◉ STORIE
I pozzi storici di Palermo, tesori d’acqua nella città assetata
Benché non utilizzabili per fronteggiare l’emergenza idrica, resta il valore storico di questi monumenti idraulici, in alcuni casi trasformati in autentiche opere d’arte. Li ha studiati il geologo Pietro Todaro, tra i massimi esperti del sottosuolo del capoluogo
di Giulio Giallombardo
7 Agosto 2024
Sono stati una risorsa della città, cuori sotterranei di chiese, palazzi e ville. Oggi sono testimoni di un’epoca, a ricordarci come l’acqua scorreva (e scorre ancora) nel ventre di Palermo. Nei giorni della crisi idrica che attanaglia non solo il capoluogo, ma l’intera Sicilia, i pozzi storici sono diventati piccoli monumenti che raccontano la vita dei luoghi delle comunità che contribuivano a sostentare. In alcuni casi trasformati in autentiche opere d’arte, con sculture e decorazioni che abbellivano le vere, ossia le balaustre di protezione chiuse attorno al foro, degli antichi pozzi si è occupato a lungo il geologo Pietro Todaro, tra i massimi esperti del sottosuolo della città, che nel suo libro “Palermo Sotterranea”, fresco di ristampa, ha dedicato un capitolo a questi monumenti d’acqua.
“Il territorio palermitano è stato fortunato nella storia, – spiega Todaro a Le Vie dei Tesori – perché povero di acque di superficie, ma ricco di acque di falda, che si mantengono più a lungo, al contrario delle acque dei bacini che scompaiono subito. Ma è bene sottolineare che oggi quello dei pozzi non è un sistema che potrebbe essere utile alla rete idrica potabile in sofferenza”. Secondo il geologo, infatti, le acque dei pozzi sono in buona parte contaminate dalla rete fognaria e da vari tipi di inquinamento e poi sarebbe complesso collegare e immettere nella rete pubblica pozzi che, nella maggior parte dei casi, non sono controllati da più di un secolo.
“Una cosa è la falda della piana di Palermo, un’altra quella dei monti – spiega ancora Todaro – . La prima è difficilmente utilizzabile, mentre l’acquifero dei monti viene già utilizzato, come ad esempio le sorgenti del Gabriele. Sono risorse poco vulnerabili per l’inquinamento e di elevata portata, anche se, a causa della siccità, anche questo tipo di sorgenti ha subito una riduzione. Spesso si dice che Palermo è ricca d’acqua e si potrebbero utilizzare i pozzi privati, ma sono affermazioni dettate dall’emotività, senza alcun fondamento idrogeologico”.
Benché non utilizzabili per fronteggiare l’emergenza idrica, resta il valore storico di questi tesori idraulici. A partire dall’ottocentesco pozzo di Villa Malfitano Whitaker, con la vera in marmo scolpito a stemmi e fregi araldici. Ma c’è anche il pozzo scolpito in calcarenite nel cortile della sede dell’Archivio di Stato alla Gancia e quello di cortile Maqueda all’interno del Palazzo Reale. Nel chiostro della Magione, c’è il pozzo restaurato un anno fa, con l’iscrizione ebraica incisa sulla vera. Il monumento – che faceva parte della sinagoga medievale di Palermo – è stato ritenuto in passato una pietra sepolcrale benché l’iscrizione non fosse in un’unica facciata, come d’uso, e non contenesse alcun elogio funebre.
Nel chiostro dell’ex convento di San Francesco di Paola, oggi sede della caserma Ruggero Settimo, durante i lavori di restauro degli affreschi, è stato scoperto un pozzo collegato ad un’antica cisterna. Sulla vera sono ancora visibili i solchi scavati dalle corde a cui erano agganciati i secchi che prelevavano acqua. Tra le più antiche vere c’è quella che si trova all’interno nell’ex convento dello Spirito Santo a Monte di Pietà. All’interno di una grotta è stato scoperto un pozzo di probabile origine normanna, su cui è inciso quello che dovrebbe essere l’anno di realizzazione, ovvero 1132.
Pozzo molto antico è anche quello che si trova all’interno della necropoli paleocristiana di Porta d’Ossuna o quello ritrovato nei sotterranei di Palazzo Marchesi intersecato dalla canna di una “senia” medievale, antico sistema idraulico che, sfruttando un sistema di secchi e carrucole, serviva prelevare l’acqua dal pozzo. Al Medioevo potrebbe risalire anche il pozzo che si trova all’interno della Cattedrale, mentre allo Steri, durante il restauro degli anni Settanta, è stato scoperto un curioso pozzo con scala in pietra che conduce fino al suo fondo, probabilmente antecedente al periodo dei Chiaramonte.
Altro aspetto legato alla presenza di pozzi storici è quello religioso. “Dal Medioevo fino al Settecento – scrive Todaro nella sua guida alla Palermo Sotterranea – , molti pozzi ebbero un significato sacrale. Molto antica è la concezione secondo la quale l’acqua per la sua peculiare limpidezza costituisce il simbolo della vitalità, del mutamento, della catarsi: a essa sono attribuite qualità terapeutiche e miracolose”.
Tra i più noti pozzi legati alla tradizione religiosa, si ricordano quello di Sant’Agata alle Mura, oggi non più esistente, le cui acque erano “dolcissime e dal sapore di latte”, scrive ancora il geologo. Anche l’acqua del pozzo di San Vituzzo, nel giardino della chiesa di San Vito, veniva considerata miracolosa e guariva soprattutto dai morsi dei cani rabbiosi. Il pozzo della chiesa di San Mercurio, a Porta di Castro, conteneva acque salutari per il “mal del freddo”, mentre – secondo Gaspare Palermo – il pozzo della non più esistente chiesa di San Biagio, sui ruderi della quale venne costruito alla fine del Settecento Palazzo Geraci, conteneva acqua efficace per curare il mal di gola.
“Fino agli inizi del secolo scorso molti di questi pozzi erano ancora attivi – osserva Todaro – e fornivano acqua potabile fresca e di buone caratteristiche organolettiche all’interno dei monasteri e dei palazzi del centro storico. Anche nei rioni popolari e suburbani la pratica di attingere l’acqua dai pozzi per uso potabile resistette malgrado l’erogazione dell’acquedotto comunale fosse da tempo attiva”.