Il cimitero gentilizio ai piedi del Monte Grifone

Nei tanti monumenti sepolcrali di Santa Maria di Gesù, riposano gli illustri personaggi che hanno fatto la storia della città

di Emanuele Drago

22 Maggio 2019

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Teca con il beato Matteo Gallo

Ubicato ai piedi del Monte Grifone, tra i quartieri Brancaccio, Ciaculli e Belmonte Chiavelli, sorse per volontà del beato Matteo Gallo. A quanto pare, prima che della nascita del convento francescano, sembra che vi si trovasse un piccolo oratorio – edificato dai mezzadri del tempo – sullo stesso luogo che un tempo aveva accolto Sant’Antonio da Padova. Non passò neanche un secolo che, sia la chiesa che il convento furono affidati all’ordine dei francescani. Si racconta che, per individuare l’area in cui sarebbe sorto il loro convento, i frati minori con a capo il beato Matteo Gallo Guimerà, fecero scodinzolare un asinello, il quale, dopo un lungo peregrinare, si fermò nel luogo in cui sarebbe sorto il convento. Oggi quell’episodio è ricordato da una Croce in tufo che si trova in prossimità del piazzale che conduce al cimitero.
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Croce del Calvario sul piazzale davanti al cimitero

Fu proprio durante quel periodo che attorno alla splendida cappella gotico catalana, di proprietà della famiglia Bonet, nacque il monumentale camposanto, che a partire dal XIV secolo iniziò ad accogliere le cappelle di altre prestigiose famiglie come gli Alliata, i La Grua Talamanca, i Pellegra Gravina e Bonanno; oppure, le splendide cappelle liberty delle famiglie Nicosia e Lanza di Scalea. Di notevole fattura sono anche cippi, steli e monumenti sepolcrali in cui sono sepolti gli illustri personaggi che hanno fatto la storia della città.L’elenco dei personaggi seppelliti a Santa Maria di Gesù è davvero lungo, e va dai coniugi Ingrassia a Pietro Riso, dal patriota Mariano Stabile al medico di Garibaldi Enrico Albanese. Ma non mancano le sorprese: ad esempio, tra le tante lapidi si può cogliere quella di Luigi Mercantini, il garibaldino autore de “La Spigolatrice di Sapri”, la celeberrima poesia che molti di noi ancora recitano a memoria. Ma indubbiamente, oltre alla tomba del giudice Paolo Borsellino, la cappella che attrae maggiormente i visitatori è quella dei Florio; progettata dall’architetto Giuseppe Damiani Almeyda – come d’altronde gran parte delle tombe gentilizie presenti del camposanto – possiede davanti al pronao il simbolo della famiglia; ovvero, il leone bibens intento a succhiare la corteccia del chinino.
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Fontana del chiostro con l’episodio del ponte Ammiraglio

Ma il convento è anche noto per essere stato guidato, nella seconda metà del Cinquecento, dal frate Benedetto da San Fratello. Figlio di genitori di origini etiopi, dopo aver vissuto a lungo da eremita, giunse in questo luogo e ne divenne superiore. Si narra che Benedetto, conosciuto come “il moro” per via della sua scura carnagione, compì vari prodigi. Grazie a questi miracolosi eventi si guadagnò, insieme a Santa Rosalia, il titolo di compatrono della città di Palermo. Come Santa Rosalia il suo nome superò i confini italiani e ancora oggi è venerato in America Latina, in particolar modo in Venezuela ed in Argentina. Durante la l’ultima visita del Papa a Palermo, il Santo padre ha anche ricordato l’enorme devozione di cui gode San Benido da Palermo nel Barrio Palermo, uno dei principali quartieri di Buenos Aires.Ma torniamo alla storia del convento. Prima di accedere al chiostro, all’interno della chiesa è possibile ammirare, posti l’uno di fronte all’altro, le teche dentro cui giacciono i corpi imbalsamati, sia del Beato Matteo Gallo, sia di San Benedetto il Moro. Nella fontana posta al centro del chiostro, un affresco ed una piccola scultura ci illustrano la storia legata alla disputa che, dopo la morte del beato Matteo Gallo, si ebbe fra gli stessi francescani per accaparrarsi la custodia delle spoglie dell’illustre vescovo agrigentino. Sembra infatti che, una notte, le spoglie del seguace di Bernardino da Siena vennero trafugate dal convento di San Francesco D’Assisi, luogo in cui erano custodite, per essere portate dai frati minori riformati a Santa Maria di Gesù. Saputa la notizia per tempo, i francescani di San Francesco D’Assisi si misero ad inseguirli; tuttavia, prima che i due ordini venissero quasi alle mani, nei pressi del Ponte Ammiraglio si verificò un eccezionale acquazzone. Un temporale che i contendenti interpretarono come un vero e proprio responso divino. Fu così che i francescani di Palermo lasciarono ai frati di Santa Maria di Gesù la custodia delle spoglie del beato di Girgenti.
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Cipresso di san Benedetto il moro

Infine, prima di uscire dal camposanto nobiliare è possibile, mediante un sentiero raggiungere il cipresso di San Benedetto. L’albero secolare, alto circa venti metri, si trova sul monte Grifone, a circa duecento metri sopra il livello del mare, e da molti viene considerato il più vecchio di Palermo. Inoltre, secondo la tradizione, crebbe sul medesimo luogo in cui il santo aveva lasciato infilzato il proprio bastone, accanto all’eremo in cui era solito andare a pregare. Dal cipresso, il panorama che si riesce a scorgere è davvero mozzafiato, ci dà l’idea di come, prima della cementificazione, fosse straordinariamente verde e davvero d’oro la Conca di Palermo.*Docente e scrittoreJTNDY2VudGVyJTNFJTBBJTNDc2NyaXB0JTIwc3JjJTNEJTI3aHR0cHMlM0ElMkYlMkZ3d3cuZ29vZ2xldGFnc2VydmljZXMuY29tJTJGdGFnJTJGanMlMkZncHQuanMlMjclM0UlMEElMjAlMjBnb29nbGV0YWcucHViYWRzJTI4JTI5LmRlZmluZVBhc3NiYWNrJTI4JTI3JTJGMTE3NjQ1MzAyJTJGdmR0X2ZyYW1lM18zMDB4MjUwXzMwMHg2MDAlMjclMkMlMjAlNUIzMDAlMkMlMjAyNTAlNUQlMjkuZGlzcGxheSUyOCUyOSUzQiUwQSUzQyUyRnNjcmlwdCUzRSUzQyUyRmNlbnRlciUzRSUwQQ==