Hotel come musei, l’idea prende forma anche in Sicilia

La proposta è di esporre negli alberghi alcuni dei tesori custoditi nei depositi, così da spingere i turisti a visitare i luoghi da cui provengono

di Guido Fiorito

27 Febbraio 2020

In Sicilia i magazzini dei musei sono pieni di migliaia di opere d’arte conservate nell’ombra che nessuno può vedere (ve ne abbiamo parlato qui) e i parchi archeologici sono visitati da un numero di turisti inferiore al loro grande potenziale. Allora perché non unire le forze tra beni culturali regionali e albergatori per rendere più affascinanti gli hotel, aumentare presenze e biglietti d’ingresso? La proposta è stata fatta in questi giorni alle Ciminiere di Catania da Mario Bevacqua, past president dell’Uftaa, ovvero dell’Unione della Federazione delle agenzie di viaggio Iata del mondo.

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L’area archeologica di Tindari con il santuario sullo sfondo

L’idea è che gli alberghi espongano nei loro locali pezzi autentici dei musei che sono conservati nei depositi in modo da spingere il turista a visitare i luoghi e le collezioni da cui provengono. “Tutte le spese – chiarisce Bevacqua – sarebbero a carico degli albergatori, dal trasporto alla sicurezza, con telecamere a circuito chiuso e assicurazioni. Le reception aperte 24 ore su 24 possono garantire la necessaria sorveglianza. Il tutto scritto in un regolamento tra assessorato regionale si Beni culturali e Federalberghi che possa garantire imparzialità e certezze per l’imprenditore privato e vincoli le soprintendenze a prestare i pezzi”.
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La piscina di Villa Igiea

Il tutto è riassunto in due parole: Archaeological Hotels. Non soltanto alberghi di lusso. “Certamente ci sono tanti alberghi storici – dice Bevacqua – da Villa Igiea al des Palmes, dal Timeo di Taormina al des Etrangers di Siracusa e altri, ideali per esporre opere d’arte ma può funzionare anche per un villaggio turistico o un bed & breakfast dove potrebbero essere mostrati monete e vasi. Ma andrebbero messe in vista opere anche nei porti siciliani dove passano due milioni di croceristi che non devono fare una toccata e fuga”. La proposta prevede che l’esposizione punti a immergere il visitatore in un allestimento che lo emozioni e non consista in una semplice vetrina con una targhetta. In modo che il turista sia invogliato a chiedere alla reception di cosa si tratta. Il personale dovrà essere all’altezza e per questo si pensa a un coinvolgimento delle università siciliane per la formazione, nei corsi e con master specifici.
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Il Tempio C di Selinunte

Il punto di partenza è che il patrimonio culturale della Sicilia non è conosciuto per quel che vale e che quindi bisogna fare qualcosa. “Chi sa che il parco archeologico di Selinunte è il più grande d’Europa? – dice Bevacqua -. Se quella zona è stata scelta da quattro anni per il Google Camp ci sarà un motivo. Anche se i jet privati dei grandi personaggi ospitati hanno difficoltà ad atterrare nei nostri aeroporti e i loro yacht ad attraccare nei nostri porti. Il parco di Agrigento è stato scelto da Dolce e Gabbana, la foto dei grandi del mondo al teatro greco di Taormina con la vista dell’Etna è stata tra le più cliccate del pianeta. Bisogna che lo sappiano tutti. Oggi il turista cerca l’unicità. Sono stato all’Itb, la fiera di Berlino. Erano presenti 224 nazioni che vogliono fare turismo, alcune hanno poco da offrire ma lo sanno vendere. La concorrenza è grande. Se è vero che il parco archeologico di Agrigento fa quasi un milione di visitatori il suo potenziale è almeno doppio. Dobbiamo mostrare al mondo che la Sicilia non è bella ma unica”.