I cortili di Agrigento, patrimonio nascosto da custodire
12 Novembre 2020
Spazi di congiunzione tra pubblico e privato, si nascondono nel reticolo di vicoli del centro storico, in attesa di essere valorizzati come meritano
di Beniamino BiondiNell’architettura europea è molto netta la distinzione fra spazio pubblico e privato, cioè fra uno spazio che esige che il potere sia visibile, non nascosto, e uno spazio familiare, domestico, intimo e a tratti misterioso. Nell’architettura araba, invece, prevalgono altri modelli. Chi si reca in Marocco, ad esempio, rimarrà incantato dalla bellezza dei riad, abitazioni tradizionali urbane – a uno o più piani – divise da cortili o giardini interni, decorati con i classici arabeschi, che si trovano nelle medine, cioè nelle città vecchie, e che dimostrano l’importanza data allo spazio nella cultura maghrebina e le consuetudini di tutela della riservatezza.
Per gli arabi, insomma, il cortile è un elemento sostanziale, uno spazio cosiddetto semipubblico che fa da cerniera tra la dimensione privata della casa e la strada, la città, il mondo. Per definirlo, potremmo dire che è uno spazio pubblico che dà senso al privato, e così è altrettanto in Sicilia che è ricca di cortili nelle aree che hanno subito l’influenza culturale degli arabi. L’esempio massimo di approssimazione, anche per una precisa scelta politica e per la comunità che lo abita, è il centro storico di Mazara del Vallo, decorato con precisi richiami allo spirito mediterraneo, ma ne è esempio di assoluto valore anche Agrigento, soprattutto – ma non solo – nel suo quartiere arabo, cioè il Ràbato, posto fuori le mura dell’antica città.Di questa parte di città, per lo più abbandonata, i cortili sono proprio l’elemento di maggiore fascino, incastrati nel tracciato classico di vie tortuose e nel dedalo di clausure apparenti, di varchi improvvisi e di scale strette, in un’Agrigento pirandelliana che assume su di sé – nelle proprie forme – l’idea del doppio. Perduta la funzione di spazio semipubblico, se non per alcuni casi sporadici, i cortili hanno subìto il destino della degradazione o la scelta di un recupero residenziale, adornati di fiori e immersi in quella meravigliosa solitudine che sembra connotarli. Uno stato di sospensione nel tempo e nello spazio, una effrazione al senso domestico che però ugualmente fa salvo l’ideale di un dialogo sociale.Se si dovesse iniziare a salvarlo, il centro storico di Agrigento, si dovrebbe proprio partire dai cortili. Innanzitutto conoscerli, non semplicemente sapendoli nominare, e poi mapparli, costituirli in un preciso circuito, abbellirli, e renderli dei veri e propri presìdi in grado di accogliere l’organizzazione di eventi che potrebbero dare il senso di una straordinaria cultura diffusa.Innamorato dei cortili, ad Agrigento, è Salvatore Indelicato. Autore di romanzi e racconti di grande pregio, e uomo di rara mitezza e di antico garbo, egli ha cominciato a fotografarli; forse quasi per caso, all’inizio, nelle sue lunghe peregrinazioni per il centro storico. E però il caso ha assunto una sua precisa fisionomia, perché Indelicato ha subito colto il senso del proprio lavoro e ha cominciato a cercarli, questi cortili, fino a scovarli tutti, con una documentazione fotografica che ne segna similitudini e differenze. Già queste foto sono un dono alla città stessa, e andrebbero esposte, raccolte e pubblicate, dimostrando come l’atto culturale sappia produrre prassi politiche per una nuova ipotesi di valorizzazione dell’antica città.“Agrigento non è solo Valle – scrive Salvatore Indelicato -. La sua plurimillenaria storia ha permesso lo svilupparsi di altre culture, ognuna delle quali ha lasciato tangibili testimonianze nel suo tessuto urbano che, ancora oggi, sebbene in parte abbandonate, deturpate o dirute, raccontano la storia del vissuto di un popolo, di famiglie che con il loro lavoro, tra difficoltà e sacrifici, hanno contribuito alla crescita della nostra città. Girovagando tra le vie e le stradine del centro storico, spesso strette, irregolari, anguste, tra superbi prospetti barocchi o umili abitazioni dall’atmosfera rustica ed essenziale, è come sfogliare le pagine di un libro di storia, in cui è tracciata la vita di migliaia di persone che per generazioni hanno vissuto tra quelle mura”.“Il fascino emanato da questi luoghi – prosegue lo scrittore – appare ancora intatto quando ci si imbatte in uno dei tanti cortili che si aprono ai lati della via Garibaldi, un tempo popoloso fulcro della vita e delle attività di commercio e artigianato della città. La sequenza contigua di porte, finestre, balconcini raccontano quanto queste abitazioni, una volta, dovessero pulsare di vita animate dal chiacchiericcio delle massaie davanti gli usci, dal vociare dei bambini sotto l’occhio vigile degli anziani seduti a godersi uno spicchio di sole. Viene in mente la descrizione del cortile che fa Emanuele Navarro della Miraglia nel suo romanzo ‘La nana’: ‘La sua forma è spesso irregolare, piena di angoli, di sporgenze, di andirivieni… il cortile è come una specie di casa comune dove gli abitanti si radunano e cianciano, battendo il grano, sgusciandole fave, facendo la calzetta, lavando i panni o rattoppandoli… È un quadro come spesso ne faceva Goya’. Basterebbe qualche iniziativa pubblica o privata per riportare in vita questi luoghi che non meritano di essere perduti per il grande patrimonio di umanità di cui sono profondamente intrisi”.L’impegno di Salvatore Indelicato non va smarrito, anche per i suoi presupposti di autentica emozione, e deve tradursi in azione, che sia pure il passo di un viaggiatore ideale alla scoperta del silenzio di un’Agrigento invisibile.(Foto: Salvatore Indelicato)