Negli ultimi anni anche Palermo ha scoperto la grande potenzialità di cui può farsi portatrice la street art. Nella nostra città il fenomeno ha raggiunto la massima visibilità a partire dal luglio del 2017, grazie alla realizzazione del grande murales in cui sono ritratti i giudici Falcone e Borsellino (riproduzione di una foto di Tony Gentile) realizzato dagli artisti siciliani Rosk e Loste sulla facciata dell’istituto nautico Gioeni Trabia, che dà sul vecchio porto della Cala.Da allora in poi, altri murales sono stati realizzati all’interno del quartiere Danisinni, con il progetto Rambla Papireto, culminato con la realizzazione del grande murales da parte dall’artista argentino Guido Palmadessa, posto sul retro della chiesa di Sant’Agnese. E ancora all’Albergheria, grazie agli artisti Igor Scalisi Palminteri, Alessandro Bazan, Fulvio Di Piazza, Andrea Buglisi e CrazyOne (ve ne abbiamo parlato qui), e alla Kalsa, quartiere in cui si stagliano tre bei murales sulle pareti di edifici di edilizia popolare.

Il murales dedicato a Pippo Fava
In quest’ultimo caso, i murales sono nati nell’ambito del progetto denominato
“Pangrel 2018”, col preciso intento di sensibilizzare i fruitori sui
temi dell’integrazione e dell’accoglienza. Tuttavia, è bene precisare che questo fenomeno a Palermo non è nato come semplice fatto estemporaneo, ma ha visto la propria genesi nel 2014, proprio all’interno del quartiere meno battuto dai turisti e dagli stessi palermitani, ovvero Borgo Vecchio. Infatti, i murales che si possono ammirare tra i vicoli e gli edifici sgarrupati di questo quartiere, sono tra i più insoliti e giocosi.Si tratta di opere nate grazie al
progetto “Frequenza 200” e che ha visto protagonisti, nel corso di laboratori pomeridiani di pittura, i bambini della zona. Fautore dell’iniziativa fu Ema Jones, artista comasco residente a Palermo. Ma nel progetto vennero anche coinvolti altri artisti, come il viareggino
Aris, l’abruzzese
Alleg e i palermitani
Bloom e Nemo’s. L’iniziale invenzione della onlus Arteca si era trasformata in una grande fattoria a cielo aperto (Borgo Vecchio Factory) i cui esiti sono ancora visibili in un documentario che è stato esportato anche all’estero.Tuttavia, l’apice di questa grande operazione di
street art presente al Borgo, oggi è visibile in prossimità della via Crispi, alle spalle del ristrutturato hotel Ibis; infatti, dentro il posteggio della struttura alberghiera, sette artisti di levatura internazionale hanno realizzato, in 800 metri quadrati,
cinque grandi opere che affrontano il tema della liberazione da tutte le forme di sopraffazione. Il primo murales, realizzato da
Corn79, intende commemorare il trentennale della morte del giornalista catanese
Pippo Fava, facendo dissolvere la figura di un anonimo mafioso in geometrie colorate e in un mandala, simboli del divenire e della speranza.

Particolare di un’opera di Borgo Vecchio Factory
La seconda immagine è stata realizzata da
DMS, un artista di Belo Horizonte che ha raffigurato il dittatore coreano Kim Jong, come simbolo della violazione dei diritti umani, per il controllo delle multinazionali delle case farmaceutiche e per gli atteggiamenti maschilisti. Il terzo murales è un vero manifesto iperrealista; in esso,
il romano Thom e il fiorentino Zed1, hanno dato vita ad una grande matriosca russa in forma tentacolare, quasi a voler dimostrare, in chiave grottesca, la condizione in cui si trova a vivere nella contemporaneità l’uomo, costretto, come accade ai pupi siciliani, ad essere soggiogato da chi detiene il potere di controllo.La quarta immagine è opera del
londinese Hunto, il quale ha prodotto su un muro un gioco d’incastri con elementi nascosti e da scoprire, in cui la vivacità dei colori rappresentano la fiducia nella volontà umana di poter affrancarsi dal grigio meccanismo del controllo. Infine, un vero e proprio piccolo capolavoro è quello che è stato realizzato dalla forza creativa del
nisseno Rosk. Il murales rappresenta in maniera plastica delle mani che tentano di opprimere il volto di uomo. Il messaggio è chiaro: la libertà è un dovere, una legge morale interiore a cui l’uomo non può sfuggire, anche se è spesso soggiogato nel corpo e nella mente.
*Docente e scrittore