Palermo, chiesa anglicana Holy Cross
di Redazione
20 Ottobre 2021
La chiesa di Santa Croce è il cuore delle attività religiose della comunità anglofona di Palermo. Al suo interno si trova la cappella commemorativa delle famiglie Whitaker e Ingham. Fu costruita tra il 1871 e il 1875 grazie a Joseph Whitaker e Benjamin Ingham junior, che vollero fabbricare a loro spese un tempio in cui celebrare il culto secondo il rito anglicano. La chiesa presenta una perfetta unione di stili diversi: l’esterno e gli elementi architettonici verticali ricordano il gotico tipico del Nord Europa, mentre i mosaici dorati dell’abside sono d’ispirazione bizantina. Sulle vetrate, nel prospetto principale del muro ovest, sono rappresentati la Vergine Maria, Maria Maddalena e San Giovanni, testimoni ai piedi della Croce. Nel grande rosone che li sovrasta è raffigurata “L’adorazione dell’Agnello” da parte degli angeli. Durante la Seconda guerra mondiale, dopo l’invasione della Sicilia nel 1943, fu usata dalle forze statunitensi. L’organo della chiesa, costruito da Walker’s di Londra, è stato suonato per la prima volta nell’ottobre 1903 e per celebrare il suo centenario è stato restaurato nel 2003.
Che ci fa un musicologo e uomo di teatro in giro per la città alle quattro del mattino? Dice buongiorno alla notte, assaporando il silenzio, sentendo profumi di fiori e di terra, scoprendo scorci straordinari, aspettando l’apertura dei primi bar
di Giovanni MazzaraI Quattro canti, o piazza Villena o Ottagono del Sole o Teatro del Sole, così detta perché a tutte le ore del giorno uno o più dei canti era baciato dalla luce del sole.Ma torniamo alla descrizione di Enrico Onufrio nella sua Guida pratica di Palermo: “E adesso, o amico forestiero, se ti piace, entriamo in città. Entriamoci per Porta Macqueda, e dopo aver percorsa per metà la via Macqueda, bisogna fermarsi: fermarsi ed ammirare. Difatti quest’ottagono dove noi siamo, è qualche cosa di più che il centro della città: è un monumento d’arte, caratteristico, originale, unico forse al mondo. I quattro canti che accerchiano la piazza hanno un’architettura uguale d’ordine dorico, ionico e composito. (…) E che cosa sono per i palermitani i Quattro Cantoni? Sono ciò che per i romani è Piazza Colonna, ciò che per i Milanesi è la Galleria, ciò che per i Veneziani è la piazza San Marco”.“Andando in giro per la città non si può fare a meno di passarvi quindici o venti volte in un giorno. E’ là che gli strilloni vendono i giornali, è là che si sbrigano gli affari, è là che si organizzano le dimostrazioni, è là che si fanno le carnevalate. Quella piazza è la conca dove sgorgano tutte le acque; è il cuore dove affluiscono tutte le arterie. In tutte le ore del giorno, faccia bel tempo o piova, è sempre piena di capannelli o di gruppi, di persone che discutono, di sfaccendati che fumano, di studenti che si agitano, di strilloni che vendono il foglio, di uomini d’affare, di zerbinotti, di questurini, di pontonieri, mentre su quella confusione di teste chioccasno le fruste dei cocchieri che s’incrociano con le loro vetture in quel grande quadrivio”.