◉ MESSINA
Il palazzo del duca-poeta e quelle campane d’amore
Alle pendici dei Peloritani, circondata da un borgo disabitato, si trova la dimora che fu di Giuseppe Avarna, eccentrico intellettuale e scrittore, protagonista di una storia che fece il giro del mondo
di Giulio Giallombardo
29 Gennaio 2022
Un palazzo che sembra un castello, ma senza qualcuno a regnare. Attorno, le piccole case di un borgo silenzioso abbarbicato alle pendici dei Peloritani. Un tempo era la Ducea degli Avarna, una delle più influenti famiglie nobiliari siciliane, oggi Borgo Sicaminò è un ex villaggio rurale in attesa di trasformarsi in albergo diffuso. Mentre proseguono i lavori per il rilancio della piccola frazione del Comune di Gualtieri Sicaminò, piccolo centro agricolo di 1600 abitanti a pochi passi da Milazzo, una quiete irreale circonda il palazzo appartenuto all’eccentrico duca Giuseppe Avarna, intellettuale e poeta, figlio di un’epoca ormai scomparsa.
Figlio di un generale ed egli stesso ufficiale di cavalleria, il duca di Gualtieri, marchese di Castanea, barone di Sicaminò, amava stupire e far parlare di sé. Amante del bel mondo, tra i fondatori nel 1945 del movimento per l’autonomia della Sicilia, fu protagonista di una storia che finì su giornali e rotocalchi degli anni ’80. Il duca abbandonò moglie, figli e possedimenti, folgorato dalla passione per Tava Daetz, 33 anni più giovane, allora assistente di volo della Pan Am e oggi duchessa di Gualtieri Sicaminò.
Dopo aver chiesto il divorzio alla moglie, Magda Persichetti, nobildonna di una famiglia di costruttori romani imparentata con Claretta Petacci, non gli era stato più concesso di risiedere nella dimora di famiglia. Così il duca, insieme alla sua nuova compagna, si era trasferito nella sagrestia della cappella sconsacrata, vicino al palazzo: è proprio lì – secondo le cronache del tempo – avrebbe voluto celebrare il trionfo dell’amore con la giovane hostess, suonando le campane della chiesa dopo ogni amplesso amoroso, certo che il “messaggio” arrivasse alla prima consorte che abitava nel palazzo. La cosiddetta “campana dell’amore” finì per essere al centro di una battaglia giudiziaria che diede ragione al duca e la storia fece il giro del mondo.
- Palazzo Avarna
- Palazzo Avarna
- Una delle sale del palazzo
- Palazzo Avarna
- Interno della capella
- Una delle sale del palazzo
- Uno dei camini presenti nel palazzo
- Palazzo Avarna
- Una cucina
- Interno della capella
- La cappella
- Borgo Sicaminò
- Borgo Sicaminò
- Borgo Sicaminò
- Palazzo Avarna
Ma cosa ci fosse realmente alla base di quel gesto provocatorio, non fu mai del tutto chiarito dal duca e dalla sua compagna. “Sì, Tava e io in momenti di euforia, di tristezza, di riflessione o di gioia abbiamo suonato le campane, segnacolo di un nostro modo di interpretare la vita con molta ironia, – ammise il duca intervistato da Enzo Biagi – non l’abbiamo fatto né per suonare le campane a morto per la mia ex consorte, né per ragioni di sentimenti violenti o istinti erotici, abbiamo suonato per umorismo”. Così disse il duca, che poi morirà nel 1999 durante un incendio divampato nella sua abitazione adiacente al palazzo.
Ma oggi quella “campana d’amore” non esiste più. È stata rubata una decina di anni fa, insieme ad altri oggetti e arredi che si trovavano all’interno del palazzo. Atti di vandalismo più volte denunciati dagli attuali proprietari, Maria Grazia e Alessandro D’Amico, dopo che loro padre acquistò il palazzo da uno dei figli del duca, all’inizio del 2000. “L’idea di mio padre era di farne un albergo, – racconta Maria Grazia D’Amico a Le Vie dei Tesori – ma questo progetto non è andato in porto. Adesso, stiamo cercando di capire cosa fare della nostra proprietà. Sono arrivate delle proposte di vendita che stiamo valutando, ma ancora non abbiamo preso una decisione. Sicuramente ci piacerebbe poter valorizzare e riqualificare questo bene, ma avremmo bisogno di aiuto perché da soli non possiamo farcela”.
Nonostante sia da tempo in disuso e più volte vandalizzato, Palazzo Avarna si conserva in discreto stato, anche grazie all’attenzione dei proprietari. Le sue origini risalirebbero al tempo di Federico II, ma l’edificio è stato ristrutturato e riadattato come residenza negli anni ‘40 del secolo scorso. A riscoprirlo qualche anno fa i ragazzi di Ascosi Lasciti, associazione culturale che da anni si dedica all’urbex, esplorazione urbana di luoghi abbandonati. “Cercavamo la cappella, ma abbiamo fatto un’esplorazione dell’intero borgo, abitato solo da poche famiglie e per lo più in estate – spiega Cristiano La Mantia, presidente di Ascosi Lasciti, con cui su questo magazine abbiamo iniziato a raccontare le storie di luoghi abbandonati – . Così, dopo aver conosciuto i proprietari, ci piacerebbe insieme a loro organizzare eventi e mostre per far conoscere meglio questo palazzo bellissimo e tutelarlo dai vandali. Nella speranza che possa presto rinascere come merita”.(Foto Ascosi Lasciti)