Due passi tra statue equestri e illustri leoni

Da Vittorio Emanuele II a Giuseppe Garibaldi, ogni scultura nasconde simboli e storie che raccontano eventi e personaggi legati alla città

di Emanuele Drago

21 Maggio 2020

Non sono molte le statue equestri che abbelliscono le piazze di Palermo, eppure, a ognuna di esse, è legato un aneddoto o una qualche particolarità che una volta appresa rimane certamente impressa nella mente di chi, per una qualche ragione, vi passa vicino. La prima statua equestre a cui facciamo riferimento è quella che si trova in piazza Giulio Cesare e che venne collocata all’indomani dell’Unità d’Italia, proprio di fronte alla nuova stazione centrale di Palermo. La statua, realizzata da Benedetto Civiletti, ritrae Vittorio Emanuele II a cavallo sopra un grosso cippo in marmo, sui cui angoli sono scolpite quattro grosse aquile. Sembra che il cavallo si chiamasse Omar e che fosse stato regalato al sovrano da un illustre nobile siciliano durante il suo arrivo a Palermo; inoltre, quando dopo tanti anni il povero destriero morì, il sovrano si premurò di far pervenire da Torino – e di restituire al nobiluomo – gli zoccoli ferrati di Omar sotto forma di calamai.

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Garibaldi a cavallo nella Villa Falcone Morvillo

Ma in città c’è anche un’altra statua equestre in cui è, invece, ritratto l’eroe dei due mondi, il generale Giuseppe Garibaldi, e si trova all’interno di Villa Falcone Morvillo, in quel giardino (chiamato anche parterre Garibaldi) che una tempo fu parte integrante – prima che venisse aperto il secondo troncone del viale della Libertà – del Giardino Inglese. Il fascino di questa statua equestre di eccelsa fattura, realizzata dallo scultore Vincenzo Ragusa, non è solo legato al fatto che ha fa da sfondo alla chiesa di Santa Rosalia, che dà su via Marchese Ugo e che è una delle ultime importanti opere – soprattutto per la pregevole cupola in maiolica – realizzata dall’architetto Ernesto Basile; ma anche per via del possente e plastico leone in bronzo che si trova collocato ai piedi della stessa statua.
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Leone ai piedi della statua di Garibaldi

Va ricordato che questo, dopo i leoni che delimitano la scalinata del Teatro Massimo, è il terzo leone che venne realizzato per i monumenti della città; un suggestivo felino che completa la fantastica triade Civiletti, Rutelli e Ragusa (a cui spetta l’insolito primato di aver realizzato ognuno di essi almeno un felino per la città). Un felino le cui fauci sono intente a spezzare le possenti catene che simboleggiano la tirannia borbonica, ma anche una chiara allusione al leone di Caprera. L’opera venne collocata sul parterre il 27 maggio del 1892, a dieci anni esatti dalla morte dello stesso Garibaldi. In conclusione, va detto che i leoni per la città Palermo sono sempre stati forieri di benessere, prestigio e prosperità: ad esempio, il leone fu il simbolo con cui amava rappresentarsi la dinastia dei normanni, ma anche il simbolo che venne adottato dai Florio, sebbene, raffigurato, a partire dall’insegna dell’aromateria di via Materassai, mentre si nutre della corteccia dell’albero di china. Oggi è possibile ammirare una rappresentazione di questo illustre leone, sebbene in condizioni davvero deprecabili, davanti alla cappella della famiglia Florio, nel cimitero monumentale di Santa Maria di Gesù.
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Leone dell’aromateria in via Materassai

Infine, c’è un leone che accomuna l’immaginario del popolo palermitano: quel “Chico Portobello” che tutti i bambini correvano ad ammirare dentro la gabbia che si trovava all’interno della Villa Giulia e che avevano finito per ribattezzare come “il leone Ciccio”. Anche per questo leone, qualcuno, quasi provocatoriamente, un paio di anni fa auspicava, come solenne omaggio, la realizzazione di una statua; ma questa è un’altra storia.*Docente e scrittore