L’antica patrona e la sua chiesa scrigno di storie

Santa Ninfa dei Croficeri fu il primo edificio a essere costruito in via Maqueda, custodisce numerose opere d’arte e due particolari monumenti funebri

di Emanuele Drago

27 Luglio 2020

La Chiesa dedicata a Santa Ninfa dei Crociferi, con annessa Casa Professa dei padri Crociferi, oltre a essere stato il primo edificio che venne edificato sulla Strada Nuova (poi qualche anno dedicata al defunto viceré Maqueda) è anche un luogo in cui l’arte e la storia camminano di pari passo, spesso stratificandosi e sovrapponendosi; e infatti, già a partire dalla facciata esterna (per la verità in pessimo stato) è possibile ammirare dei riquadri con dei festosi rilievi in stucco che oltre a ricordare la posa della prima pietra, alla quale presenziò lo stesso Camillo De Lellis – padre abruzzese fondatore dell’ordine dei Crociferi – ricordano altresì il martirio di Santa Ninfa, una delle quattro Vergini patrone della città, alla quale la chiesa venne intitolata.

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Gruppo scultoreo di Serpotta

Stando alle informazioni agiografiche, la piccola palermitana Ninfa, dopo essersi convertitasi al Cristianesimo e aver seguito nel suo lungo pellegrinare il vescovo San Mamiliano, subì il martirio a Roma, luogo in cui, nella chiesa di Santa Maria in Monticelli, fino alla fine del Cinquecento si trovavano le sue reliquie. Ma grazie all’interessamento della moglie dell’allora viceré De Olivares, le reliquie poterono ritornare in città per essere solennemente deposte nella Cattedrale.
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Uno dei dipinti di Borremans

Quel solenne ritorno delle reliquie di Santa Ninfa (giunte su un carro trionfale) finirono per influenzare in maniera decisiva la stessa festa della futura patrona Rosalia. Infatti, sul finire del Seicento, per volontà del pretore del Bosco, anche Rosalia Sinibaldi poté aggirarsi per il Cassaro su un carro trionfale, proprio come era accaduto quel giorno a Santa Ninfa. Ma se la chiesa che fu a lei dedicata non poté accogliere le sue reliquie, ciò tuttavia non gli impedì, nonostante la lunga e travagliata edificazione, di arricchirsi di altri importanti manufatti: dai tre splendidi affreschi del Borremans in cui vi sono ritratti Gesù, Giuseppe e la Sacra Famiglia, al pregevole gruppo scultoreo della cappella del Crocifisso realizzato da Giacomo Serpotta.
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Monumento funebre di Lord Acton

Un’altra particolarità della chiesa, oltre alla presenza sul transetto di una finta cupola realizzata dal Riolo, è la presenza sull’altare di uno splendido affresco (Santa Ninfa e le Sante Vergini palermitane) realizzato da Gioacchino Martorana e che sembra alludere chiaramente alla Pala della Madonna del Rosario che Van Dick realizzò per l’omonimo oratorio di via dei Bambinai. Ma le curiosità non finiscono qui. La chiesa infatti, ai lati delle porte d’ingresso, custodisce anche due particolarissimi monumenti funebri. Nel primo, che si trova addossato alla navata di sinistra, v’è sepolto Lord Acton, il comandante della flotta navale del Granduca di Toscana, Pietro Leopoldo, che giunse in Sicilia su richiesta della sorella dello stesso Granduca, la regina di Napoli, Maria Carolina.
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Presbiterio della chiesa

Fu proprio grazie all’azione svolta da Acton che i Borbone poterono ottenere (in funzione antinapoleonica) l’appoggio navale degli inglesi. Quando i sovrani fuggirono da Napoli e giunsero a Palermo, ebbero al loro seguito l’intera corte, compreso Lord Acton. Fu proprio in quel contesto che maturarono storie e dicerie popolari su tresche e scandalosi amori: si parlò addirittura, oltre che di una relazione tra lo stesso Lord Acton e la regina, anche di una presunta tresca tra la stessa Maria Carolina e la moglie dell’ambasciatore Hamilton; tresca che tra l’altro venne anche rappresentata all’interno della Certosa di Bagheria, un bizzarro museo delle cere (oggi museo del giocattolo Piraino) voluto dall’eclettico Ercole Michele Branciforte Pignatelli alla fine del XVIII secolo. A quanto pare Acton aveva trovato a Palermo il modo per accomiatarsi dalla vita politica, avendo sposato a sessantaquattro anni la nipote di tredici anni, da cui tra l’altro ebbe tre figli.
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Monumento funebre di Jurato

L’altro personaggio il cui monumento funebre si trova vicino l’ingresso della navata di destra della chiesa di Santa Ninfa ai Crociferi, è invece Giuseppe Maria Jurato, giudice della Gran Corte Civile e ricco borghese. Si narra che, dopo aver edificato il palazzo che oggi si affaccia ai Quattro Canti, sul cantone di Santa Ninfa (oggi conosciuto come palazzo Rudinì) il giudice se ne vantasse, soprattutto per disprezzare l’aristocrazia del tempo. Jurato, infatti, per farsi beffe dell’aristocratico dirimpettaio, il ricco Giuseppe Miserendino, una volta terminati i lavori sembra avesse fatto affiggere sul portone d’ingresso la scritta latina “remis et non velis” (“con remi e non con vele”) una chiara allusione al fatto che egli, contrariamente ai nobili, con abnegazione e sacrificio e senza illustri discendenti, fosse stato in grado di raggiungere gli stessi risultati.*Docente e scrittore