Palermo ferita dalle bombe, tra degrado e rinascita

Al rinnovamento del centro storico, fanno da contraltare i ruderi dell'ultimo conflitto mondiale. Pezzi di una città ancora da risanare

di Antonio Schembri

29 Giugno 2019

Vicoli tornati sicuri e percorribili anche in orari notturni. Nuove aree pedonalizzate. Un’esplosione di locali gastronomici e punti d’aggregazione che pulsano non solo nelle ore notturne e nel fine settimana. E, finalmente, turisti, tanti, da mezzo mondo. Segnali del rinnovamento avviato a Palermo, a cui fanno da contraltare i numerosi che ancora si attendono da troppo tempo su altri fronti. Ma se si prova a ricordare come il centro storico del capoluogo siciliano, uno tra i più vasti e complessi d’Europa, si presentava fino a meno di 20 anni fa, è ormai facile riconoscere il cambio di direzione e i non pochi limiti già superati dalla città più sincretica d’Italia.

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Bombardamenti su Palermo in una foto storica

Uno, ancora grosso, perdura però da 76 anni. Ovvero dal 9 maggio del 1943, data del bombardamento più terribile subito da Palermo. È lo scenario di una parte del centro storico dove aree rase al suolo si avvicendano con edifici sventrati. Un paesaggio urbano ancora legato alla catastrofe della Seconda Guerra Mondiale che oggi conferma il fascino di una città capace di mescolare, con contraddizioni macroscopiche, rinnovamento e stasi, segnali d’Europa e atmosfere da Medio Oriente; e che offre anche una bellezza tragica, che giace insepolta e impietosamente esposta da così tanto tempo che molti cittadini vi si sono come assuefatti, senza farci quasi più caso. Una situazione su cui occorre accendere i riflettori: chiedendo al Comune nuovi interventi su ciò che attiene al patrimonio immobiliare pubblico e favorire, sul resto, le iniziative dei privati. È il messaggio rilanciato nei giorni scorsi al convegno “Palermo al Centro”, allestito dall’Ance, l’associazione confindustriale dei costruttori edili, nella sede di palazzo Forcella De Seta.
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Un momento dell’incontro

Un’occasione che ha riunito vecchie e nuove leve palermitane del mondo della progettazione, a cui è seguita un’escursione – una sorta di “pellegrinaggio” aperto a tutti – tra le rovine, a rischio di crollo, con tanto di caschi di protezione. Tra i promotori, Marcello Panzarella, ordinario (oggi in pensione) di composizione architettonica e urbana all’Ateneo di Palermo: “Il patrimonio di bellezza della città conta purtroppo molti esempi di abbandono. Edifici che furono meravigliosi, come il Palazzo Papé Valdina, a 80 passi dal sagrato della Cattedrale, distrutto, mai più recuperato, nonché svariati spazi annientati dalle bombe a scoppio ritardato e case in perenne rovina, con famiglie che convivono col rischio di crolli, balconi senza lastra e finestre senza vetri”.Complessivamente, specifica il progettista, “del vasto centro storico di Palermo, più di 11 ettari sono ancora in rovina, una superficie pari al 4,5 per cento dell’intera area”. Una ferita aperta che “riguarda ampie aree storiche che includono Piazza Garraffello, Piazzetta Artale, la salita Castellana, brevi tratti di via Alloro e ancora la via del Celso, la via del Protonotaro di fronte alla Cattedrale e diversi vicoli dell’Albergheria, per diversi chilometri di lunghezza lineare”.
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Ruderi in via Alloro (foto Marcello Panzarella)

Negli ultimi anni il progettista ha portato avanti anni un’analisi tecnica sull’area bombardata del centro storico: “Se consideriamo un’altezza media degli edifici distrutti o pericolanti pari a 10 metri, cioè un piano terra e due elevazioni (ma ce ne sono anche fino a 5 o 6 elevazioni), otterremmo una volumetria complessiva di almeno 1 milione e 100mila metri cubi”. Insieme alla prospettiva di un ulteriore incremento di appeal del centro storico, “tutto ciò si tradurrebbe in qualcosa come 1.900 nuove unità abitative, di superficie compresa tra i 50 e i 60 metri quadrati. E la possibilità di attivare nuova occupazione nel ramo delle ristrutturazioni, per almeno 1.800 architetti”, ipotizza Panzarella.Questione problematica, però. Perché – come evidenziato durante l’evento Ance – investe l’argomento del Ppe, il piano particolareggiato per il centro storico di Palermo, commissionato 26 anni fa all’urbanista bolognese Pier Luigi Cervellati. Strumento considerato da molti architetti palermitani inadeguato alla complessità di un centro storico come quello della città chiamata “tutto porto” dagli antichi. A differenza del Piano programma progettato nel 1979 da Giuseppe Samonà, tra le figure più importanti dell’architettura italiana del Novecento, che, una volta redatto – erano gli anni in cui il “sacco di Palermo” aveva già prodotto il grosso della sua scellerata speculazione edilizia – venne del tutto ignorato, come rievocato nel corso del convegno. Il Piano di Cervellati – lamentano gli architetti – non avrebbe favorito un reale sviluppo del centro storico, nel quale si contano occasionali iniziative portate avanti da cordate di investitori e sviluppatori privati.
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Giusto Catania

Posizione non condivisa dall’assessore comunale all’Urbanistica Giusto Catania: “Il Piano del centro storico andrebbe invece armonizzato con il nuovo Piano regolatore di Palermo, sul quale lavoriamo – ha detto l’assessore a Le Vie dei Tesori News – . Va sottolineato che proprio grazie a questo Ppe, che ha pur i suoi limiti come tutti gli strumenti pubblici concepiti in decenni precedenti, l’amministrazione di Palermo ha potuto tutelare il centro storico, evitando speculazioni edilizie. È vero che ci sono parecchi interventi da effettuare e l’Ance e gli architetti fanno bene a sollevarne la necessità. Ma adesso questa è una scommessa che si colloca soprattutto nella dimensione imprenditoriale privata. Il Comune è già intervenuto in ampia parte delle operazioni di risanamento attinenti al patrimonio immobiliare pubblico”.
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Palazzo Bonagia

Se in molte porzioni del centro storico di Palermo si contano tristi esempi di degrado, legato soprattutto a una ancora poco diffusa coscienza civica, “è incontestabile – conclude Catania – che la città ha già un suo nuovo volto, su cui puntare ulteriormente: una più estesa pedonalità, tanti bellissimi palazzi risanati e nuovi musei, da quello di Palazzo Sant’Elia alla Gam, trasferitasi dagli angusti spazi del ridotto del Politeama nel complesso formato dall’ex convento francescano della chiesa barocca di Sant’Anna la Misericordiae dall’attiguo Palazzo Bonet”.Luoghi, come diversi altri della Palermo storica, in cui oggi passeggiano frotte di turisti. Ma che potrebbero aumentare di numero. Sull’esempio di realtà che, pur in contesti molto differenti, hanno vissuto momenti anche peggiori. Dalla britannica Coventry, distrutta dalla Luftwaffe di Hitler e ricostruita secondo gli originari criteri a Hiroshima, oggi avveniristica città con un’ordinata viabilità e grattacieli in vetrocemento. Passando per Beirut, dove molti quartieri che la resero tra le più belle città del mondo, oggi vanno recuperando il loro splendore offeso dalla guerra.