Le menti geniali di Cerasella: quando le Madonie fecero scuola
25 Gennaio 2021
È morto don Calogero La Placa, già arciprete di Petralia Soprana, che all’inizio degli anni Settanta realizzò un centro pionieristico per ragazzi con un’intelligenza superiore alla media
di Giulio GiallombardoUn’avventura didattica pionieristica nella Sicilia degli anni Settanta. Un laboratorio pedagogico che incuriosì il mondo, dove ragazzi speciali crescevano e imparavano, sperimentando la libertà. Un sogno diventato – seppur per poco – realtà, realizzato da un sacerdote che trasformò le Madonie in oasi di avanguardia educativa. L’eredità che lascia don Calogero La Placa, già arciprete di Petralia Soprana, morto ieri a 96 anni, è racchiusa nella memoria di quello che fu ribattezzato “Villaggio Maurizio Carollo” o “del superdotato”, un centro per ragazzi con un quoziente intellettivo più alto della media, fondato in contrada Cerasella, alle porte del borgo madonita.
Un’esperienza innovativa per l’Isola, iniziata nel 1967 e conclusa nel 1975, destinata ai bambini e ragazzi che avevano superato una rigorosa serie di test selettivi curati da psicologi ed esperti del Mensa, associazione internazionale riservata a chi possiede un alto quoziente intellettivo e di cui don La Placa fu uno dei primi componenti italiani. Giovani oggi definiti “plusdotati”, figli di un percorso didattico rivoluzionario per l’epoca, che attirò in Sicilia esperti da tutto il mondo. Perfino l’antropologa statunitense Margaret Mead, alla fine degli anni Sessanta, fu per qualche settimana ospite a Cerasella, insieme alla sua allieva di origini siciliane Josephine Danna, autrice di alcune pubblicazioni sul villaggio mai tradotte in Italia.A Cerasella, la parola d’ordine era “libertà”, associata sempre a “responsabilità”, due punti fermi per don La Placa. Non si studiava su libri di testo scolastici, ma si imparava direttamente dai volumi presenti in biblioteca. Niente voti, interrogazioni o correzione di compiti in classe, “per non turbare la creatività degli allievi”, ha ricordato uno degli ex piccoli “geni” che frequentò il centro per pochi anni. C’erano corsi di musica tenuti da un’insegnante statunitense, si studiava chimica in un laboratorio attrezzato per gli esperimenti, e s’imparavano anche l’inglese e il francese con insegnanti madrelingua. Nel villaggio c’era anche una piccola fattoria, con mucche da mungere per la produzione di formaggi; si praticavano attività sportive in palestra, ma anche all’esterno tra sci ed equitazione. I ragazzi avevano messo su anche una piccola orchestra che si esibiva durante i matrimoni celebrati a Cerasella, e c’erano anche corsi di scacchi tenuti da un insegnante venuto dal Nicaragua.“La giornata iniziava presto, con sveglia alle 6,30 – racconta Antonino Rando, ex commercialista palermitano, allievo a Cerasella quando aveva 13 anni – si faceva colazione insieme e poi ci si divideva tra studi, attività didattiche, sport, escursioni. Si svolgevano diverse attività contemporaneamente, spaziavamo in tutte le discipline, e don La Placa teneva a lasciarci liberi di sperimentare in base alle nostre attitudini. Facevamo riunioni periodicamente in cui ci confrontavamo su quello che avevamo imparato e la sera ricordo che stavamo tutti insieme a cantare e suonare”.Tra gli ex allievi di Cerasella, c’è anche Luciano Di Gangi, ex sindaco di Bompietro, che dopo aver frequentato il centro, proseguì anche come insegnante di educazione fisica. “Siamo stati insieme a don La Placa fino all’anno scorso, quando abbiamo fatto una rimpatriata con tanti ex allievi – ricorda Di Gangi – . Nonostante gli anni, lui continuava a progettare e a sognare nuove iniziative per la sua Petralia. Io credo che Cerasella sarebbe potuta diventare un polo di riferimento per le scienze psicopedagogiche, come Erice lo è diventata per le scienze fisiche. Le Madonie hanno perso un’importante occasione di sviluppo”.Innamorato di Cerasella è anche lo scenografo e documentarista Filippo Pecoraino, che ha lavorato a un cortometraggio dedicato all’esperienza didattica del centro madonita. “Conoscevo bene don La Placa, ero stato con lui fino a poco tempo fa, subito dopo la prima ondata della pandemia – racconta – . Mi portò a vedere quelle che erano le vecchie aule del villaggio, adesso in abbandono. La sua fu un’idea clamorosa, in un’epoca in cui nell’entroterra siciliano si viveva in condizioni difficilissime. Un modello didattico all’avanguardia, di cui si avevano esempi solo in Nord Europa o negli Stati Uniti”.Oggi il Villaggio Cerasella è un ristorante, che si era rilanciato prima della pandemia e adesso costretto alla chiusura. Le casette dove prima alloggiavano gli allievi, sono diventati bungalow di un resort che ha scommesso sul rilancio turistico del territorio. Del sogno di don La Placa sono rimasti solo i ricordi di chi ha fatto parte di questa avventura. Oggi è il giorno dei funerali celebrati nella Chiesa Madre di Petralia Soprana dal vescovo di Cefalù, Giuseppe Marciante. “Era una scuola aperta a tutte le esperienze della vita – raccontava don La Placa – . Discutevamo di tutto senza pregiudizi, per far sì che i ragazzi scoprissero ciò per cui erano portati, in base alla loro fantasia e intelligenza”.