Si scava per trovare l’antico porto di Selinunte
Scoperti segni di grandi strutture rettangolari che, per dimensioni e posizione, potrebbero essere riconducibili all'approdo
di Redazione
23 Agosto 2019
Occhi puntati sull’antico bacino portuale di Selinunte, nella valle del Gorgo Cotone, tra la collina di Manuzza e quella orientale. Grazie alla campagna di scavi in corso, si cercheranno di individuare i limiti perimetrali dell’antico porto, datarne le strutture e definire la relazione tra il porto e l’impianto urbanistico. Indagini geofisiche preliminari – fanno sapere dal Parco archeologico di Selinunte, Cave di Cusa e Pantelleria – hanno evidenziato le tracce di una strada già parzialmente scavata e altre significative anomalie, indizi dell’esistenza di grandi strutture rettangolari che, per dimensioni e posizione, potrebbero essere riconducibili al porto.
Gli scavi archeologici, supportati dalle prospezioni geologiche, hanno consentito l’identificazione di un ulteriore tratto della massiccia strada che conduce alla piccola porta est e dei resti di un grande edificio più a sud. In questa zona, le indagini geofisiche hanno inoltre rilevato la presenza di materiale marittimo a una profondità di oltre 4 metri. La missione, curata dall’Istituto Archeologico Germanico di Roma, dall’Università di Bonn e da quella di di Bochum in stretta collaborazione con il Parco Archeologico di Selinunte, Cave di Cusa e Pantelleria, è diretta dal professor Jon Albers.Il progetto si presenta oggi alle 18, nella sede del Parco a Marinella di Selinunte, nel corso di un incontro del ciclo “I Cantieri della conoscenza”, lanciato dal neo direttore del Parco archeologico di Selinunte, Cave di Cusa e Pantelleria, l’architetto Bernardo Agrò. Una formula, quella dei “cantieri aperti” che ha l’obiettivo di offrire ai visitatori nuovi percorsi che diventano divulgativi e inoltre coinvolgere cittadini e associazioni nelle campagne in corso favorendo così una “archeologia partecipata”.“Le attività di ricerca del Parco – spiega Agrò – sono portate alla conoscenza attraverso la realizzazione di allestimenti museali a cantiere aperto, che costituiscono un valore aggiunto nella offerta culturale per i visitatori con rinnovati e sempre inediti percorsi. L’idea inoltre costituisce un modo nuovo anche per raggiungere i newcomers, cioè le persone che nei nostri siti museali non sono mai entrate ponendo come altro importante obiettivo far tornare loro e gli altri, facendo diventare il Parco come una realtà presente nella vita delle persone. Ci auguriamo – conclude Agrò – che il prosieguo delle indagini possa contribuire ulteriormente alla conoscenza di una delle più importanti colonie greche d’Occidente”.