Quella stanza di casa Lampedusa sopravvissuta alle bombe
27 Novembre 2020
All’interno del palazzo ristrutturato si trova ancora il boudoir della madre di Giuseppe Tomasi che mantiene intatto il fascino di un tempo
di Emanuele Drago*Talvolta può accadere che neppure un restauro, per quanto realizzato con la massima cura, riesca a salvare gli irreversibili danni che i bombardamenti provocano in un palazzo storico. Ma per fortuna, accade anche che venga in nostro soccorso un libro, che ha il grande merito di far rivivere il passato, descrivendo angoli e luoghi non più esistenti.
Il palazzo a cui facciamo riferimento è Palazzo Lampedusa, che si trova nell’omonima via nel centro di Palermo, ad angolo con via Bara all’Olivella e adiacente all’oratorio di Santa Cita; mentre il libro, invece, è quello dei “Racconti”, testo in cui Giuseppe Tomasi di Lampedusa, nella prima parte intitolata “Ricordi d’infanzia”, descrisse con dovizia di particolari ogni angolo della sua dimora; palazzo che nel 2015 è tornato a nuova vita grazie a una cordata di 35 privati. Per la verità, più che di palazzo o dimora dovremmo parlare di “casa”, così come si preoccupò di rimarcare più volte lo stesso Tomasi nelle pagine del libro appena citato. Un luogo in cui lo scrittore passò gran parte della propria infanzia, prima che il 5 aprile del 1943, in seguito all’attacco delle fortezze volanti angloamericane, venisse raso al suolo e egli fuggisse con la famiglia in quel di Capo d’Orlando.Una dimora il cui originale numero civico 17 fu onusto di cattivi presagi, benché – così come venne descritto con un tono quasi beffardo dallo stesso Tomasi – la sorte dello stesso mutò tragicamente proprio quando la famiglia chiese che il vecchio numero (visto che nel frattempo le scuderie erano state trasformate in magazzini) venisse sostituito col 23.Eppure, nonostante l’impossibile corsa a fare rivivere ciò che del passato si è completamente perso, al suo interno sopravvive ancora un angolo che allora Tomasi descrisse con le seguenti parole: “E dopo v’era il boudoir di mia Madre che era molto bello col suo soffitto tutto a fiori e rami di stucchi colorati antichi, di un disegno soave e corposo come una musica mozartiana”. L’angolo, che per fortuna è rimasto integro, è lo splendido boudoir che scandì gran parte dell’infanzia del piccolo Giuseppe e dentro il quale – mentre la madre, Beatrice Mastrogiovanni Tasca di Cutò, si pettinava ed egli era intento a giocare sul tappeto – apprese sia dell’assassino di re Umberto I, sia della tragica morte degli zii, durante il terremoto di Messina del 1908.Ancora oggi, grazie alle decorazioni e al cromatismo della piccola cupola, il boudoir (che si trova all’intero di una abitazione privata) riesce a mantenere tutto il fascino di un tempo; complice anche quella pagina del libro che è stata riprodotta sulla parete di destra, accanto all’apertura che dà su un balcone e dal quale si possono scorgere le grate dell’oratorio di Santa Cita.(Le foto sono state concesse dallo Studio PL5 Architettura)* Docente e scrittore