Ancore e lingotti sommersi, nuove scoperte nei fondali

Proseguono i ritrovamenti al largo di San Leone, potrebbero essere i resti di un naufragio. Intervenuti i sub della Soprintendenza del Mare

di Antonio Schembri

15 Luglio 2019

Un mare di sorprese, quello siciliano. L’ultima regalata nei giorni scorsi dalle acque di Agrigento: quelle dell’area – al momento indicabile in maniera generica per ragioni di cautela – situata davanti al segmento costiero che include le spiagge di San Leone, quelle di Cannatello e la non distante foce del fiume Naro. Un lungo tratto marino molto caratterizzato da correnti e sospensione sabbiosa.

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Una delle ancore litiche ritrovate

Si tratta del ritrovamento di cinque ancore litiche e di due lingotti di piombo risalenti all’epoca romana, con ogni probabilità al periodo compreso nei primi tre secoli dell’Età Imperiale (di una prima scoperta vi avevamo parlato qui). A compierlo è stato Francesco Urso, appassionato apneista agrigentino che esplora questo areale marino ormai da più di cinque anni, cioè da quando, anche durante battute di pesca subacquea al termine di mareggiate, ha cominciato a notare, sparsi sul fondo, diversi frammenti di oggetti apparentemente antichi che suggeriscono l’idea che sul litorale al cospetto dei Templi potesse funzionare un approdo o un piccolo porto commerciale a cavallo di epoche storiche diverse.
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Il team della Soprintendenza del mare e di BCsicilia

“Prima di questi ultimi reperti – racconta Urso – nell’estate del 2017 avevo individuato, affioranti dalla sabbia, tre ancore in ferro e un cannone, tempestivamente segnalati alla Soprintendenza del Mare e rispettivamente attribuibili, secondo l’allora soprintendente Sebastiano Tusa, all’epoca bizantina e a quella tardo quattrocentesca”. Il riferimento storico del cannone, trovato per metà insabbiato – spiega Urso, che da allora è un segnalatore ufficiale dell’organismo regionale di ricerca e tutela del patrimonio archeologico subacqueo siciliano – sarebbe legato al fatto che presenta una sorta di supporto di legno, collegato alla culatta dell’arma, tipico di quel periodo.
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I due lingotti di piombo

Tornando agli ultimi ritrovamenti, il sopralluogo effettuato lo scorso venerdì da uno staff composto da subacquei della Soprintendenza del Mare e di BCsicilia, l’associazione di volontari che si occupa della salvaguardia e valorizzazione dei beni culturali e ambientali, ha consentito di chiarire alcuni punti salienti: “I lingotti di piombo presentano dei bolli indicanti la famiglia armatoriale romana che li commerciava – illustra l’archeologa Francesca Oliveri, responsabile di zona per la Soprintendenza del Mare – . Durante l’Impero, su oggetti di questo genere si sviluppava un intenso business. Il piombo era infatti la materia prima per costruire tubature idrauliche e fognarie, nonché per realizzare stoviglie, visto che all’epoca si ignorava la tossicità di questo metallo pesante. Il fatto che questi reperti riguardino una zona non distante dalla costa, peraltro incisa dallo sbocco in mare di un fiume, lascia supporre che sotto Agrigento funzionasse forse uno scalo marittimo romano, collegato alle rotte delle navi onerarie provenienti dalla penisola iberica, dove dall’Età Augustea in avanti funzionarono miniere per l’estrazione del piombo”.
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La prima ancora litica trovata a San Leone

Altra ipotesi è che i reperti sparpagliati sul fondo siano legati al naufragio di una o più navi. “Siccome anni addietro abbiamo trovato lingotti di piombo simili anche nelle acque di Siracusa, uno dei più grossi porti commerciali del Mediterraneo, pensiamo che questi ultimi ritrovamenti potrebbero collegarsi anche all’affondamento di una o più navi trovatesi fuori rotta”, aggiunge Oliveri. Per quanto riguarda invece le ancore di pietra, rimaste sul fondo per via del peso, la loro datazione è aleatoria. Farebbero pensare a epoche antichissime, pre-greche, ma – specificano alla Soprintendenza del Mare – oggetti nautici di questo genere furono usati dai pescatori in un arco temporale lunghissimo, che parte da epoche preistoriche per fermarsi a non più di due secoli fa. Ciò induce a ipotizzare che l’origine di queste ancora litiche sia la stessa di quella a cui apparterrebbero gli altri reperti rinvenuti nella loro vicinanze.