Le Vie dei Tesori, a tu per tu con gli studenti-ciceroni

Sono giovani e con tanti sogni nel cassetto i protagonisti dell'alternanza scuola-lavoro che accompagnano i visitatori durante il festival. Abbiamo incontrato alcuni di loro per conoscerli più da vicino

di Federica Certa

24 Settembre 2018

Per il suo “debutto” nel mondo del lavoro a misura di studente ha scelto uno dei gettonatissimi set del commissario Montalbano, le stanze che pullulano di surreale e concitata vita sbirresca, l’ufficio del questore di Montelusa, i corridoi che risuonano delle imperscrutabili “perle” di devota alienazione di Catarella.Greta Corallo, 18 anni, prossima al diploma all’istituto tecnico “Quintino Cataudella” di Scicli, indirizzo turistico, è una ragazza pragmatica. Una delle tante che quest’anno partecipa alle Vie dei tesori – 10 le città siciliane e 300 i luoghi del circuito disegnato per questa dodicesima edizione – nell’ambito dei progetti di alternanza scuola-lavoro; svela luoghi semi-dimenticati della sua città, accompagna turisti stranieri e visitatori indigeni in un viaggio di scoperta lungo le tappe della memoria, della bellezza, dello stupore, a fianco di tanti volontari che fanno un po’ da guide e un po’ da tutor.Tanto pragmatica, Greta, che non ha avuto dubbi sul sito da scegliere: “Sapevo che la serie di Montalbano è seguita in tutto il mondo e volevo confrontarmi con una realtà viva, che incuriosisse la gente, anche chi di solito non è particolarmente attento all’arte e alla cultura. Nei primi due weekend abbiamo avuto più di 400 visitatori, 80 solo la scorsa domenica, anche australiani e giapponesi. Abbiamo iniziato a studiare con volontari e sui loro appunti giorni prima che cominciassero le lezioni”, e per il prossimo fine settimana, da venerdì 28 a domenica 30, con Silvana, Anita e Francesca, Greta sarà ancora a presidiare il primo piano di Palazzo Iacono, dove nella fiction è stata ricavata la stanza del fumantino, “felpato” capo della polizia, al secolo l’ufficio del sindaco Giannone.

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Studenti dell’istituto “Quasimodo” di Messina

“Spieghiamo i trucchi cinematografici che fanno apparire lo spazio molto più ampio – rivela la studentessa – e raccontiamo la storia del grande arazzo realizzato come copia, rivisitata, del Mosè salvato dalle acque dipinto nel ‘500 da Paolo Veronese. Al piano terra, poi – prosegue – ci sono i nostri compagni che mostrano i locali, abitualmente occupati dagli impiegati comunali, convertiti in commissariato”.Sono circa 40 gli studenti impegnati sul territorio di Scicli, da Palazzo Spadaro alla chiesa di Santa Teresa, dall’antica farmacia alla chiesa di San Matteo, riaperta per il festival, al Museo del costume. “Anche i nostri concittadini – aggiunge Greta – hanno accolto con grande entusiasmo la manifestazione. È un’occasione importante per conoscere luoghi familiari ma spesso poco conosciuti. Ed è soprattutto un’iniziativa mirata, con obiettivi chiari e concreti, per noi studenti”. Un suggerimento per una gita a Scicli? “Fate una passeggiata nel centro storico assaggiando un pezzo di cucciddato, la nostra focaccia con salsiccia, strutto e ricotta. E poi venite a trovarci in Municipio. Anzi, in commissariato”.Ha 17 anni e il futuro stampato in testa chiaro come una mappa geografica, Stefano Avola, allievo dell’ultimo anno del classico “Umberto I” di Ragusa – appassionato di storia classica e delle drammatiche vicende della Sicilia di fine millennio, che si ribella alla mafia – pronto ad ascoltare la voce impetuosa di una coscienza civica tutt’altro che acerba, magari tra le fila della magistratura.“Con altri cinque ragazzi abbiamo ‘adottato’ la chiesa di Sant’Agnese – racconta – un tempo la più importante della città, rimasta chiusa per oltre 25 anni, edificata sulla struttura originaria della chiesa cinquecentesca di San Giovanni Battista, distrutta dal terremoto del 1693”. Stefano ha preso il suo ruolo – un po’ studente, un po’ guida – con la serietà di un funzionario prussiano. E confessa che “è commovente vedere tanti ragusani che vengono a visitare la chiesa e si mettono quasi a piangere, ricordando quando era ancora aperta. Io sono sempre cresciuto nel quartiere antico di Ragusa, tra i vicoli e le stradine di Ibla, e da bambino giocavo nello spazio antistante. Qui è casa mia, e sono felice che colpisca tanta gente, stranieri e non solo”.All’interno, Stefano indica le quattro cappelle, gli elementi architettonici aggiunti nel Settecento, la tela che raffigura la vita e l’incoronazione della santa trafitta con una spada come un agnello sacrificale. “Ed è una grande soddisfazione – aggiunge il ragazzo – sapere che il prossimo 21 gennaio la chiesa verrà riaperta e definitivamente restituita alla comunità. La cultura può e deve salvare la nostra terra. Non abbiamo niente da invidiare e non ci manca nulla, dobbiamo solo prendere consapevolezza del potere che l’arte e la storia hanno anche sul piano dello sviluppo economico. E il festival ne è la dimostrazione”.
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Ylenia Capillo

