◉ ARTE
Quel fiume d’arte che scorre nella Palermo arabo-normanna
Nel quartiere Danisinni, grazie ad un progetto di rigenerazione urbana, riemerge dall’oblio un passaggio pedonale dove un tempo sorgeva la scalinata araba, che collegava il Palazzo Reale con la Zisa. Lo ha realizzato Igor Scalisi Palminteri, ispirandosi alla ricca decorazione musiva della Cappella Palatina e della Sala di Re Ruggero
di Carola Arrivas Bajardi
7 Agosto 2023
di Carola Arrivas Bajardi
Un percorso urbano strategico in un quartiere per anni ai margini, ma che oggi sta rinascendo attraverso l’arte. A Danisinni, che è al tempo stesso centro e periferia di Palermo, all’interno dell’itinerario Unesco arabo-normanno, è stato inaugurato da poco il progetto “Fiume di Vita” che si sviluppa lungo un passaggio pedonale, ancora poco conosciuto, dove un tempo sorgeva la scalinata araba, antico camminamento che congiunge il Palazzo Reale con il castello della Zisa.
Un progetto di rigenerazione urbana realizzato su iniziativa di fra’ Mauro Billetta, parroco della chiesa di Sant’Agnese, con il sostegno economico della Fondazione Federico II e con l’ideazione di Igor Scalisi Palminteri, che lo ha realizzato insieme alle maestranze dell’impresa sociale D.a.r.e. (Danisinni, Arte, Rigenerazione, Eco-sostenibilità).
“Che sia una scala araba lo si percepisce da come entra il vento, nonostante il caldo, qui l’aria è sempre fresca e ci si sta proprio bene”, sottolinea Palminteri. Gli arabi infatti furono ingegneri ambientali ante litteram, esperti di raffrescamento passivo, come dimostrano le torri del vento del Palazzo della Zisa. Secondo l’artista siciliano, maestro delle pitture murarie, questo intervento, che in pochissimo tempo ha avuto grande risonanza, “evidentemente ha un senso e quindi è fondamentale riuscire a fare dei passi successivi”. Ci sono già tutte le condizioni, e probabilmente anche le intenzioni, per continuare in questa direzione rafforzando l’itinerario arabo-normanno a partire dalla “scala araba”.
Per realizzare l’opera Palminteri si è ispirato innanzitutto all’acqua, elemento naturale che da sempre caratterizza questi luoghi un tempo attraversati dal fiume Papireto. Non a caso all’interno del percorso è presente un’edicola con l’effigie di San Giovanni Battista. “Lo abbiamo scelto non solo perché è un santo legato all’acqua, ma anche perché tra i santi è uno di quelli più rivoluzionari. Lui denunciava il potere corrotto del suo periodo, era selvatico, si vestiva solo di pelli, un po’ com’è selvatico questo ambiente di Danisinni”.Palminteri ha tratto ispirazione anche dalla ricca decorazione musiva del Palazzo Reale di Palermo. In particolare si è ispirato alle stelle, al sole e alla luna della Cappella Palatina, cercando di “immaginare gli abitanti del quartiere come delle star”, scardinando così il concetto di “star” come lo intendiamo oggi.
Un’altra fondamentale ispirazione è giunta dallo splendido ciclo musivo della Sala di Re Ruggero con il suo giardino-paradiso. In particolare, i soggetti che Igor ha ripreso – palme da dattero, pavoni, cicogne e leoni – hanno origine da temi iconografici antichissimi. Di ispirazione orientale e addirittura antecedenti al periodo arabo, questi soggetti, considerati sinonimo di bellezza, sono riconducibili a motivi tessili persiani del periodo sassanide (Terzo-Settimo secolo dopo Cristo).
Questi eleganti motivi decorativi della Persia preislamica giunsero in Sicilia con la lavorazione della seta, che ebbe inizio in Italia proprio grazie a Ruggero II. Anche la palma da datteri, ripresa dall’artista, ha origini antichissime. La ritroviamo, infatti, ricamata sul preziosissimo mantello di Ruggero II, realizzato nella Tiraz, l’officina reale di tessitura della seta attigua al Palazzo. Purtroppo questo capolavoro non si trova più a Palermo, ma è oggi conservato nel museo Schatzkammer di Vienna, infatti fu portato via dalla Sicilia dal padre di Federico II, Enrico VI.Tra le molteplici valenze di questo intervento urbano, artistico e sociale insieme, vi è dunque il tentativo, dall’alto valore simbolico, di riproporre la meraviglia contenuta all’interno del Palazzo Reale, per riscattare il quartiere attraverso l’arte. Tentativo, a quanto pare, perfettamente riuscito.
“È trascorso qualche giorno dall’inaugurazione ma fortunatamente ancora tutto è intonso, non c’è neanche una scritta, nessuno osa sporcarlo. Io credo che bellezza richiami bellezza – continua Palminteri – e se qualcuno pensa di rovinarlo noi saremo qui a ripristinarlo e a prendercene cura ancora. È grazie alla collaborazione degli abitanti del quartiere, dei mastri e dei lavoratori dell’impresa sociale D.a.r.e., molti dei quali si sono riscattati dal carcere, che siamo riusciti a realizzare quest’opera. Abbiamo lavorato gomito a gomito con i mastri e con la gente del quartiere. Non appena completati i lavori, gli abitanti erano entusiasti”.
La gente del posto tiene molto a quest’opera, che ha visto nascere e crescere sotto il sole cocente di questa calda estate, attraverso un paziente lavoro di recupero e ripristino degli spazi degradati. Mentre parliamo esce da un cancello una donna, è Vincenzina, ha una scopa in mano con la quale spazza i gradini della scalinata araba: “Questo luogo se non fosse per la parrocchia, per le associazioni e per i liberi cittadini, sarebbe abbandonato. Questo senso di cura era necessario”.Un’opera che si inserisce nel disegno di rinascita del quartiere, intrapresa anche da fra’ Mauro, prete di frontiera, che ha dimostrato di avere cuore e cervello, di essere capace di “visione”. “Io e fra’ Mauro ci conosciamo da tantissimi anni – racconta Palminteri – , era un mio confratello quando ero frate e da allora stiamo continuando a lavorare insieme. È uno a cui darei la mia vita in mano. Non tutti i parroci sono così. Fra’ Mauro, a prescindere dall’abito che indossa, è una persona che ha capito che il suo posto nel mondo è stare con gli ultimi, e questo stare con gli ultimi lo ha portato a Danisinni. Per questo è così amato”.