Le cascate di San Nicola salvate da un gruppo di giovani volontari
Cresce l’attenzione verso il sito naturalistico nelle campagne di Bolognetta, alcuni ragazzi hanno rimosso 200 chili di rifiuti dalle strade
di Maria Laura Crescimanno
3 Aprile 2021
Stanno diventando talmente famose grazie ai social, che incontriamo persino una fotografa australiana fuggita da Parigi per la pandemia, in Sicilia per smart working al caldo della nostra primavera. È arrivata sin qui, tra il salto dell’acqua e la grotta dei Briganti, seguendo Facebook ed Instagram. Ma basterà tutta questa notorietà a salvare questo piccolo paradiso minacciato dai rifiuti?
Sono le cascatelle di San Nicola, nelle campagne di Bolognetta (ve ne abbiamo parlato anche qui), un itinerario fluviale non certo adatto ai principianti del trekking, né a famiglie per comodi picnic, che sta suscitando, grazie anche alle splendide foto di Filippo Barbaria, la meraviglia del popolo web. Mentre cresce, di pari passo, la preoccupazione di botanici e naturalisti. La strada per raggiungerle, la statale 134, diventa man mano che ci si inoltra tra gli uliveti, una vera discarica a cielo aperto, dove la spazzatura brucia sotto il sole e ammorba l’aria. Samuele Buglino, ventenne studente universitario di Casteldaccia, ormai noto come “il ragazzo delle cascate di San Nicola”, è impegnato quotidianamente nella valorizzazione di quest’oasi naturalistica e insieme a altri giovanissimi, ha costituito il comitato “Custodi del territorio”. “Non vogliamo soltanto far conoscere il sito – spiega – che resta non adatto per le gite domenicali dei camminatori poco esperti e mal attrezzati, ma sollevare l’interesse delle istituzioni nei confronti della sua protezione. Il motivo per cui da un anno abbiamo aperto gli account Facebook e Instagram è appunto quello di attirare l’ attenzione delle autorità preposte, ma anche dei volontari per la pulizia e la risistemazione dei camminamenti attorno al fiume”. Prima dell’alluvione del 2018, quando la devastante piena del torrente Milicia travolse tutto, questo era un paradiso naturale nascosto, ma pur sempre terra di nessuno. “Frequentandolo – prosegue Samuele – ci siamo accorti che in realtà era diventata una discarica. Sul percorso che porta al fiume, o nelle campagne intorno, abbiamo trovato rifiuti ingombranti, persino eternit, scarti di auto, plastica, sacchetti, per non parlare di altra plastica portata dal corso del fiume, le cui acque non sono mai state analizzate. Da quest’anno abbiamo messo dei cartelli, diamo indicazioni su come raggiungere in sicurezza il posto, attiriamo i volontari che si portano guanti e sacchi per raccogliere, poi il Comune, con cui abbiamo avviato una collaborazione, ci fornisce una camionetta che scarica i rifiuti differenziati per portarli al corretto smaltimento. Sino ad oggi abbiamo liberato l’area da almeno 200 chili di rifiuti, un fenomeno vergognoso comune a molti corsi d’acqua della Sicilia, qualcuno dovrebbe occuparsene”. Il botanico palermitano Orazio Caldarella, che da sempre frequenta e studia la flora di questa zona, ci racconta che a inizio novembre del 2018, il torrente Milicia in questo punto, incontrando una strettoia a monte, si è sollevato di 5,6 metri, per poi esplodere al salto della cascata, spazzando via tutto, olmi, salici, fichi selvatici, tamerici e tutta la flora tipica ripariale. Si sono salvati però i pioppi neri, che hanno resistito alla furia dei detriti. “Adesso, sarebbe auspicabile, dopo aver ripulito completamente e bonificato la strada di accesso, – aggiunge Caldarella – lasciare che la natura, con i suoi tempi, compia da sola la rinaturalizzazione di questo sistema fluviale. Ogni intervento improvvisato di piantumazione, sentieristica e altre iniziative per incentivare la fruizione del sito in modo incontrollato, non coordinato da università, o esperti forestali e naturalisti, che dovrebbero seguire un attenta pianificazione, andrebbe evitata. Meglio lasciar fare alla natura, che mentre noi discutiamo, è già ripartita”.(La foto grande in alto è di Filippo Barbaria)