◉ CULTURA
La lezione di Carlo Scarpa a Palazzo Abatellis: un museo che ha fatto storia
La Galleria regionale festeggia i settant’anni, celebrando l’allestimento del grande architetto veneziano. Sempre alla ricerca della giusta luce e del migliore spazio per valorizzare le opere d’arte, ha realizzato per lo spazio espositivo palermitano uno dei suoi migliori progetti. In esposizione, pannelli ideati da Federico Lupo ispirati ai disegni del designer
di Guido Fiorito
16 Novembre 2024
La Galleria regionale di Palazzo Abatellis, a Palermo, festeggia i settant’anni (1954-2024) con una serie di iniziative, e dedicando una riflessione critica e una piccola mostra a Carlo Scarpa che realizzò il suo allestimento. Durante la guerra il palazzo fu danneggiato nei bombardamenti dell’aprile 1943 e abbandonato dalle monache benedettine che vi dimoravano dal Cinquecento per volontà testamentaria di Maria Tocco, vedova di Francesco Abatellis, mastro portulano del regno di Sicilia. Nel Dopoguerra il palazzo viene destinato a museo d’arte medievale, lasciando al museo nazionale intitolato a Salinas il settore archeologico.
La realizzazione del nuovo museo viene affidata a Giorgio Vigni. “Questi – racconta l’architetto Matteo Iannello, docente di storia dell’architettura all’Università di Udine – si reca a Messina nel 1952 per vedere la mostra a Palazzo Zanca delle opere di Antonello da Messina e rimane impressionato dall’allestimento di Carlo Scarpa. Lo vuole conoscere subito e gli affida il nuovo museo palermitano”. I quadri di Antonello erano disposti scenograficamente tra alte superfici di tessuto calicò, ammorbidito con bagni di acqua, the e tulle avorio e rosa per dare la giusta luce.
Il veneziano Carlo Scarpa è un designer che si era fatto conoscere per il restauro di Cà Foscari egli allestimenti alla Biennale di Venezia. Un profondo conoscitore dei materiali e del disegno. “L’allestimento – racconta Iannello – fu realizzato in otto-nove mesi, pochissimi, anche se Vigni era stato minacciato di licenziamento se non avesse aperto la galleria. Si tratta del primo museo allestito per intero da Scarpa e il rapporto fra i due era a volte difficile tanto che in uno dei telegrammi di sollecito a chiudere i lavori, Vinci chiama Scarpa amico mio impossibile”.
Scarpa studiava in modo quasi ossessivo ambienti e opere per trovare la migliore soluzione. La prima scelta fu di mettere al piano terreno le sculture per ragioni statiche e al primo piano le pitture. Poi una grande quantità di schizzi che raramente venivano definiti con progetti esecutivi: preferiva trovare le soluzioni in cantiere a colloquio con gli operai e l’officina. Così tracciava a carboncino i segni sull’intonaco dove dovevano aprirsi finestre. Sceglieva in generale materiali poveri, una eccezione è l’ebano per il piedistallo per il ritratto di Eleonora di Aragona. In piante del palazzo segnava a matita soluzioni, modifiche, spostamenti.
“Per il Trionfo della morte – continua Iannello – Vinci pensava al grande salone del primo piano ma per Scarpa era un errore che faceva torto all’architettura, dividendo in due la sala, e all’opera d’arte. Così è intervenuto ritagliando uno spazio nella cappella al pian terreno, montando l’affresco su un telaio che aveva due scopi: garantire la manutenzione e tenere lontana l’umidità”. Ancora oggi, come ha ribadito la direttrice Maria Maddalena De Luca, “questa è la scelta più intelligente di Scarpa. In generale, l’attenzione alla luce naturale, la cura nella scelta dei materiali, è tutto sapientemente studiato in funzione del visitatore”.
L’allestimento ha grande importanza nella storia della museografia anche perché, come ha spiegato la storica dell’architettura Orietta Lanzarini, anche lei docente all’Università di Udine, è uno dei pochi che si è mantenuto inalterato: c’è un lungo elenco di interventi di Scarpa che sono stati modificati nel tempo, per esempio le sezioni storiche del Museo Correr a Venezia sono state smantellate.
In esposizione, nella sala “sottocoro” della galleria, pannelli ideati da Federico Lupo ispirati ai disegni e all’allestimento di Scarpa, e manufatti della storica azienda vetraria Venini, di cui fu direttore artistico, progettati per palazzo Abatellis. Scarpa era maniaco nella ricerca della luce giusta e di scenografie efficaci eppure del suo lavoro di Palermo conservò un approccio umile: “La qualità – disse in una lezione ai suoi allievi – è merito grande del palagio costruito dall’architetto Matteo Carnilivari”. Eppure Walter Gropius l’aveva definita “la migliore ambientazione di museo che mi sia capitato di incontrare in tutta la mia vita”.