La città del Gattopardo che rinasce con la cultura

Il borgo agrigentino si candida al riconoscimento del Mibact, puntando sulla sua storia e sulle bellezze monumentali e ambientali

di Antonio Schembri

21 Marzo 2020

Anche quando, dal dopoguerra alla fine del Novecento, degrado e abbandono raggiunsero quel punto estremo di assurdità che forse nessuno riuscì a descrivere meglio di Giuseppe Fava ne “I Siciliani”, il saggio – inchiesta sulla bellezza offesa della Sicilia, pubblicato dal grande cronista e drammaturgo catanese pochi anni prima d’essere ucciso dalla mafia a Catania, il patrimonio monumentale di Palma di Montechiaro non ha comunque mai cessato di meravigliare. Quattro secoli di storia e di sicilianità: dal fascino barocco delle sue chiese seicentesche alle atmosfere del Gattopardo, quelle legate al tramonto dell’aristocrazia e alla proterva affermazione della borghesia agricola all’indomani delle imprese garibaldine.

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Giuseppe Tomasi di Lampedusa

Riferimento concreto, quest’ultimo, legato alle origini palmesi della nobile famiglia dei Tomasi che, mescolato con i valori naturalistici di prim’ordine di un territorio due secoli fa suddiviso in vasti feudi adibiti a agricoltura e pastorizia, con ogni probabilità ispirò alcune tra le pagine più emozionanti del grande romanzo scritto dal loro più illustre discendente, Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Un tesoro raccontato la scorsa estate durante l’esclusivo evento di Dolce e Gabbana per le vie del centro storico e dalla recente puntata dedicata a Palma di Montechiaro da Ulisse, il programma Rai di Alberto Angela.
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La Chiesa Madre di Maria Santissima del Rosario

Su questi valori oggi la cittadina situata a 21 chilometri da Agrigento punta per concorrere al titolo di Capitale italiana della cultura 2021, insieme alle siciliane Trapani, Modica e Scicli. Lo fa con requisiti di peso, illustrati nel dossier la cui presentazione al Mibact, prevista questo mese, è stata rimandata a fine giugno per l’emergenza sanitaria in corso. Dal trecentesco Castello chiaramontano, appena fuori dal paese, che sovrasta una delle baie più belle dei 136 chilometri del litorale provinciale, ai luoghi ed edifici addensati nel centro storico di Palma di Montechiaro, come la superba scalinata che conduce in cima alla collina dove si erge la facciata barocca della Chiesa Madre, il Palazzo Ducale e l’adiacente Monastero delle Benedettine.
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Piazza Provenzani

Luoghi, questi ultimi due, legati proprio alla storia dei Tomasi. Il capostipite, il duca Giulio I, fondatore di Palma di Montechiaro, investì ingenti risorse economiche nella creazione di questa comunità. A animarlo fu la forte fede religiosa, trasmessa all’intera sua famiglia. Tra i suoi figli, Giuseppe Maria Tomasi, cardinale e teologo di fine 1600 fu proclamato santo da papa Giovanni Paolo II nel 1986 mentre Isabella, suora di clausura, sepolta nel monastero, fu proprio la personalità locale che, sempre nel Gattopardo, ispirò al grande scrittore palermitano il personaggio della Beata Corbera. Un edificio, il monastero di Palma, la cui fama è peraltro ancora oggi legata ai favolosi biscotti ricci alla mandorla aromatizzati al limone, preparati dalle sapienti mani di generazioni di suore e resi famosi dalle pagine del romanzo.
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Santuario di Monte Calvario

Tutto questo e non solo. Palma di Montechiaro ha infatti anche una complessa storia archeologica. Lo prova il sito di Monte Calvario, con la Grotta della Zubbia frequentata dall’uomo nell’era Neolitica fra il VI e il V millennio avanti Cristo. Inoltre è uno dei territori siciliani più legati alla vicenda delle miniere di zolfo. Immancabili gli eventi folkloristici, dove si fondono sacro e profano, come la Festa della Madonna del Castello, col suo chilometrico corteo di cavalieri e carretti siciliani. E c’è la cornice di ambiente naturale tipicamente mediterraneo: “Diciassette chilometri di costa, con un mare pressoché incontaminato, un’area Sic dalle caratteristiche uniche in termini di flora e fauna e diverse spiagge e insenature stupende, a cominciare da quelle di Punta Bianca, con candide falesie simili a quelle dei più famosi siti di Scala dei Turchi e Torre Salsa”, tiene a sottolineare il sindaco Stefano Castellino. In questi giorni anche per i 23mila abitanti di Palma di Montechiaro la vita scorre con sofferenza all’interno degli spazi domestici. Fuori, tra viuzze e scalinate al cospetto delle splendide facciate di chiese e palazzi storici tutto è deserto, come un impianto scenografico momentaneamente surreale e triste.
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Un tratto del litorale

“Ma vogliamo che rinasca presto – riprende Castellino – . Ci stiamo provando del resto già da qualche anno, con l’apertura di cantieri su più fronti (più di 10 quelli in corso d’opera per una spesa complessiva superiore a 20 milioni di euro, informano al comune, ndr), a cominciare dalle ristrutturazioni immobiliari e il miglioramento della viabilità”. Nel documento elaborato per la candidatura a capitale della cultura c’è una caparbia voglia di riscatto economico e sociale. Tutto adesso è legato a quando e come si allenterà la morsa della paura della pandemia. La via, però, è già segnata. “Per Palma di Montechiaro – conclude il sindaco – è quella della valorizzazione turistica e culturale”.