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Giulia Mei: canto in siciliano e ne sono fiera
Ha iniziato a 9 anni e non ha più smesso, fino al premio Lauzi arrivato per una canzone in dialetto palermitano. “Adoro Palermo, la Sicilia e Rosa Balistreri”
Di Antonella Lombardi
1 Agosto 2018
“Cantare in dialetto? È stata come una magia, non credevo di riuscirci, eppure a un tratto mi è venuto naturale, la musica e le parole sono affiorate e ho scritto tutto di getto. Per me è un sogno che si avvera, il siciliano mi ha sempre ispirato”. È ancora incredula la cantautrice palermitana Giulia Mei (all’anagrafe Catuogno), 25 anni a settembre, fresca di successo con il suo brano A picciridda mia, vincitore del Premio Lauzi per la miglior musica e del Premio Cora per la migliore interpretazione. Lei, che con la musica fa i conti da quando ha 9 anni, prima con il coro delle voci bianche del conservatorio di Palermo, poi con lo studio del pianoforte che insegna privatamente mentre prepara la tesi di laurea al conservatorio.“Ho sempre adorato la forza e la storia di Rosa Balistreri che canto sempre ai miei concerti. Brani come Tu sì bedda e Terra ca nun senti mi sono entrate sottopelle. Quello di Rosa è il grido di un siciliano costretto ad andare via da una terra che ama, ma che non ascolta il suo dolore. Ma mi piacciono molto anche altri autori siciliani come Francesco Giunta, Mario Incudine, Lello Analfino, Carmen Consoli, Alessio Bondì”. L’idea di andare via dalla Sicilia Giulia la accarezza da un po’, anche se con rammarico: “Il mio team di lavoro fa base a Roma. La verità è che la Sicilia è un po’ una terra maledetta, offre ancora poco ai giovani, ma io vorrei che tutte le città fossero come Palermo, sono orgogliosa di essere palermitana e trovo che la città stia cambiando molto. E poi sono innamorata del cibo siciliano: adoro la nostra pasticceria, la cassata, il cibo di strada… ho trovato qualche consolazione in Campania, mentre ero al premio Lauzi, ma se davvero dovrò andare via dalla Sicilia lo deciderò dopo la laurea”.Una tappa per la quale sta consumando avidamente libri: “Sono sempre stata una secchiona, adoro leggere – ammette – sono stata divorata dall’angoscia dopo aver letto Cecità di Saramago, ma sono scoppiata in lacrime per un libro consultato per la mia tesi, Storia della mia vita di George Sand, l’amante di Chopin, una donna forte, emancipata, indipendente, che si vestiva da uomo ed era veramente libera, anche sessualmente, ma capace di grandi slanci di dolcezza”. Giulia è un fiume in piena che travolge anche gli amici in cui si imbatte nel corso dell’intervista, con il suo carico di grinta e freschezza che trasferisce nei suoi brani.“Ho adorato la musica sin da bambina, mio padre, avvocato, ha sempre amato cantare”, racconta. Ma Giulia non si è mai sentita davvero in bilico tra un lavoro creativo e la professione di avvocato. Nel suo brano Tutta colpa di Vecchioni non ne fa mistero: “Potevo fare l’avvocato, c’era già un posto già pronto per me, ma non si hanno molti tentativi di esser vivi”, canta”In realtà a Giurisprudenza non ho mai pensato seriamente, ma solo quando le cose non andavano per il verso giusto. La verità è che ho sempre voluto fare questo, i miei genitori mi hanno sempre incoraggiata perché mi vedono felice in questa dimensione”. Ai talent show non ha mai pensato, “Credo sia una scelta da fare quando si ha una grande coscienza di sé e si è maturato un proprio progetto musicale, altrimenti si rischia di bruciarsi. Non li escludo in futuro, ma mi avvalgo della facoltà di non sapere se voglio farli!”.Su di sé però, ha le idee chiare: “Chi sono realmente? Mi affido alle parole di George Sand “Io non sono né uomo né donna, sono un bambino. Che trova ancora il modo di meravigliarsi sempre”.