Il festival, Palermo e quelle emozioni che non ti aspetti

31 Ottobre 2018

“Quanta bellezza abbiamo scoperto per la prima volta” – è questa la frase ripetuta più spesso dai visitatori che affollano i siti aperti con Le Vie dei Tesori. Abbiamo raccolto alcune testimonianze, tra luoghi che raccontano storie inedite

di Antonella LombardiUna decina di gradini separa il via vai nell’atrio di Palazzo Marchesi dal segreto nascosto e custodito per secoli da questo piano sotterraneo, dove a distanza di pochi metri l’intera atmosfera cambia, rendendo di colpo suggestivo il segreto celato tra mura portate alla luce solo recentemente: i visitatori che nello scorso fine settimana de Le Vie dei Tesori – l’ultimo nel quale si poteva accedere a questo sito – hanno potuto fare tappa al Miqveh, l’antico bagno ebraico, lo hanno vissuto in prima persona. width=Tantissimi i giovani in fila che, dopo aver indossato i caschi gialli di sicurezza, al termine del giro avevano gli occhi lucidi e lo stupore addosso dell’ “atmosfera che non ti aspetti”.A scendere quei gradini, secoli prima, le donne che per il precetto della religione ebraica dovevano purificarsi dopo una gravidanza, un aborto o un ciclo mestruale, immergendosi nelle acque del vicino fiume Kemonia, che qui convogliano in una cavità dove la temperatura la mantiene a 14 gradi.Cosi pura da non far crescere alcuna alga lungo le pareti e così limpida da invitare a immergere almeno le dita, quasi come a volersi accertare di non essere in un sogno. Luogo di sepoltura, camera dello scirocco: queste le interpretazioni sfatate poi da studi successivi e che mostrano quanto tollerante e multiculturale fosse Palermo, anche nei confronti degli ebrei prima che questi venissero cacciati dalla Sicilia e dal Regno di Spagna nel 1492.Ma sono tanti i luoghi che hanno emozionato palermitani e stranieri, pensionati e studenti, pazientemente in coda: lunghissime le file che hanno avvolto quasi come le spire di un serpente umano piazza Pretoria, con famiglie intere che aspettavano di accedere al rifugio antiaereo.Come stupefatti erano i volti di chi si è trovato, nel complesso di san Domenico, di fronte a una sorta di “parete nel tempo”, con il calendario perpetuo.  width=Qui i volontari dell’Associazione Itiner’ars, insieme alla Comunità dei Padri Domenicani, hanno approfondito degli studi sull’affresco e con pazienza spiegano a chi rimane interdetto di fronte a tanta precisione e lungimiranza quali calcoli articolati fare per scoprire la ricorrenza di Pasqua: perché l’arco temporale coperto dal calendario va dall’anno 1700 fino al 2192 e anche oltre, ed è opera di Benedetto Maria Del Castrone, frate domenicano nato a Palermo.E non c’è calendario google che tenga di fronte allo scrupolo di questo astronomo e matematico che pensò a questa porta perpetua del tempo. Un sistema di calcolo basato sulle fasi lunari e su regole matematiche che, come in un rebus, combinando lettere, numeri e simboli ha illustrato a parete un calendario invariato dal 325 dopo Cristo ad oggi.Ma Palermo è anche quella arabo normanna che si staglia all’orizzonte, con il suo castello di Maredolce maestoso che prevedeva un giardino e un laghetto-peschiera sul letto della sorgente.  