesso anche una piccola chiesa dedicata a San Giuseppe che fino al 1929 è stata la chiesa principale del borgo di Acquedolci e dipendeva dalla Chiesa Santa Maria Assunta del comune di San Fratello. È stata restaurata nel 2004 e si possono vedere all’interno sia alcune decorazioni architettoniche originarie che maioliche appartenute all’appartamento del principe. Ospita, inoltre, un altare con motivi decorativi del tardo barocco siciliano con al centro un dipinto del Santo col Bambino Gesù. Sull’altare si nota anche la presenza dello stemma della famiglia Gravina che durante il Settecento ne curò il restauro.
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Corte interna

Il prospetto nord che si affaccia sulla costa tirrenica presenta dei torrioni cilindrici, che amplificano il carattere di fortezza della residenza baronale, posti a fianco della costruzione della torre di avvistamento di cui oggi purtroppo non restano che ruderi. Nel maggio del 1966, essendo stata danneggiata e resa pericolante durante gli eventi bellici, si pensò bene che questa torre dalle spesse mura e molto alta per permetterne la visibilità con le torri vicine, composta da più piani oltre la terrazza e il parapetto con merli ghibellini, dovesse essere distrutta con l’esplosivo per mettere in sicurezza la linea ferrata sottostante Messina-Palermo. E così fu.
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Ingresso sud

Gli ingressi erano tre: sul lato ovest si aveva accesso anche con le carrozze che potevano arrivare fino alle stalle; dall’ingresso a sud entravano i coloni ed era anche l’accesso riservato per il carico-scarico necessario alle varie lavorazioni; sul lato est c’era l’ingresso su un ponte. Oggi è stata realizzata una scala per raggiungere il livello del portone, vista la costruzione della strada che conduce fino al mare.
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Ruderi della torre

Nell’Ottocento, il barone Francesco Cupane acquistò le proprietà della famiglia Gravina, tra cui il castello ed è proprio qui, dove si trovava l’antico borgo, che si pensò di ricostruire la nuova cittadina di San Fratello dopo la brutta frana del 1922 che distrusse gran parte dell’abitato. Dal 2002 tutto il complesso è di proprietà del Comune di Acquedolci. Oggi, del “Castello dell’Acque Dolci, munito di sette cannoni e con un soldato di guardia”, non resta che un ricordo. In attesa dei lavori di messa in sicurezza, la speranza è che presto questo complesso che ancora resiste alle intemperie, possa tornare pienamente fruibile e raccontare a tutti la storia di cui è testimone.