Dal buio alla speranza: la pandemia raccontata in cento scatti
Nell’hub vaccinale di Palermo, alla Fiera del Mediterraneo, si inaugura una mostra fotografica di Igor Petyx che narra la vita al tempo del virus
di Alessia Franco
17 Maggio 2021
La speranza, i sorrisi, la reclusione, la disperazione, le città deserte. E poi le proteste delle categorie più penalizzate dalla pandemia, la fine della prima ondata e il ritorno alla vita; e di nuovo la chiusura per le ondate successive. Una narrazione per volti e immagini, in cui il paesaggio (ora deserto, ora testardamente popolato) diventa esso stesso un volto, raccontato con ostinazione giorno per giorno.
Sono 107 gli scatti che il fotoreporter Igor Petyx ha voluto donare alla città: un percorso di più di un anno di pandemia che ha portato alla mostra “Risorgiamo Italia”, offerta a Palermo e ospitata alla Fiera del Mediterraneo. “Ho voluto restituire le immagini che mi erano state donate con grande generosità – racconta Petyx – e allo stesso tempo liberare la tensione che racchiudono attraverso il rito collettivo della condivisione”. L’esposizione è realizzata dalla struttura commissariale e promossa da Msc Crociere. Gli scatti saranno visibili esclusivamente agli utenti in arrivo alla Fiera del Mediterraneo per vaccinarsi. Anche questa, una precisa scelta di campo, voluta dal commissario Covid di Palermo e provincia, Renato Costa, perché gli scatti raccontano anche dei lavori alla Fiera, quando non era ancora l’hub vaccinale di Palermo e provincia.“Sembrava impensabile che questi locali potessero ospitare un polo da quattromila vaccini al giorno. Ora – dice Costa – è una straordinaria realtà, insieme ai centri vaccinali negli ospedali, ai drive-in per i tamponi, alle riconversioni dei reparti. In questa mostra c’è la storia di come ci siamo rialzati, ma anche l’invito a continuare a camminare per allontanare per sempre la pandemia”.“L’idea di mettere insieme gli scatti è partita molto tempo fa – dice Petyx – quando cioè ho preso consapevolezza di come la pandemia fosse qualcosa di duraturo, una parte importante della storia dell’umanità che ci avrebbe segnati tutti, per sempre. Credo che la scintilla si sia accesa con i turisti in quarantena all’hotel Mercure di Palermo, con l’immagine dei primi uomini avvolti dalle tute bianche e con la comparsa delle mascherine negli uffici pubblici. Mascherine dopo poco introvabili, insieme al gel igienizzante”.Il racconto di città deserte in cui il ruolo del fotografo locale è indispensabile per chi è costretto a casa e non ha altri occhi sul mondo che non siano i media. E quindi un viaggio anche alla ricerca dei contatti con il “popolo dei balconi”: “Non appena vedevo un lenzuolo con gli arcobaleni, l’impronta delle manine dei bambini e la celebre frase Andrà tutto bene correvo a suonare al citofono, chiedendo alle famiglie di affacciarsi al balcone. E spesso lo facevano – racconta il fotografo – nonostante i genitori fossero impegnati nel ruolo di psicologi, cuochi, insegnanti e in altri mille che in questi mesi difficili hanno ricoperto. Chiedevano solo un attimo per mettersi in ordine”.Un viaggio che non poteva non passare per gli ospedali, faccia a faccia con quella malattia sconosciuta che azzerava i contatti e riduceva il respiro, bruciando tutto quello che incontrava. La prima ambulanza sanificata, i covid hospital e le terapie intensive, occhi negli occhi con il virus. “Ho sentito che dovevo farlo. È stato un rischio calcolato, come si usa dire oggi. Più che la paura ha prevalso il mettermi a disposizione della comunità, anche se – commenta Igor Petyx – quella volta che si è spaccata la mia tuta di protezione nel reparto di malattie infettive ho pensato: ecco, sta toccando anche a me. Per fortuna non è stato così. Ma da allora non ho mai smesso, mai, di portare la mascherina Ffp2”.E poi le immagini del ritorno alla vita, della gioia di una Trapani prima città ad essere libera dal virus, di un’estate, quella del 2020, quasi normale. Forse troppo, come hanno dimostrato gli aspri mesi successivi; e la speranza nei vaccini, e il loro arrivo in Italia, in Sicilia. “Da questa esperienza ho imparato che la pandemia non ha fatto altro che amplificare l’atteggiamento di ognuno di noi nei confronti della vita. Chi era aperto agli altri, solidale, lo è diventato ancora di più, così come chi era poco propenso ad accogliere le esigenze della comunità: si è chiuso ancora di più in se stesso. Generalizzare è sempre sbagliato, ma da quello che ho osservato, il Covid ha fatto da cassa di risonanza: in positivo e in negativo”.