Ecco Ippana, antica città nel cuore della Sicilia
Vicino a Prizzi, sulla montagna dei Cavalli, sorgeva un grande insediamento identificato attraverso centinaia di monete trovate negli scavi
di Guido Fiorito
13 Novembre 2019
Ippana. Una città perduta e ritrovata. E ancora poco conosciuta. Nel centro della Sicilia eppure ricca e raffinata come ci racconta la sua produzione artistica. Prosperosa e popolosa in modo insospettabile per un centro lontano dal mare. Polibio nel primo libro delle Storie racconta che durante la prima guerra punica l’esercito romano va ad assediare quella che conquistata sarà rinominata Panormus. “Appena si avvicinarono alla città, i consoli schierarono tutto il loro esercito in ordine di battaglia. Non uscendo i nemici loro incontro, partirono e raggiunsero Hippana, e la presero con la forza”. Siamo nel 258 avanti Cristo. Quella città è stata alfine localizzata sulla montagna dei Cavalli, vicino a Prizzi. Il risultato di venti anni di scavi e ricerche è stato illustrato dagli archeologi Stefano Vassallo, Lucina Gandolfo e Monica Chiovaro a Palazzo Ajutamicristo, sede della Soprintendenza ai Beni culturali di Palermo.
Ippana (o Hippana o Ipana) era un centro indigeno sicano e poi ellenistico che sorgeva nell’alta valle del Sosio, punto di passaggio in antichità della strada che collegava la costa settentrionale ad Agrigento e che sfruttava come viabilità anche i fiumi. Una zona stupenda dal punto di vista paesaggistico, con boschi e lembi delle antiche macchie verdi di roverella. L’acropoli sorgeva in cima alla montagna alta 1007 metri, l’abitato un po’ più sotto, una zona impervia per ragioni di sicurezza. All’esterno la necropoli.“La città – dice Vassallo, che ha condotto gli scavi nel sito – fu ricostruita nel IV secolo avanti Cristo, con due cinte murarie a protezione dell’acropoli e dei caseggiati più in basso”. L’identificazione, come ha spiegato Lucina Gandolfo, studiosa di numismatica antica, è avvenuta attraverso le monete. Durante gli scavi sono state ritrovate 274 monete, alcune uguali ad altre pubblicate da collezionisti che contenevano in basso l’aggiunta della scritta Ipa. Da qui l’identificazione con Ippana.”Purtroppo – ha detto la soprintendente Lina Bellanca – tutto è stato complicato dai tombaroli clandestini che portando via oggetti, li tolgono alla fruizione dei cittadini e, anche se ritrovati, impediscono agli archeologi di dar loro una esatta origine e datazione non potendo conoscere la stratigrafia del terreno dove erano depositati”.“Importante – ha detto Vassallo – è stato lo scavo del teatro, la cui parte superiore è franata verso valle inondando di pietre la parte inferiore. Abbiamo potuto così vedere come era un teatro dell’epoca greca senza i rifacimenti anche profondi effettuati dai romani negli altri teatri in Sicilia, da Taormina e Siracusa”. Quindi gradini-sedili più piccoli di pietra calcare, il pavimento dell’orchestra in terra battuta. Una spettacolare vista sulle valli dei fiumi San Leonardo e Torto. Sono state messe in luce le prime cinque-sei file; la grandezza era media, con una cavea larga 52 metri e fino a 30 file. Una capienza di circa tremila spettatori da cui si deduce che Ippana era una città con molti abitanti.La sua ricchezza è testimoniata dagli oggetti recuperati nello scavo ed esposti nel museo di Prizzi in corso Umberto I: diademi in argento dorato, vasi di ceramica con raffinate decorazioni a zig zag, azzurre, gialle e bianche; iconografie rare come quella di Afrodite velata con Eros alato sulle spalle. I resti del teatro, invece, sono stati coperti per evitare che il cattivo tempo lo distruggesse, in attesa di decidere cosa fare di questo sito.