Letizia Battaglia, una lezione di vita e fotografia: “La bellezza vince su tutto”
Un ricordo dell’artista durante un incontro con i giovani allievi del Centro Sperimentale di Cinematografia ai Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo. Un’occasione per raccontarsi, con il suo stile diretto fuori dagli schemi
di Maria Laura Crescimanno
14 Aprile 2022
È scomparsa una indiscussa maestra di fotografia e, per molte donne ed artiste, anche di vita. Questa mattina la cerimonia laica nell’atrio di Palazzo delle Aquile, dopo la lunga notte di camera ardente che rimarrà nel cuore dei palermitani (ve ne abbiamo parlato qui), cui seguirà la cremazione secondo le sue volontà: Letizia Battaglia infatti aveva chiesto alle figlie che le sue ceneri fossero disperse nel mare di Palermo.
Ma a noi piace ricordarla viva, sui banchi della sede di Palermo del Centro sperimentale di Cinematografia dei Cantieri della Zisa, mentre con la sua energia e chiarezza di vedute spiega ai giovani allievi il senso del mestiere e dell’impegno civico del fotografo.Andiamo indietro alla primavera del 2014, quando già i Cantieri Culturali della Zisa erano diventati uno dei suoi luoghi di lavoro. Sulla cattedra, davanti ad un folto gruppo di giovani studenti del corso di documentario, c’è un docente del tutto eccezionale, titolo della lezione “Leggere il reale”. Pochi giorni prima era stata la volta di un altro grande il siciliano Ferdinando Scianna. Il volto intenso è quello di Letizia Battaglia, classe ’35, molti premi internazionali, tra i quali il prestigioso Eugene Smith, una carriera più luminosa all’estero, tra Francia e Stati Uniti piuttosto che in casa sua, la sua Sicilia, cui è legata da un impegno civile senza eguali. Lei non si è mai fatta da parte, un passato in politica come assessore al verde cittadino e come deputato regionale, ma a segnarla e a darle l’appellativo di fotografa della mafia, che pure non le piaceva tanto, erano stati gli anni ’70, i tremendi anni di piombo delle stragi di mafia in Sicilia vissuti in prima persona come giovane fotografa per il giornale L’Ora.Ma Letizia non ha mai smesso di lottare. Battaglia appunto è rimasto il suo destino. La sua master class al Centro di Cinematografia, allora direttore didattico Roberto Andò, è l’occasione per raccontarsi, con il suo stile diretto ed il linguaggio fuori da ogni schema. Una vita dietro all’obiettivo, una carriera spesa a cercare la bellezza e la giustizia attraverso le immagini.“Il fotografo è una persona sola che va per il mondo e cerca di catturare il sé dentro al mondo che incontra, ognuno poi lo racconta a modo suo, ma è essenziale lasciare fuori la vanità, la banalità dell’enunciazione della bellezza o della crudeltà attorno a noi – esordisce Letizia – . Per diciassette anni ho fotografato la mafia, una lunga lista di morti ammazzati da quando giravo per le strade della Sicilia con Franco Zecchin, dai presidenti della Regione, ai poliziotti, alle mogli e madri dei morti di mafia. Poi un giorno, quel fatidico giorno della strage di via D’Amelio sono corsa sul teatro dell’orrore e non sono riuscita a scattare, pur sapendo che quello era il mio dovere di cronista: il dolore era troppo forte, avevo raggiunto il mio colmo”.“Per anni ho sognato di bruciare il mio archivio di morti ammazzati – continua – a 72 anni avevo anche sentito il bisogno di liberarmi di questo pesante fardello, allora ho iniziato a sovrapporre a quelle immagini terribili altri punti di vista, una donna nuda, un fiore, per spostare il punto focale dalla morte alla vita”.Oggi, alla luce di guerre ed atrocità documentate dai media in presa diretta, la lezione di Letizia ci pare incredibilmente attuale, quando spiega: “Ad un fotografo alla fine non restano che le proprie immagini, e la consapevolezza di aver raccontato storie grandi e piccole, ma di averlo fatto con tutto il suo cuore, allora la bellezza trapela e vince su tutto. Ciascuno di noi zappa l’orto come può, e lo fa con i propri attrezzi. Adesso, oltre gli ottant’anni vedo attorno a me le stesse cose di sempre, ma spero che le mie immagini serviranno a chi vorrà ancora combattere. Nella mia vita mi hanno sostenuta i poeti, uomini e donne come Pasolini, James Joyce, Marguerite Yourcenar, Ezra Pound, Freud e Che Guevara. Eroi e sognatori, che hanno lavorato per un mondo un pò più giusto: sono loro che mi hanno sempre fatto da scudo per andare avanti”.(La prima foto in alto è di Riccardo Campolo)