La cucina della felicità: cibo, narrazione e sogni che si avverano
10 Giugno 2021
Prende forma a Palermo una nuova impresa sociale multiculturale legata alla ristorazione e al turismo, formata da sei ragazzi di cinque diversi Paesi del mondo
di Giulio GiallombardoC’è il profumo della felicità nella cucina del Centro Astalli di Palermo. È il sogno di sei ragazzi che sono il volto del mondo. Storie di chi si è aggrappato alla speranza di ricominciare una nuova vita e ci è riuscito, lasciandosi alle spalle momenti difficili. Giovani che hanno voglia di ripartire dopo aver lavorato sodo anche durante i mesi più complicati della pandemia, preparando i pasti a chi non poteva permettersi pranzi e cene. Adesso, le loro esperienze si sono fuse insieme, dando vita a Kirmal, impresa sociale multiculturale legata al cibo e al turismo, nata in seno al Centro Astalli, da oltre trent’anni impegnato ad aiutare i rifugiati.
Sei vite diverse strette in un abbraccio, evocato già nel nome della nuova start-up, parola che in libanese significa “per”, ma allo stesso tempo è formata dalle iniziali dei nomi dei ragazzi. Li abbiamo conosciuti meglio ieri durante una cena di presentazione al Centro Astalli, in cui hanno fatto assaggiare i loro piatti. In cucina c’è Ameth Kah, 37 anni, originario del Gambia, a Palermo da 5 anni. Dopo il diploma delle medie, ha iniziato a lavorare nei ristoranti, imparando a cucinare. “Questo è il mio futuro, un sogno che si realizza, una grande passione che diventa realtà”, dice.Ma cuore della cucina di Kirmal è anche il palermitano Riccardo Pizzuto, 33 anni, che si divide tra il fuoco dei fornelli e quello della musica. Se da un lato ha studiato alla scuola degli chef Mimmo e Roberto Cascino, attraverso cui ha conosciuto il Centro Astalli, dall’altro ha studiato direzione d’orchestra con Ennio Nicotra. Adesso Riccardo suona il pianoforte, ma allo stesso tempo, ha puntato tanto su Kirmal: “Vogliamo crescere, far gustare i nostri menu multietnici e coinvolgere i palermitani nei nostri eventi narrativi”.Già, perché Kirmal non è solo cibo, ma anche narrazione, teatro e in futuro anche musica. Anima creativa dell’associazione è l’ivoriano Ibrahima Deme, 23 anni di cui gli ultimi 4 trascorsi a Palermo. Arrivato su un barcone a Lampedusa, dopo i primi giorni all’hot spot, è stato trasferito ad Agrigento, per poi arrivare nel capoluogo siciliano. Oltre a dare una mano in cucina, Ibrahima scrive e interpreta i racconti narrati durante le loro cene e i loro eventi, come è stato durante alcune passeggiate alla scoperta dei luoghi dell’accoglienza e dell’intercultura, durante la scorsa edizione del festival Le Vie dei Tesori a Palermo. “Qui mi trovo bene – racconta – ho fatto spettacoli, ho fondato una piccola impresa con altri ragazzi, però è pur vero che ci sono molti miei coetanei arrivati qui, che ancora devono trovare la loro strada, magari perché sono meno informati o perché hanno preso strade sbagliate”.Vorrebbe aiutarli tutti Mustapha Jariou, 23 anni, originario del Gambia. Anche lui sbarcato a Lampedusa, poi a Siracusa e in altri centri d’accoglienza sparsi per la Sicilia, fino all’arrivo a Palermo, 5 anni fa. Il suo sogno è poter lavorare un giorno nel settore dei diritti umani, “per dare voce a chi non ce l’ha – spiega Mustapha – . Io so che significa trovarsi in difficoltà e in questo momento credo di poter fare qualcosa per tutti quei fratelli e sorelle che stanno arrivando in Italia. Vorrei diventare per loro un punto di riferimento e dare voce agli oppressi”.A occuparsi dell’amministrazione e organizzazione delle attività di Kirmal è, invece, Kirolos Kamil Zaher Bebawy, egiziano di 23 anni. Arrivato a Palermo nel 2015, dopo un peregrinare tra centri d’accoglienza e comunità, ha ricominciato gli studi e adesso è al quarto anno all’istituto per il turismo “Marco Polo”, dove segue i corsi serali. Oltre all’arabo e all’italiano, parla anche lo spagnolo e il tedesco e sogna un giorno di poter diventare mediatore linguistico. Ha fatto il facilitatore nel corso di un progetto con Itastra, la Scuola di italiano per stranieri dell’Università di Palermo, ricordandolo come “una delle esperienze più belle della vita”.Infine, dal Vietnam arriva Thi Tung Lam Dihn, 27 anni, unica ragazza del gruppo. Vive a Palermo dal 2017, dove si è laureata in scienze del turismo e in Kirmal si occupa di contabilità e segreteria amministrativa. In Sicilia ha trovato terreno fertile per la sua vocazione alla contaminazione culturale. “Sin da quando ero piccola, nel mio paese, partecipavo a progetti di scambio – racconta Lam – ma sto provando l’esperienza di una vera interculturalità, che con Kirmal vogliamo promuovere attraverso la cucina, la narrazione e il turismo sostenibile”.Un lavoro che si è perfezionato nel tempo, epilogo del progetto “Voci del Verbo Viaggiare – Accoglienza mediterranea”, sostenuto dal bando “Iniziativa Immigrazione” della Fondazione Con il Sud, con capofila il Centro Astalli Palermo, in partnership con Consorzio Arca, la Scuola Itastra, Cledu, Comune di Palermo, Ecomuseo Mare Memoria Viva, Next, Pluralia, Wonderful Italy. Ognuna di queste strutture ha seguito un preciso ambito della formazione dei sei giovani, selezionati tra 30 ragazzi, migranti e non, accompagnandoli nel percorso di nascita e crescita di Kirmal. Il gruppo si è fatto le ossa aiutando le famiglie in difficoltà durante la pandemia. Accanto alla mensa del Centro Astalli, i giovani di Kirmal hanno utilizzato la cucina del Centro diaconale Valdese, consegnando pasti agli abitanti del quartiere Noce. E recentemente Kirmal ha partecipato al progetto Cantieri Luoghi Accoglienti con Cre.Zi. Plus, per preparare migliaia di pasti da distribuire ai più fragili delle comunità straniere di Palermo.“È un nuovo esperimento che si conclude con l’affidamento a Kirmal della cucina del nostro centro – interviene Alfonso Cinquemani del Centro Astalli – . Un gruppo di operatori provenienti da varie parti del mondo che hanno costituito una società dopo un lungo periodo di formazione, non solo in cucina, ma anche nell’accoglienza e nella formazione turistica. Si realizza il nostro sogno di una realtà operativa di migranti che finalmente ha costituito una piccola impresa. Cosa non molto frequente nelle nostre città”.