Il museo dell’amaro dei monaci eccellenza siciliana

Viaggio nello stabilimento Averna di Caltanissetta, dove ancora oggi viene prodotto il liquore famoso in tutto il mondo

di Giulio Giallombardo

11 Gennaio 2020

Una storia siciliana lunga 150 anni. Un elisir la cui ricetta segreta si tramanda nei secoli e che ancora oggi viene prodotto lì dove nacque nel 1868. Lo stabilimento Averna di Caltanissetta resta sempre il luogo in cui prende vita l’amaro per eccellenza, anche dopo l’acquisizione dell’azienda della famiglia Averna da parte di Campari nel 2014, che si occupa oggi dell’imbottigliamento del liquore siciliano negli stabilimenti in Piemonte. La recente scomparsa di Francesco Claudio Averna, ex presidente del gruppo, che aveva guidato l’azienda insieme ad altri componenti della famiglia, tra cui il cugino Francesco Rosario, fino alla cessione, riporta inevitabilmente a ripercorrere la storia di una delle più importanti avventure imprenditoriali dell’Isola.

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Don Salvatore Averna

Tutto nasce quando, a Caltanissetta nel 1854, fra’ Girolamo, un frate cappuccino dell’abbazia di Santo Spirito, in punto di morte volle donare a don Salvatore Averna un’antica pergamena su cui era scritta la ricetta di una bevanda a base di erbe, che i cappuccini del convento preparavano per curare febbri malariche, catarro intestinale e disturbi digestivi. Quello del francescano fu un segno di riconoscenza nei confronti di don Salvatore, ricco commerciante di tessuti molto noto in città e generoso benefattore dell’abbazia. Averna pochi anni dopo acquistò, in contrada Xiboli a pochi chilometri dalla città, i resti dell’antico convento cinquecentesco dei Cappuccini, in stato di abbandono da oltre 250 anni, per trasformarlo in dimora di campagna, dove trascorrere le vacanze. Fu lì che don Salvatore iniziò a lavorare sulla ricetta dell’”elisir cappuccino”, prima prodotto soltanto per familiari e amici, poi, dal 1868, battezzato con la prima etichetta.
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Lo stabilimento Averna (foto Stephen Woolverton)

Così l’ex convento divenne la distilleria dove si iniziò a produrre l’amaro Averna. Dopo la morte di don Salvatore e dei suoi fratelli, Francesco Averna rimase il solo erede dell’azienda, che aveva una produzione ancora molto limitata. Ma la fama del liquore iniziò a diffondersi, fino ad arrivare al re Umberto I, che nel 1895 invitò Francesco Averna a palazzo reale, a Roma, dove lo nominò fornitore della Real Casa, a cui seguì il “Brevetto della Real Casa” da Vittorio Emanuele II nel 1912. Da allora iniziò la lunga ascesa degli imprenditori siciliani che proseguì con il rilancio negli anni Cinquanta, dopo la guerra, fino ad arrivare ai nostri giorni. Oggi, lo stabilimento ingloba i resti dell’antico edificio cinquecentesco diventato un museo, che ha negli ultimi anni ampliato le visite grazie a Le Vie dei Tesori, il festival che ogni anno trasforma le città siciliane in musei diffusi. Nel museo aziendale – spiega Titti Marchese, assistente di alta direzione nell’azienda Averna per 32 anni, e adesso consulente esterna con Campari – si possono ammirare gli antichi macchinari usati da don Salvatore per la produzione del liquore. “C’è il mortaio, usato per triturare le erbe – racconta Marchese – poi le riempitrici, che servivano a riempire le bottiglie prima dell’imbottigliamento, poi il distillatore e il torchio usato per spremere il macerato”.
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Riempitrice manuale

L’amaro nasce dall’infusione di una trentina di ingredienti, tra erbe, radici, scorze, spezie che vengono messe a macerare in alcol, alla fine di questa fase si ottiene l’infuso, che è la parte alcolica aromatizzata. “Per ottenere dal macerato l’infuso – prosegue Marchese – una volta si usava il torchio, poi negli anni ’80 si è passati alla centrifuga ad alta velocità, metodi più moderni che comunque lasciano sempre inalterata la naturalità del prodotto”. I grandi saloni della fabbrica con archi a tutto sesto custodiscono inoltre terraglie, le giare in terracotta, oggetti in rame, le etichette per le bottiglie e i tanti riconoscimenti internazionali ottenuti dall’azienda. Un sorso di Sicilia gustato in tutto il mondo.