◉ BENI CULTURALI
Torna a splendere la Fontana dei Draghi, oasi per i viandanti nella Palermo del Seicento
Progettata da Mariano Smiriglio, è l’unica superstite delle sei che si incontravano nella passeggiata verso Monreale. Adesso l’acqua è tornata a zampillare dopo il restauro nato da un progetto dell’associazione Salvare Palermo, portato a termine in sinergia con l’Università e il Comune
di Guido Fiorito
25 Novembre 2023
di Guido Fiorito
Ore 10,13, giù l’interruttore, l’acqua torna a zampillare. La Fontana dei draghi torna a splendere, grazie ad un lungo e paziente restauro che nasce da un progetto dell’associazione Salvare Palermo, portato a termine in sinergia con l’Università e il Comune. La fontana è ospitata in corso Calatafimi, in perfetto asse con l’ingresso all’Albergo delle povere e della chiesa, interna al complesso, di Santa Maria della Purificazione, dove un convegno ha illustrato l’intervento e la storia del monumento. “Lo inauguriamo nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – dice Daniele Anselmo, presidente di Salvare Palermo – considerando che, oltre alle necessarie azioni mirate, anche l’educazione al bello e prendersi cura della propria città sono un esempio per tutti, e in particolare per i giovani, che contribuisce a combattere la violenza”.
“Si tratta dell’unica fontana superstite – dice Gaetano Donzelli D’Ondes, autore del progetto di restauro con Alessandro Ferrara – della passeggiata verso Monreale voluta da Marcantonio Colonna alla fine del Cinquecento, con il prolungamento del Cassaro”. Le fontane erano sei in totale, scenografiche, con numerosi gradini, obelischi sormontati da sfere. Immaginate nel Seicento i viandanti a passeggiare in un lungo viale di alberi ombrosi e queste fontane, oasi di svago e riposo, con i loro giochi d’acqua, ognuna dotata di lunghi sedili dove poter fare una piacevole sosta e stare in contemplazione.
“Creavano – dice Giuseppe Barbera, esperto di colture arboree e della loro storia – un vero e proprio micro clima, riparando tra l’altro la strada dalle polveri della campagna”. Erano alimentate dall’acquedotto dello Uscibene. “Allora la città era piena di acqua che il Senato di Palermo distribuiva ai monumenti pubblici e ai privati – dice Pietro Todaro, studioso della geologia del centro storico -. L’Uscibene scendeva fino a Ballarò e arrivava a piazza Fieravecchia”.
La seicentesca Fontana dei draghi (oppure dei mostri ma anche dei due draghi o due dragoni), progettata da Mariano Smiriglio, salendo sulla strada verso Monreale, sorgeva sulla destra ma dopo la costruzione dell’Albergo delle povere è stata smontata e posta più indietro, nel lato opposto della strada. “Nel 1870 – dice Silvana Lo Giudice, coordinatore della commissione restauri di Salvare Palermo – è stata aggiunta la cancellata. Nel 2013 abbiamo avuto l’idea di promuovere il restauro ormai necessario. Dopo cinque anni abbiamo messo a punto il progetto. La nostra associazione, che si regge sui contributi dei soci e del 5 per 1000, ha fornito i materiali per l’intervento che è stato realizzato in parte dal Comune, attraverso l’Ufficio città storica, e il Coime, mentre il restauro vero e proprio del monumento è frutto del lavoro di professori e studenti del corso di laurea magistrale in Conservazione e restauro dei beni culturali”. Salvare Palermo ha promosso il restauro di decine di monumenti e opere d’arte, dalla Colombella dell’Immacolata di via Messina Marine all’organo della chiesa dell’Immacolata Concezione al Capo.

La pigna al centro della Fontana dei draghi
Un intervento a trecentosessanta gradi, dopo studi storici e accurati esami, con il contributo dei laboratori biologici e chimici dell’Università di Palermo. È stato rilevato che un gradino sottostante ai draghi non era originale ed è stato rimosso. Lo stesso per la pavimentazione, tra l’altro sconvolta dalle radici degli alberi, sostituita da un elegante polvere di terra color tufo. Appunto i quattro alberi, esemplari di Brachychiton populneus, sono stati tolti perché rovinavano il monumento.
“Si tratta di alberi di origine australiana – dice Barbera – derivanti dall’Orto Botanico. Sugli alberi serve un atteggiamento laico: sono importantissimi per ogni città ma a Palermo vi sono anche quelli piantati in modo incompetente, che hanno rovinato strade e marciapiedi: andrebbero sostituiti, anche per tutelare chi cammina a piedi, attività che va incoraggiata per salvare l’ambiente”.
Per quanto riguarda il monumento vero e proprio, vi erano tracce di stuccature in cemento, in particolare nelle bocche e sui dorsi dei draghi dove passano le condutture dell’acqua, che sono state delicatamente scalpellate e sostituite da una malta in argilla rimovibile. La pietra grigia di Billiemi del monumento è stata pulita e restaurata, intervenendo su mancanze, fratture, tracce di inquinamento. Adesso il monumento è completamente recuperato, le fontane zampillano di nuovo e colpisce la trasformazione seicentesca del drago da simbolo del male a fonte di benessere: dalla loro bocca il getto d’acqua, che sostituisce quello consueto delle fiamme, è un simbolo di vita come la pigna centrale, sulla quale le suore incisero una croce, per allontanare ancor di più il male.