La gigantesca cisterna sotterranea nel cuore di Palermo
Sotto Palazzo Marchesi si trova il più grande ipogeo finora scoperto nel sottosuolo del capoluogo. Un enorme ambiente che poteva contenere fino a un milione di litri d’acqua
di Giulio Giallombardo
17 Febbraio 2022
È il più grande antro sotterraneo del centro storico di Palermo finora scoperto. L’enorme cisterna sotto il cortile di Palazzo Marchesi, alle spalle di Casa Professa, è un gigantesco ipogeo a 10 metri dal sottosuolo, che arrivava a contenere fino a un milione di litri d’acqua. Uno spazio scoperto alla fine del 1980 dal geologo Pietro Todaro, tra i più grandi esploratori della Palermo sotterranea, che ha individuato la cisterna insieme al più antico mikveh, bagno rituale ebraico attiguo al grande ipogeo.
“È uno spazio molto interessante – racconta Todaro a Le Vie dei Tesori – che nasce come cava di pietra, forse in epoca medievale, poi riadattata a cisterna. L’ingresso è stato realizzato con uno scavo del 1940 per sfruttare l’ambiente come rifugio antiaereo e nel fondo della cisterna ancora adesso affiora acqua di falda il cui livello oscilla. Per rendere visitabile lo spazio, recentemente è stato costruito un camminamento sopra l’acqua in totale sicurezza”. La cisterna fu svuotata nel 1992 con l’avvio dei lavori di recupero e restauro di un’ala del quattrocentesco Palazzo Marchesi, che ospitò il Tribunale dell’Inquisizione, nel Cinquecento, sotto Carlo V, e un tempo anche sede dell’ex Opera Pia asili rurali e urbani. Così, dopo una prima esplorazione nel 1987 il geologo palermitano completò i rilievi della cisterna, insieme a Gianfranco Purpura, docente di papirologia e studioso di archeologia subacquea, che ha spesso accompagnato Todaro nelle sue esplorazioni, coordinando l’interpretazione dei dati archeologici e storici.“Sono due enormi camere comunicanti che portano i segni caratteristici di una cava sotterranea – scrive Todaro nel suo volume ‘Il sottosuolo di Palermo’ – . Divenne successivamente inutilizzabile per la presenza della falda acquifera che già inondava il fondo e fu trasformata ed utilizzata come cisterna per l’acqua potabile. Sul tetto sono praticati quattro pozzi circolari che comunicavano con il soprasuolo e permettevano l’immissione ed il prelievo dell’acqua. Due grossi ed alti piedritti, uno a sezione quadrata largo due metri, l’altro semicircolare di diametro di 1,60 metri, lasciati a sorreggere il banco calcarenitico che fa da tetto, si presentano ben rifiniti e integri nella loro struttura”.Che la cisterna abbia origini molto antiche lo dimostrano anche tracce di un affresco trovato in uno dei due ambienti del grande spazio sotterraneo. “L’architettura rotondeggiante è ben rifinita delle pareti dell’altro ipogeo, escludendone lo stesso uso caveale, – scrive Todaro nella ‘Guida di Palermo sotterranea’ – fa supporre invece una preesistente funzione di culto confermata dalla presenza sulla volta di resti di un affresco che rappresenterebbe l’immagine della Beata Vergine con Bambino. Che i due ipogei siano stati successivamente trasformati in una cisterna è dimostrato dalla struttura delle pareti ricoperte fino al soffitto da uno spesso strato impermeabile di cocciopesto, prova definitiva dell’uso idrico cui furono destinati i due locali”.Ma la cisterna non è l’unico ipogeo presente nella zona. Tutta l’area di Casa Professa è stata in passato sede di numerose cave di pietra sotterranee, dalle quali si potevano estrarre blocchi di calcarenite di eccellenti caratteristiche tecniche. Sotto la chiesa del Gesù, si trova una cripta identificata come l’Antro di San Calogero, in riferimento all’antica chiesa ipogea di San Calogero in Thermis che, secondo la tradizione, fu dimora e luogo di preghiera del Beato Calogero vissuto a Palermo nel quarto secolo dopo Cristo. La cripta è composta da due vani, che ospitano piccoli altari, nicchie, tracce di affreschi e, addossati alle pareti, i colatoi dove venivano deposti i resti dei confratelli gesuiti.(Foto Pietro Todaro)