È una delle punte di sfondamento della manifestazione, Messina, con le sue 5000 presenze nei primi due week-end (1500 in più dello scorso anno), tallonata ad un soffio dalle 4500 di Trapani (ve ne abbiamo parlato in questo articolo). Ylenia Capillo, 16 anni – studentessa del terzo anno allo scientifico “Quasimodo”, aspirazioni da psicologa o da scienziata in divisa dei Ris – salta su e giù dal pulmino della scuola all’auto di mamma, dividendosi fra la Galleria d’Arte moderna e contemporanea “Lucio Barbera”, l’istituto agrario “Cuppari”, già castello, poi monastero, e la Villa De Pasquale di Contesse, voluta dall’eclettico imprenditore Eugenio, fondatore della fabbrica di essenze di agrumi e gelsomini conosciuta in tutto il mondo.“E’ la mia preferita – dice Ylenia con un sorriso da giovane sognatrice – perché mi proietta nel passato di eleganza e raffinatezza del primo Novecento, quando donna Natalia si muoveva tra i bei mobili della camera da letto, apriva il grande armadio e sceglieva i suoi splendidi abiti e cappelli, molti dei quali ancora perfettamente conservati, altri purtroppo, come gli arredi, smarriti o rubati. Le ‘Vie dei tesori’ è un’esperienza formativa senza precedenti – prosegue la ragazza – . Ho già partecipato ad altri programmi di alternanza scuola-lavoro e all’inizio questo progetto mi lasciava un po’ perplessa, perché non proprio attinente ai miei studi scientifici. Ma l’organizzazione, la dedizione delle otto guide presenti nei tre siti che ho avuto assegnati con altri 14 compagni, la scelta dei luoghi da aprire al pubblico, molti solitamente chiusi e poco noti, mi hanno fatto ricredere. Mi piacerebbe partecipare anche nel 2019, e magari far visitare Villa Roberto, che per quest’edizione è rimasta aperta un solo giorno. Un luogo che si è già rivelato molto suggestivo, con il suo meraviglioso giardino, per i messinesi ma anche per i molti turisti francesi e tedeschi ospiti di quest’edizione”.Con Ylenia, Marina Cacciola, di un anno più grande, studentessa dell’indirizzo tecnico per il turismo, ama Antonello da Messina e gli impressionisti francesi. Vuole fare la storica dell’arte o la critica teatrale, andare via o restare, poco importa. Ma su una cosa Marina non vuol sentire ragioni: “Abbiamo tanto qui, ma non lo sappiamo. Molti miei concittadini non conoscevano neanche l’esistenza della Galleria, ne sentono parlare per la prima volta proprio grazie alle Vie dei tesori. Abbiamo già dimenticato tante nostre risorse preziose e continuiamo a farlo – sospira – E’ bello pensare di poter salvare qualcosa dal buco nero dell’ignoranza”.Opere di pittori siciliani e non, alcune sculture, l’archivio donato alla città dal figlio di Quasimodo e dedicato alla memoria del premio Nobel per la letteratura nel ’59, la galleria aperta nel ’98 è per Marina e i suoi compagni di strada – altri 5 studenti e 4 guide volontarie – una “bellissima scoperta”.“Ho già partecipato a progetti di alternanza scuola-lavoro – sottolinea la ragazza – lavorando in un’agenzia di viaggi e in una società di servizi turistici. Ma nessun’altra esperienza può essere paragonata al festival. Quello che sto imparando in questi giorni è impagabile. Non so se sarò ancora a Messina l’anno prossimo, ma mi piacerebbe poter mostrare ai visitatori un luogo speciale come il sacrario di Cristo Re, aperto anche in quest’edizione della rassegna. È un simbolo della città, ma a pochi di noi capita di fermarsi a pensare al suo valore: raccoglie i resti e le lapidi funebri dei caduti della prima e della Seconda guerra mondiale, che riposano nel santuario. Non può lasciare indifferenti”.