Il gigantesco hangar di Augusta, viaggio nella casa dei dirigibili

Un capolavoro di ingegneria studiato da esperti provenienti da tutto il mondo, immerso in un parco di eucalipti esteso circa trenta ettari. Da dieci anni il colossale capannone in cemento armato è chiuso al pubblico per motivi di sicurezza, in attesa di essere valorizzato

di Ruggero Altavilla

21 Luglio 2023

Neanche il forte terremoto di Santa Lucia del 1990 riuscì a scalfirlo e per questo fu studiato dagli ingegneri giapponesi (e non solo) che vennero in Sicilia per approfondire le caratteristiche antisismiche. È il gigantesco hangar per dirigibili di Augusta, nel Siracusano, costruito dalla Regia Marina tra il 1917 e il 1920 negli anni della prima guerra mondiale. Un capolavoro di ingegneria immerso in un parco di eucalipti esteso circa trenta ettari, dichiarato dalla Regione Siciliana complesso monumentale di interesse culturale nel 2014.

L’esterno dell’hangar (foto Ascosi Lasciti-Liotrum)

Un enorme capannone di cemento armato lungo più di 100 metri, largo 45 e alto 37, nato come strumento di difesa della rada megarese dall’azione dei sommergibili U-Boot. Progettato dall’ingegnere Antonio Garboli di Milano, un pioniere delle strutture in cemento armato, ospitò dirigibili utilizzati per fini di addestramento e ricognizione.

L’enorme portone dell’hangar (foto Ascosi Lasciti-Liotrum)

Nel 1925 fu realizzato l’idroscalo, che era stato preso in carico dalla Regia Aeronautica, riadattando l’hangar dirigibili e costruendovi a fianco due hangar metallici. Inaugurato il 28 marzo 1926, lo specchio d’acqua antistante fu utilizzato per il decollo e l’ammaraggio degli idrovolanti. Durante la seconda guerra mondiale, nel maggio 1943 la città di Augusta e la zona dell’idroscalo vennero bombardati da raid degli Alleati. Dopo lo sbarco in Sicilia del luglio 1943, lo scalo divenne la sede della Royal Air Force, fino al 1946. Da quella data fino al 1950 fu utilizzato dalla società inglese “Boac” come scalo civile, al centro delle rotte transoceaniche dall’Inghilterra all’Australia.

L’hangar fu progettato da Antonio Garboli, pioniere delle strutture in cemento armato (foto Ascosi Lasciti-Liotrum)

Dopo un utilizzo discontinuo, ospitò fino al 1991 una sezione aerea della Guardia di finanza, che poi fu trasferita a Catania, per poi essere dismesso. Per salvarlo dall’abbandono, nel 2004 il Parco dell’Hangar torna al Comune di Augusta che dal 2006 ne affida la gestione all’associazione di volontariato Hangar Team Augusta, nata nel 2002 su iniziativa di alcuni appassionati. Dal 2007 al dicembre 2009 l’hangar è stato al centro di lavori di restauro finanziati dai fondi per il terremoto del 1990 e poi riaperto al pubblico e affidato alla cura dei volontari dell’associazione.

L’hangar di Augusta (foto Ascosi Lasciti-Liotrum)

Una rinascita che però dura solo pochi anni. Dal 2013, infatti, il sito è chiuso al pubblico e dal 2016 il Comune lo riconsegna al Demanio. In anni più recenti, nel 2021, l’amministrazione comunale ha aderito a un accordo di collaborazione con “le città degli idroscali storici d’Italia”. L’intesa prevede la collaborazione tra l’Associazione Aviazione Marittima Italiana e le città sedi di idroscalo, quale è stata in passato anche Augusta, congiuntamente alla Marina Militare, alle Capitanerie di Porto, all’Enit-Agenzia Nazionale del Turismo, alle Autorità di Sistema Portuale, ai Porti turistici, alle Università e ad altri enti.Ad oggi però il sito è ancora in abbandono, come documentato dagli scatti recentemente realizzati dai fotografi del collettivo Ascosi Lasciti, che da anni si dedica all’esplorazione di luoghi abbandonati. “Entrati al suo interno ci siamo sentiti sopraffatti dall’enormità degli spazi – racconta alle Vie dei Tesori, Cristiano La Mantia, presidente di Ascosi Lasciti – . Potrebbe sembrare un solo un immenso capannone ma, in realtà, è struttura avveniristica per l’epoca, unica nel suo genere, che andrebbe certamente valorizzata e restituita alla comunità”.(Foto Ascosi Lasciti-Liotrum)