Palazzo Arcivescovile e Cappella sveva: gli scrigni di Siracusa
Sede della curia e del seminario, l’edificio custodisce volumi dell’antica Biblioteca alagoniana e il tesoro del Duomo. Sarà visitabile, nei week-end dal 14 al 30 settembre, nel corso del festival Le Vie dei Tesori
di Federica Certa
29 Agosto 2018
Candido baluardo che affianca il Duomo, in una delle piazze più belle, fotografate e ammirate della Sicilia, il Palazzo Arcivescovile di Siracusa sembra un gigante addormentato, una mastodontica, placida nave in rada che custodisce nel suo ventre i gioielli dell’antica Biblioteca alagoniana e della Cappella sveva, e le cupe memorie del carcere dell’Inquisizione. Sede della curia vescovile e del seminario, la struttura, così come è conosciuta oggi, è frutto di sistematici restauri.Fino al 1200, infatti, la sua originaria forma consisteva in un palazzo di epoca sveva, di cui oggi rimane solo la cappellafedericiana, situata all’interno del primo dei due cortili. Il complesso subì dei rimaneggiamenti in epoca aragonese, quindi fu distrutto e ricostruito per volontà del vescovo spagnolo Juan de Torres Osorio di Siracusa: il restauro cominciò nel 1618, su progetto dell’architetto Andrea Vermexio, e si rivelò così solido ed efficace da preservare il Palazzo anche dopo il terremoto del 1693, tanto da poter dare rifugio alle suore evacuate dai conventi di Santa Maria della Concezione e del vicino Santa Lucia alla Badia.Centrale per determinare le sorti del Palazzo fu anche Giovanni Antonio Capobianco, uno dei vescovi più illuminati di Siracusa, che governò dal 1649 al 1673. Spirito moderno e pionieristico, Capobianco concepiva l’opera della Chiesa come un’attività quotidiana vicina alla comunità, rivolta al maggior numero di beneficiari. Oltre a dare impulso a un gran numero di opere d’arte sacra, al vescovo si deve anche la creazione del giardino vescovile e la realizzazione del carcere, ricavato da una parte del palazzo. Una piccola curiosità: pare sia a lui che vada attribuita la fondazione della prima tipografia della città. Successivamente, fra ‘700 e ‘800, una sostanziale riqualificazione trasformò il complesso in un edificio di stile tardo barocco, con richiami al neoclassicismo, evidenti nella severa facciata a tre ordini, intervallati da finestre arcuate.All’interno del Palazzo Arcivescovile, la Cappella sveva, con le sue possenti volte a crociera che ricordano il castello Maniace, è un luogo simbolo di rinascita, una serva che nasconde un’anima da principessa, sovvertendo un destino di incuria e incarnando la forza e la bellezza di una seconda vita.In origine questo ambiente nacque infatti come portico e divenne luogo di culto dopo Federico II. Poi se ne perdono le tracce e per lungo tempo è utilizzato come cucina e legnaia del Palazzo Arcivescovile. Solo agli inizi del Novecento viene rimesso a nuovo per volontàdi Luigi Bignami, arcivescovo milanese che operò fino alla sua morte a Siracusa.Le ulteriori operazioni di restauro degli anni Novanta hanno infine restituito la Cappella alla città. L’architettura del piccolo edificio si sviluppa secondo uno stile tipicamente federiciano: le volte a crociera costolonate presentano i marchi delle fabbriche di lapidi reali, già visibili nel castello Maniace; i costoloni e le colonne poligonali bicrome confermano la datazione sveva dell’edificio. Dei pilastri poligonali che sostenevano gli archi ne rimangono soltanto due, con le loro eleganti decorazioni di fiori e animali che impreziosiscono i capitelli. Oggi “perla” del complesso, sede di mostre ed eventi culturali, la Cappella conserva il tesoro del Duomo con gioielli e opere d’arte sacra.Le Vie dei tesori faranno tappa al Palazzo arcivescovile con percorsi guidati in programma nei week-end dal 14 al 30 settembre. Il pubblico attraverserà il primo cortile e accederà alla Cappella, quindi – passando da un corridoio con copertura a botte e colonne in granito policrome ricavate da vestigia di epoca romana – si troverà nel secondo cortile e da qui entrerà nell’antico carcere, dove, nei decenni bui dell’Inquisizione spagnola venivano rinchiusi i “nemici” della chiesa, avversari politici ed eretici.“Questo ampio spazio, formato da un unico vano con soffitto a volta e piccole finestre nella fascia superiore, è senz’altro la parte più suggestiva del percorso – spiega Patrizia Bisicchia, responsabile della formazione per le giovani guide che partecipano alla manifestazione nell’ambito dei progetti di alternanza scuola-lavoro – perché sono ancora ben visibili i segni della vita quotidiana dai galeotti: la latrina incassata nel muro, con piccole tacche incise nella parte sinistra, forse come rudimentale pallottoliere per contare gli anni di prigionia; l’apertura strombata che il custode del carcere utilizzava per passare cibo e acqua ai detenuti; la finestrella da cui poteva spiarli”.Ultima tappa del percorso, la biblioteca realizzata negli anni ’60 del secolo scorso per ospitare la ricchissima collezione di volumi voluta dal vescovo Giovan Battista Alagone e precedentemente custodita nel seminario di via Minerva. Qui si trova un prezioso corpusdi miniature, testi religiosi e pubblicazioni “laiche” – persino una copia del Corano – come disposto da Alagone, uomo di chiesa di ampi orizzonti e cultura enciclopedica, che fondò la biblioteca nel 1780, per la maggior parte a sue spese.Per partecipare alle visite guidate basta scaricare i coupon a breve disponibili su leviedeitesori.it: un “pacchetto” di dieci incontri costa dieci euro. Sullo stesso sito verranno pubblicati il carnet dei luoghi che apriranno le porte per il festival e i dettagli della rassegna.