width=Poi l’abbandono e il degrado, con occupazioni abusive sfociate nel paradosso di veder attribuito alla fortezza normanna un numero civico per la domiciliazione della posta alle famiglie ivi residenti, fino all’acquisizione e al restauro da parte della Regione, per restituirlo alla collettività e alla storia del nostro patrimonio.“Siamo qui perché volevamo visitare finalmente un luogo che a lungo abbiamo visto chiuso e abbandonato – dice una coppia di coniugi in visita, nelle mani stringono il flyer de Le Vie dei Tesori con decine di luoghi segnati – sono i posti che abbiamo già visto, aspettiamo ogni anno questa manifestazione pensando di non riuscire a scoprire siti nuovi, e invece ogni anno siamo sorpresi perché non riusciamo a vederli tutti nei 5 weekend. Viaggiamo spesso all’estero ma non troviamo la stessa ricchezza artistica che abbiamo qui”.“Ma quanta bellezza c’è a Palermo? Sono posti che noi residenti non conosciamo neanche”, dice un’altra signora, nelle mani la brochure “consultata febbrilmente ogni weekend del festival. Vorremmo che Le Vie dei Tesori fossero tutto l’anno”.Anche San Giovanni dei Lebbrosi fa parte di quell’itinerario arabo normanno, con le sue cupole moresche e le palme all’ingresso che subito restituiscono un altro percorso di Palermo e al tempo stesso fanno dire “è casa anche qui”.  width=E poi la storia più moderna che rivive allo Stand Florio (visitabile su prenotazione solo domenica) oggetto di restauro e finalmente restituito alla città, lungo quel litorale di Romagnolo che ha accolto stabilimenti balneari e ricordi di chi ha memoria del “mare in città”.“Questo era il posto del tiro a segno, che soddisfazione vederlo aperto dopo anni di abbandono in cui ci si limitava a vederlo dai finestrini della macchina, passando”, confessa Giovanni Castello, architetto che, insieme all’insegnante in pensione Lorenzo Coco, fa parte degli aficionados del festival dalle prime edizioni.Mentre i due mostrano il depliant de Le Vie dei Tesori con decine di luoghi contrassegnati per le visite, dalle guglie moresche dell’eleganza dei Florio lo sguardo si sofferma su Palermo ieri e oggi:sospesa tra un passato di grazia e bellezza che finalmente torna e si affaccia su anni di cemento che hanno stravolto e soffocato la fisionomia di questo tratto di costa. width=“Tra i siti che mi hanno emozionato maggiormente ci sono le sorgenti del Gabriele – ricorda Giovanni – vedere l’acqua pura zampillare in città è stata un’emozione, come sapere che lo Stand Florio verrà recuperato, aperto alle visite e trasformato in un caffè letterario con concerti”.“Abbiamo anche visto Palazzo De Gregorio e la Fossa della Garofala – dice Lorenzo – fa piacere vedere che festival come questo iniziano a produrre cambiamenti profondi e positivi nella città.Ma bisogna trovare siti nuovi, ogni anno facciamo a gara per scoprire cosa vedere”. Una gara ancora aperta, a partire dall’ultimo fine settimana della manifestazione.

