◉ PALERMO

La Vucciria di Guttuso e il mercato che non c’è: come nasce un capolavoro

Il celebre quadro esposto allo Steri, ispirato ai ricordi dell’artista, fu realizzato nello studio di Velate, vicino a Varese, a partire da alcune foto scattate un anno prima a Palermo. Una sintesi immaginaria che non ritrae dettagli precisi del luogo, ma ne restituisce l’idea e le suggestioni

di Carola Arrivas Bajardi

22 Settembre 2023

di Carola Arrivas Bajardi

La Vucciria, il più noto dipinto di Renato Guttuso, era nelle intenzioni del suo autore “una grande natura morta” dedicata a uno dei più importanti mercati storici di Palermo. Ma qual è la genesi di quest’opera iconica per l’arte italiana del Novecento, oggi custodita allo Steri?

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Renato Guttuso

Il processo creativo che ha portato Guttuso alla realizzazione del quadro nel 1974 è stato raccontato da Fabio Carapezza Guttuso, suo figlio adottivo, nel saggio Storia di un quadro, a partire dalle foto scattate dall’artista nel ’73 sino alla realizzazione nello studio lombardo di Velate: “Ricordo il frenetico via vai di verdura, frutta, ortaggi, pesci e di ogni altro ben di Dio. La maggior parte della merce non poteva, però, essere reperita nei mercati lombardi. Guttuso non avrebbe ritrovato i colori e profumi delle specialità isolane, indispensabili a risvegliare la memoria del luogo. Al mattino presto, da Palermo, telefonava il fido Isidoro per comunicare che la ‘robba’ era stata caricata sul primo aereo per Milano. Alle 9 in punto, Aldo [Antonelli] era già all’aeroporto di Malpensa, per ritirarla. Un’ora dopo il materiale era in studio, pronto per il maestro”.Alla fine di questo lungo iter, la grande tela di 3 metri quadri risulterà sorprendentemente diversa dalle foto scattate dall’artista. “I fatti e le immagini, i ricordi e le fotografie, si sono trasformati in un’idea: l’idea del mercato”. Nessun viaggiatore, neanche il più attento, percorrendo gli intricati vicoli del mercato palermitano, riuscirebbe a trovare una via perfettamente corrispondente all’immagine che Guttuso ha voluto ricreare nel suo studio.

Particolare della Vucciria

Carapezza ci fa entrare nell’opera attraverso una meticolosa descrizione, soffermandosi dapprima sull’”enorme massa sanguinolenta del bue squartato” che ricorda la celebre Figura con carne di Francis Bacon, poi sulla rigorosa divisione tra le merci: “A sinistra stanno i pesci, prima i polipi, nel loro viscido ammasso, poi gli altri ancora guizzanti, con le aragosta e i gamberi ancora in movimento, fino al pesce spada che mostra la recente rosea ferita e che viene impugnato, trattenuto, dal venditore per la spada. A destra le uova perlacee, e poi le carni e i formaggi, le olive, la frutta, la verdura. In fondo le rosse mele, con le arance e le pere, sistemate nelle alte cassette”.Ma, ancora una volta, questo orror vacui di merci e di colori, pur identificando perfettamente il mercato palermitano, non ne ritrae un angolo o un punto preciso, vi è infatti, a detta dello stesso Guttuso “una sintesi di cose e persone: una grande natura morta con in mezzo un cunicolo entro cui la gente scorre e si incontra”.

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All’epoca in cui lo dipinge, Guttuso conosce bene il mercato della Vucciria. Come testimoniano le foto in cui è seduto al tavolo della mitica trattoria Shangai o passeggia tra le bancarelle e le putìe, lo ha frequentato assiduamente durante il suo periodo palermitano, e sa perfettamente che è proprio in mezzo al mosaico di persone, di colori e di vanniaturi che si apre la fantasia, avvengono gli incontri e sono possibili gli accadimenti.Ma tutta questa abbondanza di vita contiene un “fondo nero”. Non a caso Guttuso farà sua la definizione “quadro nero” di Cesare Brandi e, ritenendola “una cosa giustissima”, afferma che il quadro sembra “dipinto sopra un fondo nero. Voglio dire: a un certo punto, mentre dipingevo, mi sono accorto come tutta quella abbondanza di vita contenesse, nel fondo, un senso distruttivo. Senza che io ci pensassi o volessi, la tela esalava un sentimento di morte”.

L’opera è dunque la sintesi della duplice anima del mercato: la vita e la morte, la vucciria e la macelleria. Dicotomia insita nell’etimologia stessa del termine “vucciria” che deriva dal francese boucherie (macelleria) ma ha assunto in dialetto palermitano il significato di vivace confusione. Questi forti contrasti hanno ispirato, nel  2015, anche un interessante progetto di Roberto Andò e Marco Betta intitolato “Il quadro nero ossia La Vucciria, il grande silenzio palermitano”. Il regista si accosta all’opera attraverso il racconto di Andrea Camilleri La ripetizione, ispirato anch’esso alla celebre tela. L’autore ci fa entrare “dentro” il quadro, tra le lampare accese e la gente che si struscia nello stretto e tortuoso canale, in un susseguirsi di gesti e di sguardi… e chissà cosa accadrà quando la donna vestita di bianco incrocerà l’uomo con il maglione giallo, che procede verso di lei in direzione opposta.