Gli affreschi di Borremans, il fiammingo di Sicilia

Sono tante le opere del pittore che arricchiscono chiese, conventi e palazzi sparsi in tutta l’Isola, alcune poco conosciute o da riscoprire

di Emanuele Drago

23 Dicembre 2019

Se il Serpotta può essere considerato il più alto rappresentate della scultura siciliana, con la sua innovativa lucentezza dello stucco; lo stesso, per quanto riguarda la pittura della prima metà del Settecento, può dirsi per il fiammingo Guglielmo Borremans. Nato ad Anversa, dopo una parentesi napoletana si trasferì in Sicilia, luogo in cui diede vita ad una copiosa produzione pittorica, sia su affresco, sia su tela. Tra le tante bellezze sparse per Palermo e per la Sicilia, ce ne sono ancora molte che non hanno avuto il giusto rilievo che meriterebbero. Affreschi i cui colori sono stati spenti, oltre che dall’incuria, dal potere corrosivo dell’umidità. Ma tutta quanta la Sicilia è piena della sua copiosa produzione: da Alcamo a Palermo, da Bagheria – passando per Ciminna, Caccamo, Caltanissetta, Leonforte e Nicosia – fino dentro al duomo di Catania. E poi ancora: Agrigento, Patti, Tindari, Siracusa, Buccheri.

 width=

Sala Borremans nel Museo Diocesano

È ormai da oltre due secoli assodato che il segreto per cui Guglielmo Borremans venne apprezzato e ricercato da diversi committenti può essere riassunto in una parola: cromatismo festoso. Egli infatti ebbe il merito di rinnovare la pittura, dandole nuovo impulso e liberandola dai giochi chiaroscurali degli epigoni del Caravaggio, in primis gli eccellenti Pietro Novelli e Mattia Preti. Egli, inoltre, all’amore per il dettaglio che aveva caratterizzato il realismo, antepose un gaio e festoso pittoricismo (tipico nella pittura del napoletano Luca Giordani), ma soprattutto la necessità di dare una particolare evidenza al colore.
 width=

Estasi di Santa Teresa (foto Effems, da Wikipedia)

Non sappiamo fino a che punto Guglielmo Borremans sembra avesse voluto riproporre in pittura ciò che in quegli anni stava realizzando Giacomo Serpotta con lo stucco; tuttavia, a un occhio attento, appare chiaro che, al di là dello schiarimento dei colori, abbia reso più leggere le forme rappresentate; tanto che, le sue vergini, i suoi dei e suoi santi, come gli angeli del Serpotta, sembrano levitare dolcemente dentro le volte dei palazzi e delle chiese. A Palermo sono tante le opere pittoriche attribuite al Borremans che sono andate perdute. Però ugualmente numerose sono quelle ancora visibili (segnaliamo tra le tante l’Estasi di Santa Teresa, nella chiesa di Santa Teresa alla Kalsa e la Visitazione della Vergine nell’oratorio del Rosario).
 width=

Volta della chiesa di San Ranieri e dei Quaranta Martiri Pisani

Ma di Borremans, oltre che le tele, non possiamo non ricordare soprattutto le volte, in quanto fu proprio questa sua capacità di trasformare le volte dei conventi e delle chiese in sontuosi drappeggi colorati, uno dei suoi punti di forza. Come già accennato precedentemente, se è vero che molto di Borremans abbiamo perso, tuttavia, va anche detto che tanto ancora ci rimane, anche se – forse – non adeguatamente valorizzato, tanto che si potrebbe dare vita ad un vero e proprio percorso borremansiano.
 width=

Volta del coro della Martorana

Oltre agli straordinari affreschi della Martorana, degli oratori di San Pietro ai Crociferi e dei Santi Elena e Costantino, meritano attenzione tre vere perle che, se adeguatamente veicolate, non potrebbero che lasciare palermitani e non a bocca aperta. La prima riguarda il sontuoso spettacolo che è nascosto nella volta del coro della chiesa della Martorana, e che allo stato attuale è inaccessibile al pubblico: un tripudio di angeli in mezzo a un portico decorato a trompe l’oeil, dai vivacissimi e delicati colori. La seconda spettacolare volta è quella realizzata da Borremans, ma probabilmente anche da aiuti, nella chiesa di San Ranieri e dei Santi Quaranta Martiri Pisani, alla Guilla. Infine, come non parlare della Sala Borremans che si trova all’interno del Museo Diocesano? Una sala che, come affermò negli anni Settanta il critico Maurizio Calvaresi, va annoverata e promossa al rango di una delle più preziose gemme d’arte della città di Palermo.*Docente e scrittore