“Quanta bellezza abbiamo scoperto per la prima volta” – è questa la frase ripetuta più spesso dai visitatori che affollano i siti aperti con Le Vie dei Tesori. Abbiamo raccolto alcune testimonianze, tra luoghi che raccontano storie inedite

di Antonella LombardiUna decina di gradini separa il via vai nell’atrio di Palazzo Marchesi dal segreto nascosto e custodito per secoli da questo piano sotterraneo, dove a distanza di pochi metri l’intera atmosfera cambia, rendendo di colpo suggestivo il segreto celato tra mura portate alla luce solo recentemente: i visitatori che nello scorso fine settimana de Le Vie dei Tesori – l’ultimo nel quale si poteva accedere a questo sito – hanno potuto fare tappa al Miqveh, l’antico bagno ebraico, lo hanno vissuto in prima persona. width=Tantissimi i giovani in fila che, dopo aver indossato i caschi gialli di sicurezza, al termine del giro avevano gli occhi lucidi e lo stupore addosso dell’ “atmosfera che non ti aspetti”.A scendere quei gradini, secoli prima, le donne che per il precetto della religione ebraica dovevano purificarsi dopo una gravidanza, un aborto o un ciclo mestruale, immergendosi nelle acque del vicino fiume Kemonia, che qui convogliano in una cavità dove la temperatura la mantiene a 14 gradi.Cosi pura da non far crescere alcuna alga lungo le pareti e così limpida da invitare a immergere almeno le dita, quasi come a volersi accertare di non essere in un sogno. Luogo di sepoltura, camera dello scirocco: queste le interpretazioni sfatate poi da studi successivi e che mostrano quanto tollerante e multiculturale fosse Palermo, anche nei confronti degli ebrei prima che questi venissero cacciati dalla Sicilia e dal Regno di Spagna nel 1492.Ma sono tanti i luoghi che hanno emozionato palermitani e stranieri, pensionati e studenti, pazientemente in coda: lunghissime le file che hanno avvolto quasi come le spire di un serpente umano piazza Pretoria, con famiglie intere che aspettavano di accedere al rifugio antiaereo.Come stupefatti erano i volti di chi si è trovato, nel complesso di san Domenico, di fronte a una sorta di “parete nel tempo”, con il calendario perpetuo.  width=Qui i volontari dell’Associazione Itiner’ars, insieme alla Comunità dei Padri Domenicani, hanno approfondito degli studi sull’affresco e con pazienza spiegano a chi rimane interdetto di fronte a tanta precisione e lungimiranza quali calcoli articolati fare per scoprire la ricorrenza di Pasqua: perché l’arco temporale coperto dal calendario va dall’anno 1700 fino al 2192 e anche oltre, ed è opera di Benedetto Maria Del Castrone, frate domenicano nato a Palermo.E non c’è calendario google che tenga di fronte allo scrupolo di questo astronomo e matematico che pensò a questa porta perpetua del tempo. Un sistema di calcolo basato sulle fasi lunari e su regole matematiche che, come in un rebus, combinando lettere, numeri e simboli ha illustrato a parete un calendario invariato dal 325 dopo Cristo ad oggi.Ma Palermo è anche quella arabo normanna che si staglia all’orizzonte, con il suo castello di Maredolce maestoso che prevedeva un giardino e un laghetto-peschiera sul letto della sorgente.  width=Poi l’abbandono e il degrado, con occupazioni abusive sfociate nel paradosso di veder attribuito alla fortezza normanna un numero civico per la domiciliazione della posta alle famiglie ivi residenti, fino all’acquisizione e al restauro da parte della Regione, per restituirlo alla collettività e alla storia del nostro patrimonio.“Siamo qui perché volevamo visitare finalmente un luogo che a lungo abbiamo visto chiuso e abbandonato – dice una coppia di coniugi in visita, nelle mani stringono il flyer de Le Vie dei Tesori con decine di luoghi segnati – sono i posti che abbiamo già visto, aspettiamo ogni anno questa manifestazione pensando di non riuscire a scoprire siti nuovi, e invece ogni anno siamo sorpresi perché non riusciamo a vederli tutti nei 5 weekend. Viaggiamo spesso all’estero ma non troviamo la stessa ricchezza artistica che abbiamo qui”.“Ma quanta bellezza c’è a Palermo? Sono posti che noi residenti non conosciamo neanche”, dice un’altra signora, nelle mani la brochure “consultata febbrilmente ogni weekend del festival. Vorremmo che Le Vie dei Tesori fossero tutto l’anno”.Anche San Giovanni dei Lebbrosi fa parte di quell’itinerario arabo normanno, con le sue cupole moresche e le palme all’ingresso che subito restituiscono un altro percorso di Palermo e al tempo stesso fanno dire “è casa anche qui”.  width=E poi la storia più moderna che rivive allo Stand Florio (visitabile su prenotazione solo domenica) oggetto di restauro e finalmente restituito alla città, lungo quel litorale di Romagnolo che ha accolto stabilimenti balneari e ricordi di chi ha memoria del “mare in città”.“Questo era il posto del tiro a segno, che soddisfazione vederlo aperto dopo anni di abbandono in cui ci si limitava a vederlo dai finestrini della macchina, passando”, confessa Giovanni Castello, architetto che, insieme all’insegnante in pensione Lorenzo Coco, fa parte degli aficionados del festival dalle prime edizioni.Mentre i due mostrano il depliant de Le Vie dei Tesori con decine di luoghi contrassegnati per le visite, dalle guglie moresche dell’eleganza dei Florio lo sguardo si sofferma su Palermo ieri e oggi:sospesa tra un passato di grazia e bellezza che finalmente torna e si affaccia su anni di cemento che hanno stravolto e soffocato la fisionomia di questo tratto di costa. width=“Tra i siti che mi hanno emozionato maggiormente ci sono le sorgenti del Gabriele – ricorda Giovanni – vedere l’acqua pura zampillare in città è stata un’emozione, come sapere che lo Stand Florio verrà recuperato, aperto alle visite e trasformato in un caffè letterario con concerti”.“Abbiamo anche visto Palazzo De Gregorio e la Fossa della Garofala – dice Lorenzo – fa piacere vedere che festival come questo iniziano a produrre cambiamenti profondi e positivi nella città.Ma bisogna trovare siti nuovi, ogni anno facciamo a gara per scoprire cosa vedere”. Una gara ancora aperta, a partire dall’ultimo fine settimana della manifestazione.