Il cuore che batte sulle macerie: un murale per rinascere
Tra i vicoli del quartiere Provvidenza, è stata realizzata un'opera di street art, sintesi di un progetto sociale a cui hanno partecipato i residenti
di Giulio Giallombardo
24 Novembre 2020
Gli uccelli si poggiano tra le macerie di Provvidenza. Stanno in ascolto del battito di un enorme cuore blu. Lo scrutano, gli saltellano sopra come a capire cosa ci faccia lì, incastrato su quel muro fatiscente che un tempo era una casa. Ognuno ha un nome: “dono”, “cura”, “cambiamento”, tutte parole chiave che sanno di rinascita. Come quella tanto attesa per uno dei quartieri più importanti di Caltanissetta, che si sviluppa attorno alla chiesa di Santa Maria della Provvidenza, nel cuore della città. Una zona a due passi dal centralissimo corso Umberto, arteria nevralgica del capoluogo nisseno, ma ormai da anni simbolo di degrado e abbandono.
Tra i vicoli del quartiere Provvidenza c’è adesso un murale, sintesi conclusiva di un progetto “L’ago e la fune: cucire e legare”, portato avanti da un anno dall’Uepe, Ufficio esecuzione penale esterna di Enna di Caltanissetta e Enna, in sinergia con l’Ufficio Servizio sociale minorile, il Centro diurno polifunzionale, la parrocchia San Giuseppe-Provvidenza, l’Opera Don Calabria, il Comune e altre associazioni del territorio. L’opera, che si inaugura mercoledì 25 novembre alle 10, è stata realizzata da Igor Scalisi Palminteri, eclettico artista palermitano da sempre impegnato nel sociale. Il pittore ha preso parte ai laboratori del progetto, a cui hanno partecipato i residenti di Provvidenza, una comunità che vive in condizioni estreme di marginalità sociale. Ne è venuta fuori un’opera dal forte impatto visivo: un cuore blu circondato da uccelli colorati, dipinti su ciò che resta di una palazzina demolita, tra via Abba e via Palestro.“L’opera è stata tirata fuori da tante chiacchierate fatte con la gente del posto e gli operatori sociali che hanno partecipato al progetto – racconta Igor Scalisi Palminteri a Le Vie dei Tesori News – . L’idea del cuore è legata al fatto che ci troviamo nel centro di Caltanissetta. Ho pensato a un cuore pulsante come visione che può rappresentare il riscatto, perché questo quartiere, se si fanno le scelte giuste, può diventare bellissimo. Gli uccellini, invece, – prosegue l’artista – rappresentano la fragilità di tutta questa vicenda, avere a che fare con la fragilità delle persone è stato il cuscino su cui ho appoggiato la testa, ma nello stesso tempo spero di avere espresso della leggerezza, perché gli uccelli sono leggeri, volano, sono belli, colorati, e in qualche modo è la bellezza che ho intravisto tra quelle strade, anche se è un quartiere molto chiuso, dove tutti sono molto diffidenti”.Un muro invisibile separa Provvidenza dal resto della città, trasformando il quartiere in un ghetto. Tra le strette stradine, i bambini giocano in mezzo a cumuli di spazzatura e spacciatori. Nelle case fatiscenti, molte occupate o affittate a pochi euro, vivono famiglie nissene da generazioni, accanto a diversi migranti. Da questa esigenza di rinascita e integrazione nasce il progetto dell’Uepe, a cui hanno partecipato tanti bambini e anche adulti in esecuzione di pena esterna, ovvero chi ha commesso un reato e adesso è “messo alla prova”, con attività di giustizia riparativa. “Sono soggetti che, avendo commesso un reato, devono ricucire un legame che hanno rotto con la comunità – spiega Rosanna Provenzano, direttore dell’Uepe Caltanissetta-Enna – . Invece del classico lavoro interno, d’ufficio, abbiamo pensato a una dimensione più diretta di restituzione, anche nell’ottica del bene comune. Ci siamo trovati a lavorare così in un quartiere a rischio, facendo laboratori emozionali per educare a prendersi cura del proprio ambiente”.Prove di rinascita in un quartiere a cui, nonostante tutto, i nisseni sono molto legati e dove è nato il giudice Gaetano Costa, ucciso dalla mafia quarant’anni fa. “Ci aspettiamo adesso che tutto questo lavoro non vada perso – sottolinea Provenzano – perché metaforicamente il cuore di Provvidenza realizzato da Igor, per noi rappresenta il lavoro di cucitura, tessitura e legame, l’ago e la fune appunto, di queste poche ma significative relazioni che abbiamo intrecciato in questo anno e che dobbiamo tenere in piedi per continuare a orientarle verso un bene comune. Grazie a questo progetto siamo riusciti a riconoscerci nella sofferenza degli altri, perché in qualche modo è un sentimento che ci appartiene e con cui tutti dobbiamo fare i conti”.(La foto grande in alto è di Alice Bifarella)