◉ LA PROPOSTA

La Gurfa di Alia e le sorelle siciliane: un patrimonio nascosto che sogna l’Unesco

Un’ipotesi di candidatura accende i riflettori sul più grande ipogeo tholoidale euro-mediterraneo e sulle altre grotte simili sparse nell’Isola. Da Scicli a Sperlinga, da Comitini a Cammarata, una rete di complessi rupestri che attende di essere riconosciuta, sul modello dei nuraghi sardi

di Giulio Giallombardo

28 Agosto 2025

C’è una Sicilia sotterranea e nascosta, fatta di grotte scavate nella roccia dalle origini ancora misteriose. La più maestosa tra tutte si trova ad Alia, piccolo comune nel Palermitano, che custodisce l’imponente Gurfa, parola che deriva dall’arabo e significa “stanza” o “magazzino”. È una gigantesca camera a “tholos” alta 16 metri, considerata la più grande dell’area euro-mediterranea, sulla cui cima si apre un foro dal quale filtrano i raggi del sole: particolare legato probabilmente ad antichi rituali e a pratiche astronomiche.

Ingresso delle Grotte della Gurfa (foto Davide Mauro, licenza CC BY-SA 4.0)

Un complesso rupestre unico a partire dal quale lo studioso Giovanni Ferrara, ingegnere civile e ricercatore, ha individuato e censito una vera e propria “facies architettonico-archeologica” sparsa per il centro-sud dell’Isola. Tante “gurfe” siciliane che – secondo Ferrara – potrebbero adesso ambire a diventare patrimonio dell’Unesco. Si tratta di siti ipogei con fori sommitale, spesso in proprietà privata, talvolta ancora prive di vincoli di tutela, accomunate da un destino simile: “Successive manomissioni, dovute a necessità di adattamento per nuovi usi e mutate esigenze umane, con grave pregiudizio per la conservazione della memoria storica e culturale”, sottolinea lo studioso.

“Io penso che ci siano tante Gurfe sovrapposte, in parte ancora invisibili, incollate una sull’altra come a volte si incollano fra loro le pagine ingiallite di certi vecchi manoscritti dimenticati”, racconta Ferrara, descrivendo la complessità stratificata del sito di Alia. Un particolare che ha conosciuto da piccolo, oltre sessant’anni fa, quando quei luoghi erano ancora vissuti da contadini. “Da bambino qui ho visto alcune parti che poi sono state eliminate e distrutte, e che invece, se si fossero ancora presenti sarebbero state molto utili per capire”.

Scala scavata nella roccia (foto Davide Mauro, licenza CC BY-SA 4.0)

Dalla Gurfa di Alia a una cavità semi-sconosciuta a Scicli, da un vano a Comitini a un ipogeo usato come deposito a Cammarata, fino a Sperlinga, Ferla e Licata: è una mappa di meraviglie nascoste quella tracciata dall’ingegnere. Strutture formalmente simili, che fanno pensare a una tipologia architettonica ben precisa, “probabilmente coeva, e culturalmente affine” alle tombe a thòlos già studiate nella stessa area. La frammentazione territoriale delle competenze tra le diverse Soprintendenze, secondo Ferrara, ha finora impedito una visione d’insieme, con “il concreto rischio di alcune sottovalutazioni”. Il risultato è che la Gurfa di Alia è – secondo lo studioso – “un monumento finora forse più misconosciuto e sottovalutato che sconosciuto”.

Ecco allora la proposta ambiziosa: candidare la Gurfa di Alia al riconoscimento Unesco come patrimonio dell’umanità, ma non solo. Un’idea ispirata anche da quanto fatto in Sardegna, dove 377 comuni si sono uniti per candidare i nuraghi. “Gli ipogei tholoidali qui richiamati, a partire dalla grandiosa Gurfa di Alia, hanno forse meno valore storico e culturale dei nuraghi sardi?”, si domanda lo studioso, che lancia un appello alla Regione Siciliana, ai Comuni e alle associazioni culturali affinché considerino la proposta di candidatura all’Unesco. La strada, però, è tutta in salita. Servirebbe un “ambito di lavoro multidisciplinare e un orizzonte gestionale e di studio di tipo unitario, sovra provinciale”, un obiettivo politico che “nessuno studioso privato è in grado di gestire con le sue sole forze”.

Per tenere viva l’attenzione e condividere il progresso delle sue ricerche, Ferrara ha recentemente creato la pagina Facebook “Obiettivo Unesco per le Gurfe di Sicilia”: “È difficile che le altre realtà minori dispongano di un adeguato corredo di dati storici e documentali, ma una conferma storico scientifica ottenibile in prospettiva per il prototipo ‘Gurfa di Alia’ potrebbe utilmente riverberarsi sulle sorelle minori. Si tratterebbe in ogni caso di un lavoro molto esteso e complesso”.

Storia e misteri della Gurfa: un libro di pietra da decifrare

Ambiente del tholos (foto Davide Mauro, licenza CC BY-SA 4.0)

La Gurfa di Alia è un enigma di pietra che da secoli alimenta curiosità e ipotesi sulle sue origini. La grande camera a thòlos, scolpita interamente nella roccia, è considerata un unicum nel Mediterraneo occidentale e rimanda a modelli architettonici dell’età del Bronzo, come le tombe micenee a cupola. Secondo alcuni studiosi potrebbe essere stata una tomba collettiva di una comunità protostorica, o addirittura la tomba di Minosse, mentre altre interpretazioni privilegiano la funzione cultuale, legata forse a riti solari o agricoli: l’oculo sommitale, che lascia filtrare la luce dall’alto, sembra suggerire un rapporto simbolico con il cielo e i cicli naturali.

Non mancano ipotesi di carattere più pratico, che vedono nell’ipogeo un deposito comunitario o un luogo di conservazione di derrate, sfruttando le proprietà termiche della roccia. Nei secoli successivi il sito non fu mai abbandonato del tutto: in epoca medievale venne riutilizzato come spazio agricolo e di ricovero, subendo adattamenti e trasformazioni che ne modificarono in parte la struttura originaria. Fonti documentarie attestano la presenza degli Arabi nell’area già nel IX secolo e, più tardi, dei Cavalieri Teutonici, che ne fecero un riferimento stabile fino al Quattrocento. È questa stratificazione di funzioni e presenze – dalle probabili radici preistoriche alle tracce medievali – a rendere la Gurfa di Alia un monumento unico, capace di raccontare la lunga storia delle comunità che l’hanno abitata e trasformata.